“E si salvò anche la madre. L’evento che rivoluzionò il parto cesareo” di Paolo Mazzarello

Prof. Paolo Mazzarello, Lei è autore del libro E si salvò anche la madre. L’evento che rivoluzionò il parto cesareo pubblicato da Bollati Boringhieri: il titolo ci ricorda che, anticamente, al taglio cesareo la madre raramente sopravviveva.
E si salvò anche la madre. L'evento che rivoluzionò il parto cesareo di Paolo MazzarelloCome ebbe a scrivere Luigi Mangiagalli – il noto chirurgo lombardo – nella Clinica ostetrica pavese “non una madre era stata salvata in un secolo col taglio cesareo”. E questa era più o meno la situazione generale delle cliniche ostetriche di tutto il mondo prima del 1876. L’esito era infausto sostanzialmente per due motivi: le gravi emorragie post-partum e i processi settici. Nella letteratura storico-ostetrica è riportato qualche caso di donna operata di cesareo casualmente sopravvissuta all’intervento. Ma si trattava di storie eccezionali che non cambiavano la percezione della pericolosità dell’intervento da parte dei chirurghi.

Qual è la storia del taglio cesareo?
Secondo la mitologia classica il dio della medicina, Asclepio, vide la luce per un intervento di Apollo con apertura diretta del ventre della ninfa Coronide. Lo stesso è detto per Dioniso che Zeus estrasse dal ventre di Semele. In realtà, prima del sedicesimo secolo, il taglio cesareo si eseguiva immediatamente dopo la morte della madre, per tentare di salvare il bambino. Soltanto nel 1581 un chirurgo francese, François Rousset, propose l’intervento su donna viva, nei casi di impedimento del parto, ma l’operazione, tentata ripetutamente, era quasi sempre mortale e, come tale, terrorizzava i chirurghi. Tutto cambiò nel 1876 con Edoardo Porro, il primo chirurgo ostetrico a progettare un astuto intervento programmato per salvare non solo il bambino ma anche la madre.

Chi era Edoardo Porro e quale innovazione introdusse?
Porro era un ostetrico lombardo nato nel 1842, laureato in medicina e chirurgia a Pavia nel 1865 e che poi aveva combattuto con Giuseppe Garibaldi. Successivamente aveva esercitato la medicina a Milano, occupandosi soprattutto di ostetricia. Nel 1875 ottenne la cattedra di clinica ostetrica all’Università di Pavia e di primario nell’Ospedale San Matteo dove, l’anno dopo, si trovò ad affrontare il caso difficilissimo di Giulia Cavallini, una donna incinta che palesemente non poteva partorire per vie naturali, in quanto il suo bacino era marcatamente deformato. Porro si trovò di fronte a una difficile scelta: effettuare il taglio cesareo come classicamente si faceva, salvando il bambino ma condannando la donna a una morte praticamente certa, oppure tentare un nuovo intervento che aveva già iniziato a concepire teoricamente. Decise per questa seconda possibilità. Durante un intervento drammatico Porro rimosse l’utero immediatamente dopo l’estrazione del bambino, stringendo il collo uterino con un serranodi per bloccare la vascolarizzazione dell’organo e dunque l’emorragia. Poi suturò la superficie trasversale di taglio del collo uterino alla ferita addominale abboccandola all’esterno dell’addome, minimizzando così la possibilità di infezione. Naturalmente la donna rimase sterile, ma questo era un ulteriore vantaggio, proprio quello che si voleva, perché rimanere incinta con un bacino deformato significava morire con certezza quasi assoluta.
Fu una vera rivoluzione ostetrica e umana che innescò l’idea che in quel tipo di chirurgia si potesse progredire salvando entrambi gli attori del parto, madre e bambino.

L’asportazione dell’utero poneva problemi di ordine morale ai cattolici.
In realtà il problema della sterilità della donna venne sollevato da colleghi, forse anche invidiosi del successo ottenuto da Porro. Si appellarono speciosamente al fatto che in qualche caso, anche con il classico taglio cesareo, la madre si era salvata. Allora Porro, che era cattolico, andò a consultare quella che considerava l’autorità etica di Pavia, il vescovo Lucido Maria Parocchi, noto e rispettato teologo tradizionalista. Questi lo ascoltò e poi si pronunciò affermando che se nelle cappelle romane si erano sempre fatti cantare i castrati, ritenendo in passato lecito l’intervento al quale erano stati sottoposti, a maggior ragione si poteva togliere la facoltà generativa anche a una donna per salvare due vite. Il caso di Edoardo Porro fu uno dei primi, nella storia della medicina, in cui un progresso tecnico pose subito anche un nuovo problema etico.

Cosa deve l’ostetricia moderna all’opera di Edoardo Porro?
Porro diede una svolta all’ostetricia, mettendo per la prima volta all’ordine del giorno, in maniera programmata, la possibilità di salvare non solo il bambino ma anche una madre con il bacino stretto, il canale del parto occluso o una atonia uterina. Fu un grande progresso pratico – l’intervento si diffuse in tutto il mondo – ma anche psicologico perché fece capire quanto la tecnica operatoria ostetrica potesse progredire. E dopo Porro gli avanzamenti furono molto rapidi e portarono all’attuale tecnica, non più demolitiva, ma conservativa, cioè con il mantenimento dell’utero. La tecnica introdotta dal chirurgo italiano, tuttavia, non è scomparsa totalmente dal mondo ostetrico; talvolta in condizioni estreme (ambulatori dei paesi del terzo mondo, situazioni contingenti) la rimozione dell’utero e il blocco della vascolarizzazione costituiscono l’unico modo per risolvere un’emorragia irrefrenabile.

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