“Sociologia dei diritti umani” di Paul Blokker e Laura Guercio

Prof. Paul Blokker e Laura Guercio, Voi siete autori del libro Sociologia dei diritti umani edito da Mondadori Università: quale ruolo hanno assunto la sociologia e le teorie sociali nella comprensione e nell’analisi delle dinamiche sociali sottostanti l’affermazione dei diritti della persona?
Sociologia dei diritti umani, Paul Blokker, Laura GuercioLaura Guercio: Affrontare il tema dei diritti fondamentali e dei diritti umani significa non solo conoscere le norme e i processi storici e politici ad essi sottesi ma, soprattutto, comprendere la relazione esistente fra tali diritti e la società nel suo complesso, ossia tra le istanze sociali e le risposte legislative che ad esse vengono date.

In tale senso la sociologia può scavare sulle funzioni e sui significati che tali diritti assumono nella società, Qualunque norma giuridica, e a maggiore ragione quella relativa ai diritti fondamentali e umani, nasce da quelle che sono le esigenze delle comunità entro la quale viene adottata. Si pensi alla Dichiarazione Universale dei diritti Umani, adottata dalla Assemblea Generale delle Nazioni unite subito dopo i drammi della seconda Guerra Mondiale: a fronte delle atrocità perpetrate in quegli anni, l’umanità sentiva la necessità di consacrare il rispetto dei diritti inviolabili della persona attraverso una Dichiarazione solenne, internazionalmente riconosciuta.

E tuttavia quella stessa Dichiarazione, ad oggi considerata il fondamento dei diritti fondamentali, risponde al momento storico e alle esigenze sociali in cui fu assunta. Faccio un esempio: se all’epoca infatti non si era avvertita la necessità di includere nell’articolo 2 il divieto di discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale, questo è invece diventato uno degli aspetti cruciali della nostra epoca. All’epoca infatti il concetto orientamento sessuale non era percepito socialmente come meritevole di tutela.

È chiaro allora che la norma non può essere cristallizzata in se stessa, ma richiede una sua interpretazione attraverso la lettura dei mutamenti della sensibilità e delle istanze sociali. Per molto tempo, la sociologia si è occupata, come sociologia del diritto, della interconnessione tra specifici diritti e fenomeni culturali ad essi connessi. Una sociologia dei diritti fondamentali permette di andare oltre e di prospettare collegamenti ampli e complessi: infatti, tale scienza, da una parte permette di comprendere le dinamiche evolutive alla base della norma giuridica, dall’altro, proprio perché parliamo di diritti fondamentali, permette di cogliere il rapporto individuo-società. Ciò significa ossia, comprendere cosa significa parlare del senso di natura umana dell’individuo e degli spazi di azione di quest’ultimo considerati socialmente e giuridicamente leciti.

Paul Blokker: Soprattutto negli ultimi 30 anni, la sociologia e la teoria sociale hanno assunto un ruolo critico e attento allo sviluppo storico dei diritti umani. In questo senso, la sociologia contribuisce a un dibattito internazionale che vede gli storici (come ad esempio Samuel Moyn, Lynn Hunt) e i sociologi (ad esempio Hans Joas, Mikael Madsen, Kate Nash) in prima linea. In Italia, questa attenzione è stata meno evidente, nonostante una tradizione importante di sociologia del diritto, soprattutto relativa ai lavori di Niklas Luhmann. Uno dei motivi principali del nostro volume è contribuire alla stimolazione di un dibatto sociologico focalizzato sui diritti umani nel contesto italiano. La sociologia è di grande rilevanza in un momento in cui i diritti umani mostrano una grande dinamicità, e nuovi diritti emergono a causa dei cambiamenti sociali in seguito all’uso delle nuove tecnologie digitali, come il diritto all’oblio o il diritto all’accesso a internet (altamente rilevante nel contesto della pandemia). Allo stesso tempo lo status e l’avanzamento dei diritti umani sono dati meno per scontato. Ci sono tendenze significative di contestazione di diritti acquisiti, come il diritto all’aborto (perfino in un paese come i Paesi Bassi il diritto all’aborto è sempre di più oggetto di dibattito pubblico) o il diritto all’identità e alla non-discriminazione. Di rilevanza sono pure gli sviluppi del capitalismo e del mercato di lavoro, intorno alla mobilità e all’accesso ai diritti sociali. Una dinamica politica significativa è l’incremento di forze conservatrici, come il populismo, il sovranismo, e la diffusione più trasversale di una visione dei diritti umani meno universalista e più “locale”. Queste forze cercano di limitare la presa dei diritti umani universali (della CEDU in primis) nelle nostre società democratiche.

