
Poi, certamente l’importanza della comunicazione risulta ancora più evidente nella società odierna, che come sappiamo è una società fortemente globalizzata e fondata sullo scambio planetario rapido di merci, ma anche di comunicazione in tempo reale. I grandi eventi oggi vengono vissuti contemporaneamente da tutti i cittadini del pianeta, una cosa impossibile da immaginare fino a un paio di secoli fa, quando qualunque notizia per quanto importante impiegava mesi per viaggiare dall’Europa all’America.
Nel libro Lei propone una distinzione tra comunicazione faccia a faccia, comunicazione attraverso i mass media tradizionali e comunicazione online: quali elementi caratterizzano ciascuna delle tre aree?
Devo premettere che si tratta solo di una distinzione di comodo che faccio nel libro per scopi didattici. La comunicazione faccia a faccia è quella che avviene tra due o più persone in situazioni di compresenza fisica, di solito in modo più o meno simmetrico. La comunicazione attraverso i mass media tradizionali è quella che si attua attraverso la televisione, la radio, il cinema, la stampa e gli altri mezzi pre-digitali e tipicamente segue un modello broadcast costituito da un’emittente che si rivolge a un grande pubblico. La comunicazione online è quella che si svolge attraverso i mezzi digitali (i social network, le chat, i servizi di messaggistica eccetera) e può funzionare sia come forma di comunicazione interpersonale (una persona che si rivolge a un’altra persona), sia come forma di comunicazione broadcast (pensiamo alle edizioni digitali dei grandi quotidiani o alle web-tv), sia infine come un’inedita forma di comunicazione ibrida da molti a molti (è quello che avviene nei grossi gruppi di discussione online).
Ma come ho detto, distinguere queste forme di comunicazione è solo un modo per semplificare un po’ una materia estremamente complessa e per poterla studiare un po’ alla volta in modo progressivo. In realtà è chiaro che nella nostra vita quotidiana i confini tra queste tre forme di comunicazione sono ormai assolutamente sfumati.
Come si è evoluta la comunicazione umana nell’era digitale?
La comunicazione digitale è per molti aspetti del tutto simile a quella tradizionale, con tutte le sue sfumature e contraddizioni: è fatta da cose dette e cose lasciate soltanto trasparire, da aspetti verbali e non verbali, da equivoci e incomprensioni. Possiamo però anche dire che in generale la comunicazione digitale è più facile da costruire, gestire e controllare. Pensiamo alla facilità con cui è possibile modificare una fotografia digitale, rispetto alle vecchie foto scattate su pellicola. Ma anche alla facilità con cui è oggi possibile divulgare una notizia (vera o falsa che sia) al grande pubblico: una volta era necessario avere accesso a qualche grande quotidiano o emittente televisiva, mentre oggi è sufficiente condividerla sul proprio blog. O ancora, pensiamo all’accuratezza con cui è possibile gestire il proprio profilo personale sui social: scegliamo quali foto pubblicare, quali parti di noi mettere in evidenza, possiamo in qualche misura progettare e controllare in quale modo ci mostriamo di fronte agli altri, quando al di fuori del mondo digitale non possiamo nemmeno evitare di arrossire di fronte a una situazione che ci emoziona.
Tutto questo però è possibile solo a patto di esserne consapevoli e di avere un certo bagaglio di competenze. Per questo le potenzialità permesse dalla comunicazione digitale (per esempio: gestire correttamente la propria reputazione sui social) si realizzano effettivamente solo per alcune parti della popolazione ma non per altre. Il rischio è queste potenzialità diventino fonte di nuove disuguaglianze sociali tra chi possiede gli strumenti per realizzarle, e chi no. Si parla a questo proposito di divario digitale, non più concepito in termini di differenze di accesso alla tecnologia, quanto piuttosto in termini di differenze nella capacità di utilizzare la tecnologia che ormai quasi tutti abbiamo a disposizione.
Quale impatto ha avuto il web nella società contemporanea?
