“Spinoza o la buona vita” di Carlo Sini

Prof. Carlo Sini, Lei è autore del libro Spinoza o la buona vita, edito da Jaca Book: cosa rende straordinari il pensiero e la vita di Baruch Spinoza?
Spinoza o la buona vita, Carlo SiniPer molti aspetti, il caso di Spinoza, nella cultura moderna, ha un carattere di unicità ed è qualcosa di irripetibile. La sua appartenenza alla comunità ebraica collega Spinoza alle radici più arcaiche della storia culturale europea. La sua formazione ha come testo base la Bibbia, cioè un antico coacervo di tradizioni orali e poi di scritture stratificate che hanno costituito la base di tutti i libri europei, come hanno detto di recente sia Roberto Calasso (Il libro di tutti i libri, Adelphi, 2019), sia George Steiner (Il libro dei libri, Vita e Pensiero, 2012). Per tutto il medio evo la Bibbia è stata il testo base del sapere comune, quindi la radice di tutti i racconti storico-letterari, di tutte le immagini riprodotte nelle chiese (vera e propria enciclopedia visiva del sapere popolare analfabeta), di tutte le realizzazioni teologiche e artistiche, e infine della stessa stesura del Nuovo Testamento: costola cristiana dell’ebraismo originario. Nel contempo è fondamentale il fatto che proprio Spinoza sia uno dei primi a considerare la Bibbia semplicemente un libro, frutto di umanissima elaborazione, legata alla vita personale dei profeti e al loro carattere storico e psicologico, e non un prodotto ispirato direttamente dalla divinità. Egli inaugurava in tal modo il cammino della ermeneutica, della interpretazione non confessionale dei testi e delle grandi tradizioni culturali: fatto per allora inaudito, di eccezionale audacia, ma ancora oggi di grande attualità, di fronte all’uso dogmatico e ideologico del testo biblico diffuso in Europa e soprattutto negli Stati Uniti. In questo senso si può dire che Spinoza è il primo uomo della modernità, il primo uomo della ragione e della coscienza storica. Nel contempo Spinoza è anche un esponente tipico della cultura scientifica moderna, un allievo e insieme un critico insuperato della filosofia di Cartesio; e così la sua personalità e la sua opera congiungono i primordi dell’Occidente, nati in Medio Oriente nella notte dei tempi, nei luoghi connessi alle tre religioni monoteistiche, con la grande rivoluzione della modernità che è tuttora in cammino, non senza problemi e aporie. Spinoza, con il suo sereno coraggio, con la sua dottrina sostanzialmente etica, costituisce un modello di uomo tuttora in divenire, un esempio di umanità e di esercizio del sapere che costituisce, a mio avviso, il più alto e profondo messaggio della tradizione europea e del suo destino futuro nel mondo odierno delle culture planetarie.

In che modo il filosofo di origine ebraica parla all’uomo moderno?
In molti modi l’opera di Spinoza parla all’uomo moderno. Il punto a mio avviso essenziale è la critica del dualismo cartesiano, la critica alle due sostanze della estensione e del pensiero, della materia e dello spirito. Un dualismo che affligge tuttora la mentalità degli scienziati odierni, indotti a soluzioni “spiritualistiche” (al di là dei corpi naturali bisogna ammettere un misterioso sostrato trascendente che sarebbe la radice della coscienza umana) o assurdamente “riduzionistiche” (la coscienza è un “prodotto cerebrale” e consimili immaginazioni del tutto irrazionalistiche). Il superamento spinoziano del dualismo che affligge tutta la cultura scientifica moderna è nondimeno assai arduo da intendere in maniera adeguata e corretta: i numerosi tentativi che si potrebbero ricordare mi sembrano, francamente, insufficienti. Pensare semplicisticamente che la soluzione stia nel ricondurre i due attributi dell’estensione e del pensiero all’unità della sostanza che li sottenderebbe lascia di fatto incompreso il problema. La soluzione deve, credo, riconoscere la natura profondamente problematica della accettazione dei due attributi: dualismo che, una volta accolto, diventa evidentemente insormontabile. Proporrei di cominciare a vedere l’attributo come unico e unitariamente identico alla sostanza, declinata nella sua contemporanea “esistenza” e “rappresentazione”. Si noti: idem est (unico è, dice Spinoza) l’ordine e la connessione delle cose e l’ordine e la connessione delle idee. Questa identità fa tutt’uno con la sostanza (cioè con la realtà tutta intera), la quale sussiste di per sé (è causa sui) e si concepisce attraverso di sé (in se est et per se concipitur); cioè si ravvisa come “corpo esistente” che, come vedi, è già raffigurato nelle parole del pensiero che lo dicono; due aspetti di un medesimo accadere della sostanza: come corpo esistente e cioè sua raffigurazione nel pensiero; come raffigurazione pensante e cioè come corpo esistente raffigurato. Se dici l’uno, dici l’altro, in uno scambio che è la vita stessa della sostanza o di Dio. Per lo svolgimento adeguato di questa posizione spinoziana qui non posso che rinviare a Spinoza o l’archivio del sapere, in C. Sini, Opere, vol. IV, tomo I, Jaca Book, 2013.

