
Non dobbiamo però dimenticare che nel suo percorso di mitopoiesi, la massoneria ha riunito sotto il suo mantello una imponente schiera di tradizioni esoteriche, in un sincretismo che riunisce, oltre all’alchimia, il pitagorismo, il templarismo, l’astrologia, la qabbalah ebraica, l’ermetismo rinascimentale, il rosacrocianesimo e, in contesti nordici, persino il druidismo. È quindi difficile definire il confine tra queste due direttrici.
Un possibile approccio per identificare un giardino (o un monumento, una iscrizione, un simbolo o altro ancora) come massonico è quello di identificare come massonica o la committenza o la progettazione (e più spesso entrambe). Non dobbiamo poi sottovalutare, in ambito liberomuratorio, la trasmissione orale delle tradizioni che assegnano una valenza massonica a un’opera: ovviamente, questo non equivale ad avere prove documentali. In ambito massonico, il confine tra verità documentata e accertata falsità è solcato da una zona grigia di verosimiglianza, suffragata solo da prove indiziarie.
Dal punto di vista pratico, possono cogliersi segni liberomuratori negli elementi architettonici, nei disegni geometrici, nelle sculture e nei disegni ornamentali, così come nella scelta delle essenze arboree e arbustive. Nel deposito simbolico massonico molte piante rivestono un ruolo preciso: dall’acacia alla melagrana, dall’alloro all’ulivo, per arrivare alla rosa; proprio a questi simboli è dedicato un capitolo del libro.
Infine, alcuni giardini ospitano labirinti realizzati con siepi e filari di piante; e il labirinto è di per sè un fondamentale simbolo del percorso iniziatico, che ben rappresenta la difficoltà del cammino per arrivare all’obiettivo finale. Ai labirinti in generale, e al simbolismo ad essi associato, è dedicata un’intera sezione del volume.
Come si esprime, in città come Roma, Venezia e Torino, l’ispirazione muratoria?
Si tratta di tre città dai connotati esoterici e massonici molto forti, tanto che interi volumi sono stati dedicati a questi temi.
Di Roma – di cui si è occupata la penna di Velia Iacovino – mi piace citare l’intero quartiere Coppedé, che non a caso venne urbanisticamente approvato dalla giunta di Ernesto Nathan, mazziniano e per due volte Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia; si tratta di una piccola area compresa tra via Tagliamento, via Arno e via Clitumno, ricca di evidenti simboli massonici; ma voglio anche ricordare la cosiddetta Casina delle civette nel parco di Villa Torlonia, la cui struttura si deve all’architetto massone Giuseppe Jappelli, ma che ebbe tra gli artisti coinvolti – in particolare per le vetrate – anche il massone Paolo Paschetto, cui si deve tra l’altro il simbolo della nostra Repubblica.
Anche Venezia – affidata al saggio di Pietro Dalle Nogare – ha un enorme deposito di simboli tanto esoterici quanto massonici. Basterà qui ricordare la chiesa della Maddalena (una santa molto spesso “ripudiata” dalla Chiesa e proprio per questo, ma non solo, divenuta cara alla tradizione templare poi confluita in quella massonica); la costruzione della chiesa venne finanziata nel Settecento da una loggia veneziana e, secondo una tradizione tramandata di fratello in fratello, anche utilizzata come tempio massonico per qualche decennio. Inoltre, degno di grande attenzione è Palazzo Pisani, ora sede del Conservatorio, in cui sono stati rinvenuti, durante operazioni di recupero e restauro nel 2016, numerosi elementi indubitabilmente massonici. La massoneria, d’altronde, trovò ospitalità nella Repubblica di Venezia quando altrove veniva bandita e perseguitata.
Quanto a Torino – città magica ed esoterica per antonomasia – i suoi simboli massonici si trovano qua e là lungo un percorso ben individuato da Eusebio M. Roberto, cui è affidato il relativo saggio (non a caso uno dei più ponderosi del volume), che si snoda fra fontane, elementi decorativi di cancellate, portoni di case private, monumenti e chiese.
Quali forme assume in tali contesti la simbologia massonica?
Spesso si tratta simboli legati agli strumenti della tradizione muratoria: squadre e compassi, certo, ma non solo: regoli, scalpelli, maglietti, archipenzoli, livelle.
