
Quali prospettive teoriche si confrontano nell’analisi sociologica del corpo?
L’analisi sociologica sul corpo trova origini fin dai padri della sociologia, studiosi come Durkheim, Simmel, in primis, Goffman Bourdieu hanno posto le fondamenta di un campo d’ indagine, che spesso è apparso settoriale. Ma, di fatto, il corpo entra a pieno titolo nella teoria e nella ricerca empirica. Se pensiamo a Durkheim, esponente del Funzionalismo francese, gli individui hanno un “corpo mondano e un’anima spirituale.” Gli individui vivono quindi una tensione tra il loro essere e la vita sociale, quando soddisfiamo i nostri bisogni, non facciamo altro che soddisfare semplicemente noi stessi. Bourdieu, nella sua analisi si riferisce alla “costruzione sociale dei corpi, “ossia l’individuo nella sua prospettiva, fin dalla nascita, acquisisce, attraverso modelli di pensiero, che sono incorporati nel mondo in cui lui stesso agisce e vive quotidianamente. Goffman, teorico della drammaturgia della vita quotidiana, ci offre un interessante contributo soprattutto nella lettura dello stigma in riferimento ai disabili. Secondo lo studioso, chi non presenta particolari difetti fisici o disabilità, è spinto ad attivare alcuni comportamenti anche di aiuto che non sono utili alla persona e che invece crede siano necessari per chi presenta alcuni difetti fisici. Si creano alcuni comportamenti quindi che entrano a far parte dei modelli culturali a seconda di luoghi e abitudini. La sua analisi diventa al tempo stesso interessante quando affrontando le istituzioni totali in Asylums, si concentra sulle prove a cui il corpo degli internati viene sottoposto e sulla “mortificazione del sé” che l’istituzione totale, concorre a provocare. Tra i contemporanei David Le Breton, pioniere degli studi sul corpo, lo analizza in rapporto all’identità e soprattutto facendo riferimento alla pelle e al suo colore, che apre questioni importanti relative tanto alla provenienza geografica, quanto all’integrazione e alla complessità dei legami sociali.
Qual è l’importanza di sessualità, razza e abilità nella costruzione dei modelli corporei normativi?
È diventata centrale tanto nella sociologia, quanto nelle altre discipline. Oggi viviamo in un momento storico in cui alcuni paradigmi che per tanto tempo sono rimasti al margine del dibattito scientifico, vengono riletti. Diventa quindi importante approfondirne sia i mutamenti che vi sono connessi, che l’impatto che hanno avuto questi argomenti non solo sulla società, ma sulla scienza sociale e sul modo in cui gli studiosi se ne stanno occupando. Si sono attivati negli ultimi anni interessanti riflessioni che hanno dato vita a un dibattito sempre più corposo soprattutto legato alle questioni di genere.
Che relazione esiste tra sport e corpo?
All’interno della sociologia classica ma anche contemporanea, lo sport svolge un ruolo fondamentale. Allo sport compete o almeno dovrebbe competere un ruolo importante dal punto di vista educativo, se praticato fin dai primi anni di vita. Lo sport dovrebbe educare allo stesso modo di altri agenti di socializzazione. Mi riferisco allo sport in grado di trasmettere determinati valori, che parte dal rispetto delle regole, così come a una cura del corpo che si deve acquisire fin da quando si è bambini. Ecco perché è importante il ruolo dello sport negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza soprattutto. Però, diventa importante, se insieme alla pratica fisica, lo sport riesce a trasmettere alla persona, il rispetto dell’altro, non una semplice gara e competizione, ma guardare allo sport come momento ludico di aggregazione, che riesce a fondare i valori dello “stare insieme anche se giocando. Le attività motorie non sono solo fisiche, ma se curate in un certo modo possono formare figure umane capaci di fronteggiare ai problemi anche fuori da un campo di calcio. Sempre più spesso però, questo rapporto tra sport e corpo viene sostituito dal contrasto, dalla violenza, invece sarebbe utile riguardare al modello classico, in cui la bellezza fisica dello sportivo che auspicava alla perfezione, diventava un modello di vita. Guardare alla bellezza non solo estetica ma comportamentale, valoriale per formare nuove generazioni di uomini e donne, in cui lo sport sia parte della cultura dell’educazione.
Quale funzione assumono nella nostra società la moda e l’estetica?
Viviamo in una società con un forte impatto “fotografico,” siamo esposti ogni giorno alla visione di modelli estetici e modali che comunque hanno una loro influenza tanto sull’uomo, quanto sulla donna. Se pensiamo alla cosmesi, oggi questo mercato riguarda il consumo tanto maschile quanto femminile, ciò significa che la cura dell’estetica non riguarda, come si riteneva fino a qualche anno fa, esclusivamente la donna. C’è quindi un’attenzione alla moda e all’estetica che la pubblicità da sempre ha incrementato.
Quale evoluzione stanno subendo la rappresentazione e la percezione del corpo in seguito allo sviluppo e alla diffusione delle nuove tecnologie?
Il web e soprattutto i Social hanno determinato un “palcoscenico personale” per la nostra società. Facebook e ancor di più Instagram sono lo spazio privilegiato dove il privato cittadino si mette in scena alla pari di una star riconosciuta. Ciò significa che anche da parte di molti, l’utilizzo dei Social è un modo non solo per far conoscere le proprie attività ed esperienze di vita, ma anche una cura e un’attenzione al corpo più preciso che sfrutta funzioni (filtri ecc.) che rendono, se vogliamo, la propria estetica perfetta, limitandone i difetti. Va da sé che non tutti sui social presentano la loro persona modificandone l’aspetto e correggendo talvolta colori ecc., però lo spazio web consente una modifica estetica prima inesistente. Talvolta chi osserva la rete, percepisce una persona in un modo totalmente differente dalla real life.
Angelo Romeo PhD, insegna Sociologia all’Università degli studi di Perugia, è autore di numerosi volumi e articoli scientifici. Si occupa di processi culturali e comunicativi, giovani e ricerca qualitativa. È stato visiting professor all’Università di Barcellona e visiting researcher all’Università di Ginevra.