Che rilevanza assume, nel pensiero di Spinoza, la questione dell’ignoranza?
Spinoza invita espressamente a sapere e a conoscere “quanto basta”: ma quanto basta per che cosa? Risponderei: quanto basta per essere felici. Emergono allora alcuni aspetti del pensiero e della personalità di Spinoza che sono di grande originalità e importanza. Anzitutto si vede che l’opera di Spinoza non è fondamentalmente rivolta a formulare una metafisica, e neppure una cosmologia, ma appunto un’etica, come indica infatti il titolo della sua opera maggiore. La conoscenza, la scienza (che pure Spinoza ama e frequenta ai massimi livelli del suo tempo) non è un fine in se stessa; piuttosto è uno strumento, un mezzo sia per fronteggiare i pericoli dell’umana esistenza sul pianeta, sia per avere il più possibile chiara la condizione dell’uomo nella vita sociale e nella natura. A questo fine il sistema di pensiero di Spinoza ha, a mio avviso, proprio nella ignoranza, cioè nella lucida consapevolezza della sua presenza in ogni uomo e in ogni tempo, uno strumento fondamentale di comprensione e quindi di liberazione. Non è possibile conoscere la totalità di ciò che è e non è sensato proporselo; ciò che davvero importa è essere consapevoli dei limiti costitutivi dei nostri poteri fisici e intellettuali; questa consapevolezza segnala la condizione di vita alla quale è necessario attenersi per il nostro bene. Scopriamo allora che il mondo in cui viviamo non mostra affatto di essere al nostro servizio: l’uomo non è il centro e il fine dell’universo; posizione, oggi, di grande attualità e che fu comunque motivo di profonda ispirazione e adesione da parte di Nietzsche, quando si imbatté nel pensiero di Spinoza: il mio grande precursore, ebbe allora a dire. L’uomo è nella natura e non il fine ultimo della natura e la natura si manifesta spesso in lui come dominio profondo delle passioni, dei timori irrazionali, delle immaginazioni superstiziose: ecco che di nuovo l’ignoranza è motivo di liberazione razionale. Le cose in sé non sono né buone né cattive; sono al di là del bene e del male, dirà appunto Nietzsche; noi ne ignoriamo tutte le cause ultime e particolari, così come ignoriamo la radice naturale delle nostre passioni e dei nostri fantasmi interiori (qui sarà Freud a rinvenire un precursore). Dalla consapevolezza di questa ignoranza può allora sbocciare una profonda, “ragionevole”, saggezza, atta a favorire quella felicità che per ognuno è possibile nel corso destinato della sua vita.

Quale importanza riveste, per lo sviluppo del pensiero di Spinoza, il suo Tractatus de intellectus emendatione?
Il trattato giovanile De intellectus emendatione è, da un lato, un documento biografico importantissimo; dall’altro la testimonianza della molto prematura visione del destino di lavoro e di pensiero di una vita, quella appunto di Spinoza. Già qui, infatti, emergono le tre grandi tappe della ricerca spinoziana, che si depositeranno nell’Etica, nel Trattato teologico-politico (apparso anonimo nel 1670), nel Trattato politico (pubblicato postumo dagli amici e discepoli del filosofo assieme all’Etica nel 1677). Nel De intellectus traspare il dramma di un giovane espulso e maledetto dalla comunità ebraica: un uomo che nessuno poteva più frequentare, a cominciare dalla sua stessa famiglia, e che era certamente in grave pericolo di vita. Si sa che un fanatico cercò di pugnalarlo, forse all’uscita dal teatro, riuscendo solo a lacerare il suo mantello, che Spinoza conservò per tutta la vita. In quei tempi, un ebreo era accettato ad Amsterdam se protetto dalla sua comunità, che godeva di una certa tolleranza da parte delle autorità cristiane; me se espulso come ateo e blasfemo, tutti potevano impunemente colpirlo o perseguitarlo. Fortunatamente il giovanissimo Spinoza disponeva già di alcuni amici e ammiratori, che gli procuravano il lavoro di molatore di lenti e che tenevano con lui una fitta corrispondenza filosofica. All’inizio, tuttavia, la solitudine e l’isolamento dovettero essere terribili. Spinoza reagì facendo coraggiosamente il punto con se stesso e delineando in tal modo e sin d’ora la sua grande visione morale: quali sono i reali mali e i veri beni della umana esistenza? Come sfuggire i primi e attingere i secondi? Un cammino arduo, al quale Spinoza confessa di essersi avvicinato dapprima con qualche esitazione e qualche compromesso. Poi la grande, definitiva decisione: l’abbandono di ogni vana illusione e la coraggiosa via della ragione filosofica e della sua sapienza morale, nella quale si suole ravvisare anche una qualche ispirazione tratta dalla morale degli antichi Stoici.

