“Solo i folli cambieranno il mondo. Arte e pazzia” di Lamberto Maffei

Solo i folli cambieranno il mondo. Arte e pazzia, Lamberto MaffeiSolo i folli cambieranno il mondo. Arte e pazzia
di Lamberto Maffei
il Mulino

«C’è un’ampia letteratura un po’ vaga ma affascinante, sui rapporti che possono intercorrere tra la follia e la creatività. La parola follia, in questi contesti non è riferita, in senso medico, a una diagnosi di grave malattia mentale, ma piuttosto a manifestazioni transitorie che si possono avvicinare a certe malattie neurologiche o psichiatriche. Questo avvicinamento, con sfumature di grado diverso, è vero per ognuno di noi: è «la psicopatologia della vita quotidiana» ma anche voli inaspettati in mondi inesplorati.

La follia ha il significato di indicare persone diverse che hanno perso il comune buon senso, che Picasso aveva detto essere il limite alla creatività. Le persone che escono dal gregge delle pecore della globalizzazione del pensiero si potrebbero definire folli; si dice che gli artisti e anche gli scienziati siano tutti un po’ folli, perché hanno pensieri e vite diverse e non si curano delle consuetudini. […]

È così difficile essere diversi dagli altri, e uscire dal gregge che spesso, anzi molto spesso, risulta che la malattia psichica e non solo psichica, aiuta a farlo. Aiuta perché ti conduce in strade diverse e ti fa conoscere nuove realtà che anche le altre pecore hanno, ma che restano imprigionate non so come e non so dove, tanto che alcuni chiamano questo non so dove «inconscio». Io, lo scribacchino, so di avere una qualche cosa dentro che mi piacerebbe esplorare e che invece di inconscio chiamo «anima». Ma se tu mi chiedi cosa sia l’inconscio, io so cosa sia ma non saprei dirtelo, è mio. Mi trovo nel caso della ben nota «questione del tempo» di sant’Agostino; anche lui sapeva cosa fosse il tempo ma non sapeva spiegarlo a un altro.

Vi sono all’interno del corpo oggetti, oggetti perché certamente sono materializzati in esso, oggetti di emozioni, di pensiero, di immagini, di suoni che sono tuoi, sai di averli ma non li puoi cedere, a meno che non intervenga l’aiuto della malattia, la quale molte volte, anziché essere male (dal latino male aptus), distruttiva, diventa costruttiva: un grido alla libertà fuori dai doveri delle leggi e della religione.

Che la malattia psichica come la depressione o fenomeni non gravi o transitori di bipolarismo, in cui si alternano stati di eccitazione e depressione accompagnati da stranezze comportamentali o intellettuali, che abbiamo chiamato follia, potesse avere relazioni con la creatività è cosa risaputa da tempo e appare già in Aristotele. La relazione tra creatività e follia risale infatti a una nota inserita nel canone aristotelico, che conosciamo con il nome di Problema XXX:

Perché tutti gli uomini eccezionali, nell’attività filosofica e politica, artistica e letteraria, hanno un temperamento melanconico, alcuni a tal punto da essere perfino affetti dagli stati patologici che ne derivano?

Tra i filosofi si citano Socrate, Platone, Empedocle. È noto dai loro scritti che erano individui particolari, guardati con sospetto […].

Molti pensatori hanno riflettuto sulle varie facce della follia, tra questi va certamente ricordato Michel Foucault col suo magnifico libro Storia della follia nell’età classica (1988). […] Il poeta Rimbaud scriveva che la poesia non può che nascere da uno sconvolgimento dei sensi; dalla necessità di urlare, di cantare, direi rigettare, suoni, parole, segni, colori che stanno dentro da qualche parte dell’essere come terapia per continuare a vivere.

Il primo psichiatra a interessarsi scientificamente del rapporto malattia mentale-creatività è stato Hans Prinzhorn (1886-1933), persona di poliedrica cultura e profondo conoscitore della storia dell’arte, il quale, dopo la laurea in medicina presso la clinica di Heidelberg, fece accurate osservazioni statistiche in proposito. Il suo nome era e resta ben noto, i suoi dati sono ancora citati tra i più validi sull’argomento. […]

Nel 1921 il professor Prinzhorn comunicò i suoi risultati a Vienna nel corso di una conferenza che riscosse grande successo; ad ascoltarlo erano presenti medici e scienziati e tra gli altri anche Sigmund Freud.

Prinzhorn è il fondatore della psicopatologia, le cui dinamiche sono spesso alla base di molta arte e in particolare dell’arte moderna. […]

Anni dopo, Franco Basaglia scriverà una frase sulla follia che la restituisce alla fisiologia del sistema nervoso: «La follia è una condizione umana. In noi esiste ed è presente come lo è la ragione».

Gli studiosi del cervello, come sono io stesso, sottoscrivono questa conclusione, anche alla luce delle più recenti ricerche scientifiche.

I neuroni sono alla base dei processi mentali della ragione umana, ma gli stessi neuroni variando la loro attività e il loro biochimismo, notevolmente influenzati dal contesto di vita del soggetto, sono alla base dei processi creativi come dei processi di grave disfunzione mentale. È importante ricordare che i neuroni non sono macchine stabili, bensì presentano notevole plasticità e variano la loro funzione con l’età, e con gli stimoli ambientali a cui sono sottoposti. […]

Queste considerazioni portano a chiarire e a concludere che molti dei cosiddetti folli non sono malati mentali, ma semplicemente individui diversi per qualche loro caratteristica, giudicati dai «normali» individui da evitare o addirittura nocivi, che tuttavia talvolta sono dotati di grande creatività e possono rivelarsi innovatori nella filosofia, nella scienza e anche nei comportamenti e nei costumi; innovazioni che con gli anni possono arrivare ad essere adottate dalla stessa comunità che fino ad allora le ha considerate impraticabili.»

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Non perderti le novità!
Mi iscrivo
Niente spam, promesso! Potrai comunque cancellarti in qualsiasi momento.
close-link