Cosa studia la sociologia dei diritti umani?
Laura Guercio: La sociologia dei diritti umani analizza i sistemi giuridici e quelli che sono loro effetti sulla società. Ma allo stesso tempo, esamina gli effetti delle istanze sociali sulla produzione normativa a tutela dei diritti fondamentali all’interno di una dimensione dinamica e non statica.

Uno degli aspetti del diritto sui diritti umani e fondamentali, e lo dico da persona che prima di dedicarsi agli studi sociologici si è occupata e si occupa di studi giuridici, è l’impressione di una certa retorica-giuridica legata alla tradizione e poco incline ai facili cambiamenti.

In realtà la norma è un qualcosa di vivo, di palpitante, proprio perché il diritto positivo, pur essendo enunciato in maniera generale, è chiamato per decidere situazioni non astratte ma specifiche anche se i diritti fondamentali e umani. Le norme che enunciano i diritti fondamentali possono essere generiche e flessibili, ma sono di certo punti di riferimento costanti in ogni differente sistema sia pure con dinamiche diversificate a seconda dei tempi e dei contesti storici e geografici. È in queste dinamiche allora che entra lo studio della sociologia e della sua capacità di ricostruire i motivi e le condizioni dei diritti umani nelle società.

Paul Blokker: La sociologia dei diritti umani si interessa non solo dei diritti singolari e la loro affermazione, ma anche del ruolo dei diritti umani nel complesso della trasformazione della società moderna. In questo, la sociologia analizza come possono essere salvaguardati gli interessi e le necessità fondamentali degli individui in processi di istituzionalizzazione del diritto, ma anche il ruolo sociale dei diritti umani, il “diritto vivente”. La sociologia si occupa di processi di integrazione degli individui nella società, della promozione di solidarietà, e sottolinea il ruolo dei diritti umani come strumento di lotta, che emergono in situazioni di discriminazione e di violazione, ma anche in progetti politici di movimenti dal basso che cercano di cambiare la società. Inoltre, in un senso più profondo e filosofico, la sociologia vuole comprendere le origini dei diritti umani (una dimensione di elevata rilevanza è quella della religione, vedi Hans Joas, La sacralità della persona. Una nuova genealogia dei diritti, 2015), ma anche come i diritti umani possono fornire un modo moderno di convivenza (già il sociologo classico Emile Durkheim parlava di “individualismo altruista”).

La sociologia si occupa dei processi concreti di istituzionalizzazione dei diritti, processi in cui il potere, e le interrelazioni fra attori, e sicuramente il conflitto, sono di grande rilevanza. È importante ricordarci che i diritti umani che conosciamo oggi sono frutto di una conquista molto recente. Certamente lo sviluppo della Dichiarazione dei diritti dell’uomo dell’ONU è stato il primo grande passo, subito dopo la Seconda Guerra mondiale, quanto lo è stato l’adozione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo nel contesto europeo. Ma va ricordato che in realtà, i diritti umani hanno conquistato un ruolo effettivo, diffuso, e rilevante per gruppi estesi della società molto più tardi, secondo alcuni studiosi solo negli anni’ 70 o perfino solo negli anni ’90 del secolo scorso. La sociologia ha importanti strumenti per studiare questa lenta affermazione dei diritti umani, sviluppati da sociologi come Durkheim, Bourdieu, e Luhmann. La sociologia studia i diritti umani, ad esempio, tramite l’analisi del ruolo degli attori giuridici e le istituzioni giuridiche, la formazione delle reti di esperti, dei promotori o ‘imprenditori’ dei diritti, e anche del ruolo “attivista” delle corti, come la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Inoltre, una parte della sociologia si interessa per i movimenti sociali e gli attori della società civile, grandi motori della promozione dei diritti umani. L’analisi del ruolo dei movimenti e delle ONG nell’avanzamento dei diritti umani, le loro strategie e opportunità, e gli ostacoli istituzionali sono di grande rilevanza per capire lo sviluppo dei diritti umani, quanto lo sono le analisi della società nel suo insieme, nello studio della “coscienza giuridica” e della ”cultura giuridica” dei cittadini, oltre gli operatori giuridici.

