È il Polittico di Gand, il dipinto di Jan van Eyck e del misterioso fratello Hubert conservato nella cattedrale di Saint Bavon a Gand, a ispirare la riflessione di Calasso, e l’enigmatica figura dell’Agnello che vi campeggia al centro, nei cui occhi egli rileva una «totale indifferenza» al supplizio cui viene sottoposto.
Brevi considerazioni compongono il testo nel quale l’Autore indaga il libro dell’Apocalisse: un’opera che presume di custodire i destini ultimi del genere umano e nei confronti della quale Lutero nutriva una certa riluttanza mentre «Calvino commentò tutti i libri del Nuovo Testamento eccetto l’Apocalisse.»
Chiosa Calasso: «L’Apocalisse fu accolta nel canone durante il quarto secolo, soprattutto per l’approvazione del vescovo Atanasio di Alessandria. Nessuna voce altrettanto autorevole si oppose. Da allora il Nuovo Testamento si chiuse non come voce della mitezza, ma come annuncio di qualcosa di ignoto».
«Un muro di silenzio» separa infatti le lettere di Paolo, primi testi del canone cristiano, scritte nel primo secolo, «salvo alcuni falsi del terzo», dal quarto secolo, «quando fu composto il testo dell’Apocalisse.»
«La lingua dell’Apocalisse è un’offesa al greco», una lingua «legnosa, grezza» che tuttavia maledice chiunque ardisca di toccare «anche una sola sillaba di questo testo che ignora la grammatica.»
Così, l’Apocalisse, «antitetica a ogni parola di Gesù, ha finito per essere la conclusione del Nuovo Testamento», «sfigurandolo». Una vera e propria «vendetta sui Vangeli», nella quale «il nome di Gesù viene nominato una sola volta, alla fine».
Nell’interpretazione dell’ultimo libro del Nuovo Testamento si riflettono dunque, del tutto impregiudicati, gli enigmi relativi alle origini stesse del movimento cristiano: «La parola di Gesù era sporadica, improvvisa, non creava una continuità, un tessuto, una argomentazione. Difficile era costruire su questo l’assetto di una comunità.» Fu Paolo, con il suo «fuoco». a fondare il cristianesimo: «Il pensiero militante […] nasce con Paolo. La rivelazione cristiana si presenta subito come un’arma potente […]. Nessun Lenin del futuro avrebbe saputo parlare con altrettanta concisione e vigore.»
La lettura che ne fa Calasso è ineludibile: «Dopo l’Apocalisse la cristianità, quasi per nasconderne il carattere nefasto, fiorì come un terreno rigoglioso e avvolgente, grazie alla liturgia. Ogni momento della vita veniva accolto e spiegato. Il richiamo ai Vangeli era sempre più debole e remoto. La Chiesa era un partito che si ramificava ovunque. Passarono alcuni secoli e la cristianità divenne un complemento della vita borghese. E così è rimasta, quasi estinta.»
«L’Apocalisse è l’autodistruzione del cristianesimo»: essa «si conclude con la consummatio. La terra non c’è più, ma caelum novum et terram novam. Nessuno sa che cosa sono. Di quello, da allora, viviamo.»