Provocatoriamente proverei a ribaltare la domanda: quale impatto ha avuto la società contemporanea sul web? Quello che voglio dire è che, dal punto di vista della sociologia, la tecnologia è un prodotto della società, e non viceversa. In generale tutte le tecnologie si affermano e si diffondono soltanto quando rispondono a delle domande della società, in un dato momento storico del suo sviluppo. A quali domande sociali offre risposta il web? Mi pare che il web sia un ottimo strumento per coltivare un grande numero di relazioni sociali spesso poco intense, vecchi compagni di scuola di cui si erano perse le tracce da decenni, amici di amici che magari non abbiamo mai incontrato di persona, conoscenze con cui scambiamo solo qualche messaggio ogni tanto. Queste relazioni sono in un certo senso “deboli”, ma al tempo stesso sono anche molto importanti quando ci troviamo per esempio a dover fronteggiare dei momenti di cambiamento. Un messaggio come per esempio “Per lavoro ho dovuto trasferirmi in una nuova città dove non conosco nessuno, c’è qualcuno tra le mie conoscenze che può aiutarmi a trovare un posto dove dormire?” è un tipico messaggio espressione di una società che chiede agli individui di essere sempre più flessibili e disponibili al cambiamento, ed è anche un tipico messaggio che può trovare una risposta grazie al web. In questo senso dico che il web (e in generale tutto il mondo digitale) rappresenta una risposta alle esigenze di questa società in questo momento storico, più che essere qualcosa che provoca dei cambiamenti provenendo dall’esterno.
Come è destinata a evolvere, a Suo avviso, la comunicazione online?
Come abbiamo già osservato negli ultimi due decenni, la comunicazione online sarà sempre più integrata nella comunicazione umana tout court. Già oggi è ormai difficile dire quando siamo connessi e quando invece non lo siamo: molti di noi vivono permanentemente connessi e durante i vari momenti della giornata fluttuano continuamente tra conversazioni in presenza e conversazioni online, spesso addirittura con le stesse persone che magari sono lì proprio di fianco a loro. Possiamo immaginare che nel prossimo futuro la comunicazione online sarà immersa ovunque nella nostra quotidianità, la troveremo in dispositivi indossabili (dagli attuali smartwatch ai prossimi occhiali per la realtà aumentata che ci mostrano le informazioni digitali sovrapposte agli oggetti fisici), negli elettrodomestici, nelle automobili e così via. Fino a venti anni fa per comunicare online era necessario sedersi a una scrivania, davanti a un computer collegato a internet attraverso il cavo telefonico. Il mondo online era nettamente separato da quello fisico. Oggi questa separazione non esiste più ed è facile immaginare che nel prossimo futuro il mondo online e quello offline saranno ancora più integrati tra di loro.
Il problema sarà rendersi conto di alcuni cambiamenti preoccupanti in atto già ora: per esempio il fatto che stiamo passando da un mondo online basato su internet, cioè una infrastruttura sostanzialmente libera e cooperativa, a una dimensione totalmente chiusa all’interno di servizi commerciali come Facebook o Instagram, di proprietà di soggetti privati che ne dettano le regole al di fuori di qualsiasi dibattito pubblico. È emblematico per esempio quanto successo di recente durante lo sviluppo delle app di contact tracing per l’emergenza covid, cioè quella cosa che in Italia ha preso il nome di Immuni: per mesi diversi gruppi di esperti indipendenti hanno discusso sull’effettiva utilità di queste app, sui diversi protocolli e modi per implementarle, sui rischi per la privacy, sui migliori compromessi tra efficienza, usabilità e garanzie per i cittadini. Poi, a un certo punto, tutte queste appassionate discussioni pubbliche sono state sostanzialmente spazzate via dalla decisione congiunta di Apple e Google di inserire il proprio modello di contact tracing all’interno degli smartphone, tramite gli aggiornamenti automatici. A quel punto anche il nostro governo (come la maggioranza degli altri in Europa) si è adeguato alla soluzione tecnica che era di fatto già stata resa disponibile sugli smartphone di tutti noi. In pratica: una delicatissima decisione di politica pubblica, che in teoria avrebbe dovuto essere frutto di dibattito e confronto trasparente e informato, è stata risolta con una decisione unilaterale di due aziende private americane. In questo caso, secondo molti esperti, la scelta di Apple e Google è stata effettivamente quella più saggia e più prudente rispetto alla privacy dei singoli cittadini. Ma davvero pensiamo che per il futuro le cose andranno sempre così, in un mondo in cui gran parte delle nostre vite professionali e private sono destinate a svolgersi sempre di più online?
Luciano Paccagnella è professore di Sociologia della comunicazione presso l’Università di Torino ed è presidente del corso di studio magistrale in Comunicazione, ICT e media. Si occupa di comunicazione e tecnologia fin dagli albori della diffusione di internet in Italia. Su questi temi ha pubblicato negli anni diversi volumi, tra i quali La comunicazione al computer: sociologia delle reti telematiche (2000), Open access: conoscenza aperta e società dell’informazione (2010), Vivere online: identità, relazioni, conoscenza (con Agnese Vellar, 2016) e il recente Sociologia della comunicazione nell’era digitale (2020).