Quale posto occupa nel contesto italiano la nuova disciplina?
Laura Guercio: Lo studio della sociologia dei diritti umani, dovrebbe forse trovare una maggiore attenzione, così come avviene già nel mondo accademico anglosassone ad esempio. Questo anche se si considera il fatto che viviamo in realtà oramai multiculturali dove le interazioni individuali tra persone di diverse culture impongono nuovi questi, nuove esigenze e la necessità di affrontarle. Ma allo stesso modo se si pensa ai grandi cambiamenti determinati dalla rapida evoluzione scientifica e da come la morale pubblica possa essere influenzati dalle nuove scoperte. Si pensi ad esempio alla fecondazione eterologa e alle nuove domande da essa generate: esiste un diritto a “diventare genitore”? Diritto che è diverso da quello di “essere genitore”. Ma si pensi anche alla eutanasia: esiste un diritto a morire? Che è diverso al diritto a “lasciarsi” morire. Basti pensare che su tale ultimo aspetto il legislatore italiano deve ancora rispondere ai solleciti della Corte Costituzionale a intervenire normativamente. È chiaro che si tratta di questioni che non hanno una valenza puramente giuridica, ma che invece investono percorsi ed evoluzioni sociali complessi e di cui il legislatore deve tenere conto.

Paul Blokker: La cresciuta attenzione sociologica per i diritti umani al livello internazionale non sembra ancora pienamente riconosciuta nel contesto italiano. Il ruolo della sociologia dei fenomeni politici, la sociologia della globalizzazione, oppure la sociologia dei movimenti sociali, ma anche la sociologia comparata potrebbero contribuire in modo rilevante al dibatto sui diritti umani in Italia. In questo senso, una sociologia più attenta alla dimensione comparata potrebbe contribuire in modo importante e informato a discussioni su tematiche molto attuali, come l’eutanasia o il diritto alla morte, il diritto all’identità e l’aspetto di gender, il diritto al matrimonio e alla famiglia, la surrogazione di maternità, la violenza sulle donne, ma anche i diritti digitali come l’accesso a internet. L’analisi della istituzionalizzazione di diritti complessi e “delicati”, come il diritto all’eutanasia, può contribuire in modo pragmatico e determinante al dibattito pubblico, perché può mostrare il percorso alternativo in contesti differenti, come ad esempio nei Paesi Bassi o in Svizzera, il ruolo determinante di attori decisivi e di cambiamenti culturali, contribuendo a una visione più completa che include considerazioni socio-culturali ma presta soprattutto la dovuta attenzione alla sofferenza individuale. In breve, la sociologia può aiutare ad aumentare la capacità riflessiva su tematiche eticamente molto complesse.

Quale rapporto esiste tra i diritti umani e le condizioni ambientali, culturali, politiche ed economiche di una determinata struttura sociale?
Laura Guercio: Il dibattito tra universalismo e relativismo dei diritti umani è forse uno dei temi che sempre accompagnerà i diritti fondamentali. Lo ha fatto dal momento in cui è stata adottata la Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo, che per quanto si chiami universale tuttavia non ha trovato il consenso di alcuni paesi di origine islamica. E su questa tematica, pensatori e accademici come Norberto Bobbio o Abdullahi Ahmed An-Na’im, tanto per citarne alcuni, si sono soffermati. Personalmente ritengo importanti due aspetti. Innanzitutto, nessuna cultura, tradizione, politica ed economia può incidere sul rispetto pieno dei diritti fondamentali inviolabili assoluti. Il divieto di tortura vale in ogni continente di questo mondo e non può subire limitazioni. In secondo luogo, per quanto sia ovvia una diversa declinazione dei diritti umani a seconda dell’ambiente in cui questi vengono attuati, tale declinazione non può incidere sul “cuore” dei diritti fondamentali ma solo sulle modalità con cui vengono attuati. Faccio un esempio, il diritto a non essere privati della propria libertà personale, se non per decisione giudiziaria e per motivi previsti per legge, è chiaramente un diritto che può trovare diverse declinazioni a seconda degli ordinamenti che possono prevedere tempistiche detentive differenti a fronte di reati concepiti in maniera diversa a seconda anche delle culture. Ma resta il principio della inviolabilità della libertà personale.

Paul Blokker: la tensione fra universalismo e relativismo, o forse meglio, fra universalismo e particolarismo, come illustrato da Laura, è di grande importanza. Questa tensione è al centro di grossi conflitti attuali, in cui l’universalismo dei diritti umani viene messo in discussione a favore di una percezione dei diritti come parte integrante di, e emergendo dalle tradizioni storiche di, una società stessa. Nonostante l’evidente necessità di garantire diritti fondamentali a tutti gli esseri umani, non possiamo prescindere dal fatto che i diritti umani concreti devono essere sostenuti da attori concreti, nella realtà soprattutto dagli Stati. I diritti umani, anche, o forse in primis quelli fondamentali, devono cominciare a far parte del tessuto sociale e delle istituzioni di società specifiche per essere efficaci in modo strutturale. Questo significa che l’universalismo del principio deve tradursi nella sfera “colloquiale” della vita concreta, e dovrebbe in qualche modo trovare affinità con valori locali o particolari. Ma l’universalismo dei diritti umani può portare a delle complicazioni, non solo per la sua natura astratta, ma anche a causa della sua esternalità. In breve, i diritti dovrebbero essere percepiti come parte intrinseca della società stessa per essere efficaci, ma non sempre vengono capiti in tal modo (si pensa ai conflitti post-coloniali, in cui prevalse il diritto alla sovranità nazionale, ma anche all’attuale Brexit in cui i diritti della CEDU vengono descritti come in contrasto con i diritti “britannici”).

