“Sociologia dell’islam” di Renzo Guolo

Sociologia dell’islam, Renzo GuoloSociologia dell’islam. Religione e politica
di Renzo Guolo
Mondadori Università,

«L’islam è divenuto oggetto sociologico solo di recente. Sono stati gli studiosi di sociologia della religione, fedeli al principio indicato da Durkheim secondo il quale un fatto religioso è un fatto sociale, a affrontare il fenomeno superando la visione, tipica degli studi teologici e di alcuni datati approcci della storia delle religioni, che guardava all’islam in una prospettiva articolata, essenzialmente, sullo studio dei testi. Un approccio, quest’ultimo, fondato su una logica sostantiva, secondo cui una religione è essenzialmente quello che i testi dicono che sia. Logica che mette in ombra le funzioni sociali che la stessa religione svolge.

Ignorando, così, quello che lo stesso Durkheim, nel tentativo di definire la religione, indica come un sistema di credenze e pratiche, che ha come oggetto il sacro e unisce quanti si riconoscono in esso, espresso in forma organizzata. Definizione che sottolinea il legame tra credere e agire – facendone, appunto, un sistema –, mettendo in evidenza la relazione tra rappresentazioni simboliche e ambiente sociale, storicamente determinato, nel quale vivono concretamente gli individui e la tensione, o lo scarto, tra mondo delle rappresentazioni e realtà sociale. Ignorare tale dimensione significa riprodurre un’idea immutabile, essenzialista, dell’islam. Secondo cui tutti i musulmani dovrebbero avere un certo tipo di caratteristiche e comportarsi allo stesso modo «perché così dicono i testi». Una rappresentazione letteralista che i mutamenti sociali che influiscono sulla religione, sul suo discorso e funzione, sulla sua organizzazione, e che investono l’agire dei credenti, mettono in discussione.

In quanto sistema di credenza, la religione si articola, infatti, sullo stretto legame tra sistema e ambiente sociale. Nelle analisi dei sociologi, il piano delle riflessione si è, così, spostato dalla conoscenza dei principi e del contenuto del messaggio religioso agli effetti che essi determinano nei rapporti sociali; dall’analisi delle caratteristiche permanenti, o supposte tali, a quelle mutevoli della religione. Simili considerazioni non fanno certo venir meno la necessità, fondamentale in campo scientifico, di conoscere i contenuti della religione: nel caso di quella islamica i suoi pilasti della fede, il ruolo e le fonti di teologia e legge, la pratica così come la struttura dell’autorità religiosa. Tale conoscenza è imprescindibile per chiunque voglia approcciarsi alla sociologia dell’islam. Ignorare simili contenuti, così come mettere in secondo piano le questioni che derivano da un’interpretazione letteralista e astorica dei testi, sarebbe esiziale. Ma, di per sé, tale prerequisito non è sufficiente. Per analizzare in chiave sociologica le relazioni tra religione e società, tra credenza e ordine sociale, quelle conoscenze vanno integrate con gli strumenti presenti nella «cassetta degli attrezzi» della sociologia.

L’islam, infatti, non può essere analizzato come credenza che non ha relazione con quanto avviene nella società. Un simile approccio precluderebbe qualsiasi ipotesi di conoscenza della religione in chiave sociologica. L’islam, invece, è oggetto sociologicamente rilevante. Non solo per il numero dei suoi fedeli ma perché assume per quegli stessi credenti la funzione di mappa cognitiva che li guida nell’agire sociale: dal rispetto dei precetti alla relazione con la politica.

La sociologia della religione applicata all’islam, così come quella applicata a altre credenze, non pretende di definire lo statuto di verità del fenomeno indagato. Deve limitarsi a guardare il mondo dal punto di vista dell’attore sociale che agisce ispirato dalla credenza, cercando di comprendere quale impatto essa produce sui rapporti sociali: nel mondo della Mezzaluna così come nelle società occidentali divenute multiculturali per effetto dei processi migratori. Non è un caso che la sociologia dell’islam si sviluppi, sia pure con i molteplici approcci che caratterizzano i suoi autori, in Europa: in particolare in Francia, Gran Bretagna e Italia, dove una nuova generazione di studiosi di sociologia della religione, a partire dagli anni Ottanta e Novanta, mette al centro del suo lavoro il fenomeno del ritorno pubblico della religione. Osservando con attenzione sia la diffusione dell’islam nel Vecchio continente, sia l’emergere di un’ideologia, quella islamista, che usa la religione come veicolo di mobilitazione politica trasformandola in linguaggio pubblico delle politiche dell’identità.

L’islam come oggetto sociologico ha molteplici dimensioni: riguarda sia la vita degli individui che i comportamenti collettivi, la religiosità e la religione, la questione dell’identità e della politica. Questo manuale, pur incrociando necessariamente ciascuna di queste dimensioni, mette al centro del suo sguardo la relazione tra religione e politica. Nell’intento di mostrare come quella relazione sia più complessa, più problematica, più legata a questa o quella fase storica, di quella suggerita da quanti fanno riferimento all’astratta rappresentazione, legata al mito di fondazione e a una definizione del canone fornita in questo come in altri ambiti, dei testi sacri.

Fondamentale, anche in questo approccio, è partire dalle rappresentazioni che l’islam offre di sé stesso per poi verificare, empiricamente, come quelle stesse rappresentazioni coincidano o meno con quanto avviene nelle relazioni tra individui, gruppi, istituzioni, nella vita quotidiana: anche nella dimensione della politica. Mettere in evidenza l’interazione fra concezione del mondo religiosa e società, tra credenza e processi sociali attraverso i quali valori e idee si affermano o mutano, dando forma a relazioni e istituzioni codificate, è uno degli obiettivi propri della sociologia. E, in questo caso, della sociologia della religione applicata all’islam.

Il manuale si divide idealmente in tre parti. La prima (capp. 1-4) affronta alcuni temi classici: il contenuto della credenza religiosa, la pratica, l’organizzazione socioreligiosa del mondo islamico: dai pilastri della fede al ruolo della giurisprudenza e della teologia, dalla questione della trasmissione del carisma profetico alla differenziazione tra sunniti e sciiti.

La seconda (capp. 5-10) affronta il tema della cultura politica dell’islam, la divaricazione tra modello originario e sviluppo storico concreto, il ricorrente tentativo di tornare a quel modello e la questione della modernizzazione dell’islam, gli effetti sociali prodotti dalla fine dell’unità politica del mondo musulmano e dalla nascita degli stati nazionali, la comparsa dei movimenti islamisti, con le loro diverse anime, neotradizionalista e radicale, sino all’irruzione in scena di gruppi fautori del jihad globale come Al-Qaida e lo Stato islamico.

La terza parte (capp. 11-18) mette al centro dell’analisi alcune questioni come: il fenomeno jihadista che coinvolge anche immigrati di seconda generazione e autoctoni convertiti in Europa; l’analisi del rapporto tra religione e politica nella Repubblica Islamica d’Iran; la relazione tra credenza, organizzazione socioreligiosa e democrazia in Occidente.»

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