“Sotto il segno del leone. Storia dell’Italia musulmana” di Amedeo Feniello

Prof. Amedeo Feniello, Lei è autore del libro Sotto il segno del leone. Storia dell’Italia musulmana edito da Laterza. Come spiega nel libro, quello della dominazione musulmana in Italia rappresenta un ambito storiografico poco frequentato, lacuna alla quale il Suo libro pone rimedio: per quali ragioni?
Sotto il segno del leone. Storia dell'Italia musulmana, Amedeo FenielloPartiamo da una premessa. Nel mio libro non uso mai la parola “dominazione”. Si trattò di un fenomeno molto più ampio e complesso, che caratterizzò un periodo critico della storia occidentale e della Penisola, il IX secolo della crisi della potenza imperiale carolingia e del declino dell’impero bizantino nel Mediterraneo. Che si espresse principalmente nella conquista della Sicilia e sotto forma di una serie cospicua di raids (uno dei quali, il principale, toccò addirittura il centro della Cristianità, Roma), con la creazione di alcune teste di ponte nel sud Italia, con la formazione, di durata brevissima, di un emirato a Bari e la costruzione di un centro fortificato, un “ribat”, nel medio Tirreno, all’imbocco del fiume Garigliano, al confine tra le attuali Lazio e Campania, che durò fino al primo decennio del X secolo. Questa la fase di partenza di una storia che ha trovato scarso interesse nella storiografia italiana e che si sta riscoprendo, a poco a poco, in questi ultimi anni. Prima, veniva considerata come una storia marginale, di scarsa rilevanza. Perché? Per un motivo prettamente ideologico, di una lettura della realtà storica italiana che attribuiva scarsa importanza alla vicenda del Mezzogiorno in quel periodo, a quella storia fatta di piccole entità particolaristiche, di cittadine autonome aperte sul mare, di un coacervo di potentati spesso in lotta tra loro ma che seppero esprimere, in molti, casi, una vivacità di esperienze, di vicende, di cultura, in una fase in cui l’Europa era totalmente rinchiusa in se stessa. Basta leggere Benedetto Croce: il suo giudizio nella Storia del Regno di Napoli è, nei confronti di questo mondo variegato e parcellizzato, del tutto negativo, riportato all’ordine, alla ragione e ad una unitarietà politica solo dal ferro del nuovo stato normanno. Un giudizio ribadito nel tempo, che non ha giovato alla ricerca e ha fatto si che si guardasse a questo orizzonte meridionale con sufficienza, rispetto a quanto accadeva altrove. Invece, a rileggere questa storia, viene fuori un’immagine completamente diversa. Basta solo approfondire cosa diventa la Sicilia musulmana, apice settentrionale del grande universo della Umma musulmana, spazio senza confini che da Palermo giungeva sino all’attuale Afghanistan o all’Africa dell’oro. La sottovalutazione storiografica ha fatto perdere di vista come la Sicilia, e la sua capitale, Palermo, fossero al centro di una rete di scambi di caratura internazionale le cui appendici giungevano fino alla Penisola Arabica e all’India, collegate ad una rete di città straordinarie che superavano di gran lunga i centomila abitanti, come Cordova o Fustat-il Cairo o Bagdad che raggiunse al suo apice verosimilmente il milione di abitanti, in un momento in cui le città europee e italiane erano ridotte praticamente al lumicino. Questa miopia storiografica che ha sottovalutato il ruolo siciliano e la dimensione internazionale del mercato mediterraneo musulmano intorno al Mille ha creato una distorsione interpretativa dove, scusate la battuta, tutte le mucche di notte sono nere. E invece no: non è vero che tutto l’Occidente e, in particolar modo, l’Italia fosse gravata da un’uguale condizione negativa ma esistevano al suo interno, se si considera ad esempio il periodo a cavallo dell’anno Mille, zone a differente grado di sviluppo, più avanzate rispetto ad altre, con un eccellente sistema di città o con una consistente rete commerciale, con la peculiare condizione centrale siciliana. Insomma non bisogna cadere nell’equivoco che tutto fosse ugualmente arretrato o in crisi: ciò che va sottolineato è il ribaltamento rispetto a ciò che pensiamo oggi, con, allora, un sud della Penisola più sviluppato e un nord che procedeva con più difficoltà nella strada della crescita. Per fare un solo esempio di quanto dico, in questo periodo i contratti di compravendita di terra nel solo territorio intorno alla città di Salerno sono maggiori di tutti quelli che vengono effettuati nell’intera pianura Padana. E, d’altro canto, e Palermo è una metropoli con diciamo circa centomila abitanti, altrove in Occidente le città di peso non raggiungevano neanche i diecimila abitanti.

Quali vicende segnarono la conquista araba della penisola?
La conquista della Sicilia comincia negli anni Venti del IX secolo e prosegue con lentezza, fino alla caduta di Taormina all’inizio del X secolo. L’occupazione riguardò in maniera particolare il versante occidentale dell’Isola, dove l’impianto musulmano divenne più forte. Parlo, a ragione, di impianto musulmano e non arabo. Il mondo musulmano è, a quest’epoca, già ampiamente cosmopolita, considerata l’ampiezza delle conquiste effettuate a partire dalla morte del profeta Muhammad. All’impresa siciliana parteciparono componenti attive del mondo egiziano, africano, berbero, spagnolo, con differenze che sembra abbiano poi avuto delle ricadute sulle modalità della conquista e anche sugli attriti successivi. I musulmani in Sicilia hanno la capacità di rifondare un territorio già di per sé ampiamente avanzato, non certo la Siberia dell’impero bizantino come è stato scritto in passato – un’idea che è stata ampiamente scartata in questi ultimi anni da storici di vaglia come Vivien Prigeant -. Per rifondazione intendo un ampio processo di urbanizzazione, con la creazione della grande capitale di Palermo che. come ho già accennato, raggiunse al suo apice cifre di popolazione astronomiche rispetto ai parametri europei del tempo. Con un processo di rivoluzione agraria che, per molti versi, mutò il carattere rurale e produttivo dell’Isola.