Quali prospettive, a Vostro avviso, per i diritti umani in una società in crisi di sicurezza?
Laura Guercio: Penso che dovremmo tutti porci una domanda: a cosa servono i diritti umani? Sino a che noi tutti non ci poniamo una riflessione su questa domanda, non riusciremo a comprendere il grande valore che i diritti umani possono avere per il raggiungimento di rapporti armoniosi e pacifici tra gli individui, i popoli, e gli Stati. I diritti umani devono essere considerati come la nuova lingua franca delle relazioni umani, soprattutto in una epoca, come la nostra: una società liquida per citare Bauman, dove l’uomo è sopraffatto dalle incertezze e dalle insicurezze. Sono queste ultime che inducono l’individuo a costruire una società del “nemico” verso il quale canalizzare le proprie paura e fragilità. Che sia lo straniero, quando l’immigrazione era nelle prime pagine dei quotidiani, o che sia il vicino di casa, ora che il COVID preoccupa tutti, è nel “nemico” che l’individuo materializza le proprie difficoltà. Il rischio però è che, attraverso questo processo, si possa arrivare ad una disumanizzazione ed eliminazione del “diverso” per esorcizzare le nostre paure. Gli unici antidoti a questo esito che sarebbe drammatico, come dimostrano precedenti eventi (si pensi solo alla disumanizzazione degli ebrei durante il nazismo, o alle guerre etniche degli anni novanta in Europa) sono i diritti umani. È solo tramite la affermazione di una coscienza sociale del valore dei diritti umani che si può contrastare il sempre possibile pericolo della “società del nemico”.

Paul Blokker: I diritti umani si trovano in un contesto storico molto difficile. La pandemia è l’ultima sfida ai diritti, ma si colloca in una serie di sfide pesanti, a cominciare dal 11 settembre 2001 e la Guerra al Terrore e tutte le politiche di contra-terrorismo adottate in seguito. In anni più recenti, la pressione sui diritti è aumentata, a causa della crisi finanziaria e economica mondiale, le crisi relative ai flussi di migrazione e al terrorismo, e la crisi della democrazia liberale, che vede emergere forze politiche, spesso indicate come populiste, che tendendo avere un approccio restrittivo – o perfino reazionario – nei confronti dei diritti umani. Gli eventi e tendenze elencati hanno avuto un impatto sui diritti che spesso ha portato alla loro limitazione, facendo prevalere l’idea della sicurezza pubblica a scapito dei diritti individuali. Questo ha spesso portato alla limitazione di diritti di gruppi specifici, come “extra-comunitari” e migranti, soprattutto se con determinate caratteristiche religiose ed etniche. Come illustrato da Laura, queste tendenze rafforzano una “società del nemico” e porta acqua al mulino dei populisti di destra, che identificano solo una parte del popolo come popolo “vero”, e per cui, degno di essere soggetto di diritti. Il rischio più grosso dello “stato di emergenza” attuale è che le misure restrittive che durante la pandemia hanno limitato i nostri diritti di espressione, di mobilità, di imprenditorialità, di assemblea, alla privacy, diventino delle politiche strutturali e cominciano a far parte della normalità. Soprattutto nell’ambito della sorveglianza, questo è un rischio molto concreto.

Paul Blokker è professore associato di Sociologia politica e Sociologia delle costituzioni e dei diritti umani all’Università di Bologna. Tra le sue pubblicazioni più recenti: Multiple Populisms: Italy as Democracy’s Mirror (curato con Manuel Anselmi, Routledge, 2019); Sociological Constitutionalism (curato con Chris Thornhill, Cambridge University Press, 2017).
Laura Guercio insegna Sociologia dei diritti fondamentali e Cooperazione internazionale allo Sviluppo all’Università di Perugia. Ha ricoperto l’incarico di Segretario Generale del Comitato Interministeriale per i diritti umani e membro italiano del Management Board della Agenzia Europea per i diritti fondamentali. Tra i suoi libri:
Donne pace e sicurezza: tra essere e dover essere (con Valentina Grassi, Franco Angeli, 2018), Women’s rights after the Arab Spring: buds without flowers? (Cambridge Scholars, 2019).

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