Quale concezione di Dio sviluppa Spinoza?
Deus sive natura”: così scrisse Spinoza, donde l’accusa dei contemporanei (e non solo) di naturalismo, di materialismo, di ateismo. Una accusa che Spinoza, sdegnato, respinse con forza: non usava invano o in modo blasfemo, come gli obiettavano, il nome di Dio. Ciò che però rifiutava era ogni immagine antropomorfa del divino. Pensare Dio come fosse una persona, un soggetto dotato di volizioni, finalità, preferenze, emozioni, affetti: questa era veramente, per Spinoza, una bestemmia, una insostenibile superstizione. In Dio egli invece leggeva la legge “geometrica” di tutto ciò che accade e quella unità, anzi identità, tra libertà e necessità che metteva in crisi le credenze del senso comune. Dio, cioè la legge del tutto, non ha regole al di sopra di sé, salvo quelle che da sé si dà liberamente o, il che è il medesimo, secondo la necessità della sua natura. Vorrei aggiungere che anche Kant, nonostante la sua sincera fede pietistica inculcatagli dalla madre, invitava a spogliare Dio di ogni attributo personalistico: Dio ti ama, i suoi interventi sono provvidenziali, costituiscono premi e castighi nell’al di qua e nell’al di là e simili sono pure fantasie “simboliche”, umane troppo umane, direbbe di nuovo Nietzsche, fantasie di esseri finiti incapaci di immaginare in altro modo l’incommensurabile immensità e infinità del divino.

Come si articola il pensiero politico di Spinoza?
Spinoza è giustamente considerato un grande ispiratore del moderno Stato democratico. Contro il pessimismo hobbesiano (homo homini lupus) egli oppone una visione collaborativa della condizione originaria (homo homini Deus). Ogni uomo eredita dalla natura il diritto, appunto naturale, di usare la forza di cui dispone per la sua protezione e per la sua sopravvivenza; a questo fine non è però affatto necessario alienare la propria individuale libertà per affidarsi alla difesa di uno Stato sovrano, come pensava Hobbes. Ogni potere assoluto degenera infatti in dispotismo e violenza. Si tratta invece di promuovere e rivendicare una libertà personale e collettiva attraverso il possesso comune di diritti sociali, garantiti da uno Stato rappresentativo di cui Spinoza scorgeva in Olanda i primi timidi cenni. In questo senso egli sostenne la politica dei fratelli de Witt. La loro fine violenta, per mano di una folla fomentata e inferocita dai predicatori calvinisti, segnò una delle esperienze più tragiche della vita di Spinoza. La concezione politica spinoziana sosteneva la difesa della libertà religiosa, come e anzitutto sosteneva quella del pensiero e della sua espressione; ma proprio la religione cristiana, che predicava la pace e l’amore tra gli uomini, si macchiava poi di violenze e repressioni, in lacerante contraddizione, notava Spinoza, con i suoi stessi principi.

Cos’è, per il grande filosofo ebreo, il sommo bene?
La filosofia morale, cioè l’etica di Spinoza presenta due momenti successivi ma anche profondamente connessi. Essi concernono il “vero bene” e “il sommo bene”. Il primo riguarda la condizione preliminare dell’individuo, invitato, come abbiamo detto, a scegliere quei comportamenti che possono condurlo a una vita il più possibile felice. Si tratterà allora di comprendere che quelli che gli esseri umani ritengono per lo più beni irrinunciabili, come la ricchezza, la fama, i piaceri, il potere e simili, non garantiscono affatto la vera felicità, mentre recano sovente con sé problemi, degenerazioni, contraddizioni, ansie e malanni, pericoli e sventure. Tenersene lontani è allora la prima lezione ispirata al vero bene, perseguendo una vita il più possibile lontana dagli eccessi e libera da devastanti passioni. Questo non significa, per Spinoza, perseguire un ideale ascetico. Tutti i piaceri della vita che siano accessibili senza pericolo e violenza e che non divengano alla lunga nostri tiranni non hanno motivo di essere rifiutati; per esempio l’amicizia, l’amore per il teatro, la musica, i profumi ecc. Il vero bene è però sostanzialmente fragile e minacciato, senza il passo ulteriore, ovvero senza il conseguimento del “sommo bene”; quindi senza la realizzazione di un grande progetto politico il cui fine sia di promuovere una condizione sociale nella quale la libertà di iniziativa, di associazione, di comunicazione e di pensiero sia adeguatamente protetta da opportune istituzioni democratiche, grazie alle quali i diritti naturali e sociali siano garantiti a tutti. In tale condizione tutti saranno certamente più liberi, più forti e più felici; qui davvero homo homini Deus.

Carlo Sini ha insegnato Filosofia teoretica all’Università degli studi di Milano. È accademico dei Lincei e membro di altre istituzioni culturali italiane e straniere. È in corso la pubblicazione delle sue Opere in sei volumi e dodici tomi, a cura di Florinda Cambria. Tra le sue pubblicazioni più recenti: Spinoza o l’archivio del sapere (Vol. IV, tomo 1 delle Opere, 2013); La vita dei filosofi (2019); Idioma. La cura del discorso (2021); Dalla semiotica alla tecnica (Vol II, tomo 1 delle Opere, 2021).

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