
di Maura Gancitano
Einaudi
«Da piccola non volevo sposarmi né avere figli, volevo essere brutta e diventare una filosofa. […] I pensieri sul mio corpo hanno dato vita a paure, sensi di colpa e di inadeguatezza che negli anni successivi mi hanno fatto sentire a disagio ogni volta che entravo in una stanza, ogni volta che qualcuno mi guardava, ogni volta che avevo una macchina fotografica puntata contro. Quanto sarebbe stata più facile la vita se la mia bellezza non fosse stata oggetto di sapere, se fossi stata educata a prendermi davvero cura di me, senza avvertire il mio corpo come un peso che dovevo portarmi appresso, qualcosa che non ero capace di gestire.
Questo libro però non parla della mia storia, ma di come la bellezza abbia rappresentato e rappresenti ancora uno strumento di controllo dei corpi, dei pensieri e delle scelte di vita in particolare delle donne, ma sempre più anche degli uomini. E di come i corpi non conformi, le persone non binarie e transgender siano giudicate mostruose, anormali e quindi espulse dalla società civile. Descriverò i processi sociali, politici, economici, culturali che costituiscono la base della nostra società, e che sono nati quasi contemporaneamente tra la fine del Settecento e l’inizio del Novecento. […]
Scopo di questo libro è raccontare come la bellezza sia diventata un’ossessione, una malattia, un mito irraggiungibile. Quando è avvenuto? A opera di chi? Per quale ragione?
Allo stesso tempo, però, mi preme domandarmi se, come qualcuno suggerisce, per abbandonare la prigione della bellezza sia necessario smettere di chiedersi cosa sia il Bello in sé, nel suo mistero. È davvero questa la strada?»