“Socialismo e mercato. Contributi alla teoria economica del socialismo” di Bruno Jossa

«Sin dagli inizi degli anni venti, già all’indomani della rivoluzione russa, gli economisti hanno più volte discusso il problema della possibilità o meno del calcolo economico razionale in un’economia socialista (del calcolo, cioè, di minimo costo di produzione delle merci). Il dibattito, oggi assai noto, è probabilmente la discussione più importante che vi sia stata tra gli economisti in tema di economia socialista, anche se si è mosso e si muove quasi del tutto all’interno del pensiero non marxista. Esso fu inaugurato dall’economista austriaco von Mises che, in uno scritto mille volte citato, affermò che in un’economia in cui gli strumenti della produzione, o «beni capitali», sono di proprietà dello stato è impossibile determinare il valore di questi beni ed è impossibile perciò fare il calcolo dei costi che ogni comportamento economico razionale richiede. Ma la «sfida» lanciata da von Mises fu presto raccolta dagli economisti socialisti che, sia pure senza ricorrere alle categorie dell’economia marxista, giunsero poi a dimostrare che, proprio alla luce delle considerazioni che avevano suscitato l’intervento di von Mises, si poteva e si può affermare una superiorità dell’economia socialista sulla economia capitalista.

Il dibattito sarà riesposto in quel che segue con osservazioni e commenti; e i temi che emergono dai vecchi contributi saranno poi ripresi, nella seconda parte dello scritto, con riferimento alle più recenti discussioni e, più in generale, per porre le basi della grande e interminabile querelle su «piano e mercato», che è al centro della teoria economica del socialismo.

La critica di von Mises all’economia pianificata

La critica di von Mises da cui parte la discussione può così sintetizzarsi. Ogni economia ha a sua disposizione risorse scarse, di cui deve fare un uso razionale; ma per poter fare un uso razionale delle risorse occorre avere degli «indici di scarsità», che misurino con precisione la scarsità appunto delle risorse, e quindi la loro maggiore o minore importanza per la collettività. Tali indici di scarsità sono i prezzi; perciò il calcolo in valore, o, per meglio dire, il calcolo che usa i prezzi di mercato, è il calcolo fondamentale di cui deve far uso l’economista e il solo che può rendere razionale la scelta dell’assegnazione delle risorse tra i diversi usi alternativi a cui possono essere destinate.

L’idea di von Mises era che «non è possibile separare il mercato e la sua funzione riguardo alla formazione dei prezzi dal modo di funzionare di una società che è basata sulla proprietà privata dei mezzi di produzione». Sicché in una società socialista «per il fatto stesso che nessun bene di produzione diverrebbe mai oggetto di scambio, sarebbe impossibile determinarne il valore monetario». Ma se il valore dei beni capitali non è determinato, i costi di produzione non possono essere calcolati e non vi è modo di determinare ciò che è razionale produrre; la produzione cioè non potrebbe essere basata su calcoli di minimo costo.

Così la moneta non potrebbe più adempiere in uno stato socialista al ruolo che essa adempie in una società competitiva nel determinare il valore dei beni di produzione e il calcolo in termini di moneta sarebbe impossibile; ma, allora, «ogni passo che ci allontani dalla proprietà privata degli strumenti di produzione e dall’uso della moneta ci allontana anche dall’economia razionale».

Mises affermò inoltre che è solo la molla del profitto che fa fare ai produttori le scelte che danno luogo alla produzione al costo più basso; e che se la possibilità di fare profitti scompare, il meccanismo di mercato perde la sua molla e finisce per fermarsi. Per l’economista austriaco il mercato è l’istituzione fondamentale del capitalismo, e fa tutt’uno con la sua essenza; esso non può essere imitato dal socialismo.»

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