Fin dove si estese la dominazione araba della penisola?
La dominazione musulmana si arrestò alla Sicilia che divenne l’epicentro da cui partirono la gran parte dei raids verso la Penisola, con uno stillicidio che però non si trasformò mai in conquista, considerato che il territorio italiano veniva ritenuto essere una terra di barbari, come gran parte di Occidente, come ha spiegato Tolan, ritenuta di scarso appeal dai musulmani. Ciò che si formò furono teste di ponte, piccole fortificazioni abitate da sorta di asceti-guerrieri e l’eccezione dell’emirato di Bari che durò all’incirca un trentennio ma che, per scalzarlo, occorse il contributo sia dell’imperatore carolingio sia di quello bizantino.

Cosa significò per le popolazioni locali la dominazione musulmana?
I raids compiuti dai pirati saraceni, o Agareni, come venivano anche chiamati, lasciarono uno strascico di lutti e distruzioni. Quando cominciava la stagione favorevole alla navigazione, allora partivano anche i raids. Cosa restava alla fine di essi? Un tessuto abitativo e demografico a pezzi, una società alla deriva. Abbiamo diversi echi di quanto avveniva, ben presenti in alcune delle fonti più interessanti per comprendere quest’epoca, le agiografie. Le vite di santi come san Nilo esprimono tutta l’orrida situazione che vive la società meridionale, sospinta sempre alla fuga da continue incursioni, violenze, raids, distruzioni. Esistono altre fonti di grande interesse. Per esempio, lettere inviate a Bisanzio per avere istruzioni su come agire per ricompattare il tessuto religioso sbrindellato. Cosa fare con le donne stuprate? Come fare per recuperarle e reinserirle nel proprio contesto? E i bambini nati in questa condizione, come considerarli? Cristiani, musulmani? Potevano essere battezzati? Poi, nei territori sotto dominio musulmano, come garantire i sacramenti? Se non c’erano uomini, potevano subentrare le donne? Si tratta di tante questioni che lasciano emergere con chiarezza quali fossero le difficoltà, le necessità basilari, i bisogni di un mondo alla ricerca di certezze. Certezze che vennero garantite dalla riscossa bizantina, che seppe bloccare nel X secolo i raids attraverso una politica di difesa del territorio con un vero e proprio “incastellamento di stato” come lo ha definito lo storico Jean.Marie Martin, che limitò di molto i raids che, a mano a mano, nel corso del secolo scemarono.

Come si concluse la storia dell’Italia musulmana?
Certamente non finì in un giorno. Fu un percorso lungo che comincia nell’XI secolo e si conclude nell’agosto del 1300. Fu soprattutto la storia del destino della Sicilia musulmana, conquistata dai normanni. Con una situazione per molti versi paradossale attraverso la quale una minoranza di conquistatori normanni e cristiani assoggettò una maggioranza di abitanti musulmani, che vivevano la Sicilia da secoli e che era, a tutti gli effetti, casa loro. La minorità musulmana si tradusse, nel corso dei decenni, in una riduzione progressiva degli spazi di libertà, con vincoli sempre più duri rispetto alla libertà di poter esprimere il proprio culto e con pogrom di estrema violenza spinti dai nuovi emigrati cristiani provenienti dal nord Italia che spinsero tanti siciliani musulmani a lasciare casa loro, a scappare verso il nord Africa o a rifugiarsi all’interno delle zone più inaccessibili della Sicilia, dove crearono delle enclaves. Una situazione di declino che sembrò spezzarsi nel periodo di minorità di Federico II, quando la comunità musulmana rialzò la testa, dando vita ad un tentativo di riconquista che finì malissimo. Quando Federico II giunse al trono, si occupò della questione musulmana, creando quel cortocircuito di cui parlano A. Nef e H. Bresc: da un lato egli espresse una curiosità verso il mondo e la cultura musulmana, che gli vale ancor oggi l’etichetta di sovrano “tollerante”. Dall’altro, invece, Federico diresse una repressione feroce della presenza musulmana in Sicilia, che si tradusse in una “guerra sterminatrice”, l’espressione è di un notaio siciliano trecentesco, di durata pluridecennale, con migliaia di morti e la deportazione di ciò che restava dei musulmani di Sicilia nella lontana colonia pugliese di Lucera. Ci penserà poi Carlo II d’Angiò a chiudere definitivamente la parabola della presenza musulmana in Italia, quando promosse la distruzione della città di Lucera e la vendita dell’intera popolazione come schiavi nei porti del sud Italia. Una pagina terribile della storia italiana dai più ignorata, che seppellisce una volta per tutte una pagina importante della storia dell’Italia medievale.

Amedeo Feniello è professore di Storia medievale presso il Dipartimento di Scienze Umane dell’Università degli Studi dell’Aquila

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Non perderti le novità!
Mi iscrivo
Niente spam, promesso! Potrai comunque cancellarti in qualsiasi momento.
close-link