
di Luigi Pirandello
A questa commedia, rappresentata per la prima volta nel 1921, «Pirandello dovette la crescita della sua fama a livello internazionale. L’idea fondamentale è quella di immaginare che un autore abbia creato con la fantasia sei personaggi, legati tra loro da una fosca vicenda familiare; ma dopo aver dato vita ai personaggi, ha impedito loro di vivere, perché, disamoratosi della vicenda, ha rinunciato a scrivere il romanzo o la commedia. Questi sei personaggi, il padre, la madre, il figlio, la figliastra, il giovinetto e la bambina, si presentano in un teatro dove un capocomico e la sua compagnia stanno provando Il giuoco delle parti di Pirandello: chiedono che il loro dramma sia rappresentato dagli attori, in modo che essi possano raggiungere la completa esistenza di personaggi. La proposta viene accolta con risa, ma anche con curiosità e sgomento, fin tanto che la compagnia si lascia tentare dalla nuova esperienza.
I personaggi, in particolare il padre e la figliastra, cercano di far capire il loro dramma agli attori che dovranno recitarlo; si coglie così, per accenni e allusioni, quale sia la vicenda: il padre aveva sposato la madre, donna di umili condizioni per mettere su una famiglia normale, secondo le regole. Ma la donna, che pure gli aveva dato un figlio, rimaneva estranea e distante; quando il padre si accorge che essa si trova a suo agio con un modesto contabile, favorisce la loro unione, permette che vada a vivere con lui, oppure, come afferma la figliastra, la spinge a questo, per liberarsi della moglie. Dopo la separazione e dopo che la madre ha generato una figlia con il nuovo compagno, il padre continua ad interessarsi alla vita della nuova famiglia; senza farsi vedere né riconoscere va a spiare la figlia della moglie, per vedere come cresce. Ma, quando la madre si accorge di questo, preferisce andare ad abitare altrove, facendo perdere le tracce. Il contabile muore, lasciando nella miseria la famiglia che si è accresciuta di altri due figli (il giovinetto e la bambina); la madre cerca di tirare avanti lavorando per la casa di mode di madama Pace, ma non riuscirebbe a mantenere i figli se la figliastra non accettasse di prostituirsi nel retrobottega della sartoria. È lì che un giorno incontra il padre; i due non si conoscono, ma prima che essi abbiano rapporti sopraggiunge la madre che scongiura il fatto. Spinto dalla vergogna, il padre accoglie in casa la madre con i tre figli «bastardi», suscitando così il risentimento del figlio legittimo; nell’atmosfera di rancore e di angoscia che regna tra i sei, scoppia il dramma finale: la bimba si annega nella vasca del giardino e il giovinetto si spara un colpo di pistola. Quando i personaggi si vedono rappresentati dagli attori, non si riconoscono, sentono la loro storia falsata dalla recitazione; ottengono perciò di rappresentare se stessi, ma giunti alla drammatica conclusione, quando risuona il colpo di pistola, la confusione tra realtà e finzione diventa completa: i personaggi scompaiono dal palcoscenico e il capocomico e gli attori si ritrovano attoniti, come dopo un incubo; ma è troppo tardi per riprendere le prove e tutti se ne vanno: le luci del palcoscenico si spengono.»