
di Eva Cantarella
Einaudi
«Non è certo un argomento nuovo, quello al quale è dedicato questo libro. L’opposizione tra le due più famose città greche, declinata in tutte le sue possibili versioni e osservata da tutti i possibili punti di vista, ha veramente fatto versare, come si suol dire, fiumi d’inchiostro. È cosa talmente nota che non sarebbe neppure il caso di ricordarla, se a farlo non mi spingesse il desiderio di dare alcuni avvertimenti ai lettori.
Il primo avvertimento è che questo libro non è per gli addetti ai lavori. Il pubblico al quale si rivolge è quello più ampio di chi, anche a distanza di anni, non ha dimenticato il fascino dei nostri più lontani antenati occidentali, e ricorda l’antagonismo tra due città tradizionalmente definite le grandi «superpotenze» della Grecia: quella Sparta e quell’Atene per l’una o l’altra delle quali tutti noi, ai tempi della scuola, abbiamo parteggiato, in un gioco che – senza che lo sapessimo – comportava l’alternativa tra due ideali e modelli di vita che hanno diviso la cultura occidentale negli oltre 2500 anni da quando Sparta e Atene hanno smesso di essere «superpotenze».
Ed eccoci alla seconda avvertenza, che riguarda le fonti di conoscenza delle nostre città, e in particolare quelle letterarie, alle quali, accanto a quelle archeologiche e per Atene epigrafiche, dobbiamo la grande maggioranza delle informazioni, al tempo stesso purtroppo tanto indispensabili quanto insidiose. Nel caso di Sparta, infatti, esse sono decisamente partigiane, a seconda che il loro autore sia favorevole o contrario al modello ideale che essa rappresenta. Aristotele, ad esempio (la cui Costituzione degli spartani è purtroppo andata perduta, ma che le dedica importanti considerazioni anche altrove, in particolare nella Politica) è contrario al sistema spartano. La Costituzione degli spartani, attribuita a Senofonte, è invece filospartana, così come l’opera di Plutarco di Cheronea, che a secoli di distanza la utilizzò come fonte.
Ma i problemi di attendibilità non riguardano solo Sparta. Per ragioni diverse, che vedremo, problemi non meno seri vengono posti anche dalle informazioni su Atene, con la conseguenza di rendere difficile distinguere la storia di ambedue le città dalle rappresentazioni idealizzate che ne vengono date: nel caso di Atene un ordinamento democratico, innovativo, aperto agli scambi e al commercio, in particolare navale; in quello di Sparta un mondo chiuso, conservatore, ispirato a valori di tipo militare, in nome dei quali i cittadini valutavano positivamente e con orgoglio le restrizioni delle libertà individuali volte alla realizzazione del bene comune.
Come orientarsi di fronte a questo problema? Come distinguere realtà e rappresentazione? E come spiegare la differenza che, nella rappresentazione, rende incompatibili due città che appartenevano allo stesso mondo, avevano la stessa cultura, parlavano la stessa lingua (tolte ovviamente le differenze dialettali tra attico e dorico), onoravano gli stessi dei?
Sono le domande che ci porremo in questo libro, nel quale (ecco un altro caveat) i lettori non troveranno – sarebbe impossibile farlo – la storia di Sparta e di Atene: questo libro si propone solo di tratteggiare le caratteristiche istituzionali, sociali e culturali che le uniscono e quelle che le dividono, concentrando l’attenzione sul momento del loro massimo potere, quel V secolo a. C. nel corso del quale maturarono le condizioni che le avrebbero portate – in una sorta di suicidio collettivo – alla cosiddetta «guerra del Peloponneso». Il ruolo dominante di Sparta, uscita vincitrice dalla guerra, durerà infatti poco più di un trentennio.
Ed eccoci a due ulteriori avvertimenti: all’interno delle differenze tra le due città sarà dedicato uno spazio più ampio a quelle che, a giudizio di chi scrive, avevano la maggior rilevanza: in primo luogo la paideia, vale a dire la formazione dei cittadini; e, accanto a questa, quel fondamentale indicatore della società che è la condizione femminile. E da ultimo: questo libro (anche se a volte esprime apprezzamento o a seconda dei casi perplessità di fronte a singoli problemi) non esprime alcuna preferenza per l’una o l’altra città: saranno i lettori, come è giusto, a farsi ciascuno la propria idea sulla vera o presunta irrimediabile alterità delle due città e sulla cosiddetta – attualmente assai controversa – «unicità» di Sparta.»