Altri simboli sono architettonici: coppie di colonne sormontate da melagrane (riprese dall’iconografia del tempio di Salomone così come riferita dalla Bibbia e in seguito assunta dalla Massoneria), ma anche elementi piramidali e sfingi che richiamano alla antica sapienza egizia. E, ancora, simboli ripresi dalla tradizione alchemica, astrologica, cabalistica e rosacrociana. E, infine, ci sono motti scolpiti in architravi o monumenti, o su lapidi, di chiaro sapore liberomuratorio (cito ad esempio “Sapientia aedificabit sibi domum” – La sapienza si è edificata una dimora – sull’architrave della facciata della già citata chiesa della Maddalena a Venezia).
Quali, tra i simboli e i luoghi esoterici elencati nel volume, ritiene tra i più significativi?
Se non fosse una risposta troppo diplomatica, direi che ognuno dei luoghi citati merita una visita per il proprio valore, di volta in volta storico, artistico, simbolico, spirituale.
Tuttavia, provo a identificarne alcuni, uno per ogni sezione del libro, per la valenza che essi hanno, almeno nel mio personale giudizio.
Inizierei dal parco massonico di Ciucioi a Lavis, in val di Cembra, ovvero nella bassa valle dell’Avisio, un giardino massonico di rara bellezza, recentemente restaurato e reso fruibile al pubblico; fu fortemente voluto dall’eccentrico Tommaso Bortolotti, in seguito sindaco della cittadina trentina, ed ospitò anche i lavori di una loggia. Il saggio relativo è affidato dal co-curatore (ma in realtà ideatore in toto di quest’opera) Giovanni Greco.
Tra i labirinti mi piace citare quello del giardino di Villa Silvio Pellico a Moncalieri: ideato e disegnato dall’architetto paesaggista Russell Page negli anni ‘50 del XX secolo, su incarico degli allora proprietari della villa: Giorgio Ajmone Marsan e Umberta dei Baroni Nasi. Dunque, anche se nulla lega il labirinto all’originario proprietario della villa – il celeberrimo autore de Le mie prigioni – è suggestivo immaginare un filo sotterraneo che lega l’esperienza risorgimentale a un simbolo così potente come il labirinto.
Tra i borghi segnalo il paese di Rosazza, nel biellese, completamente rinnovato nella seconda metà dell’Ottocento sotto forme e simboli muratori dal visionario sindaco Federico Rosazza Pistolet – mazziniano, aderente alla Giovane Italia e poi alla Massoneria – con l’appoggio artistico del pittore Giuseppe Maffei – nell’occasione prestatosi all’architettura -, convinto cultore delle pratiche spiritiche: un intero paese in forma massonica, non senza quelle derive occultistiche che segnarono, a cavallo tra XIX e XX secolo, molte esperienze muratorie (soprattutto in Inghilterra, ma anche – come dimostra Rosazza – nel nostro Paese).
Tra gli altri simboli e luoghi e d’ispirazione esoterica mi è facile citare – me ne sono occupato personalmente – la Rocca di Sassocorvaro, in provincia di Pesaro e Urbino, una singolare costruzione che l’architetto Francesco di Giorgio Martini edificò su indicazione del proprietario Ottaviano degli Ubaldini della Carda, uomo ombra – e forse fratello di sangue – di Federico da Montefeltro: era, Ottaviano, uomo di cultura anche esoterica e profondo conoscitore della astrologia e della alchimia, e volle la rocca in forma di tartaruga, con una chiara allusione all’animale che forse più di ogni altro rappresenta il lavoro dell’alchimista: la sua lentezza rappresenta la pazienza dell’alchimista, la longevità simboleggia l’eternità delle leggi che egli aspira a trovare. Da pochi anni la rocca ospita un piccolo museo alchemico con annessa biblioteca, lascito di un alchimista contemporaneo da poco scomparso, Enrico Guidazzi di Cervia.
Ma, ripeto, sebbene il volume sia inteso come una raccolta di saggi, può essere utilizzato come una preziosa guida turistica che condurrà il lettore in giro per un’Italia meno conosciuta, ma non per questo meno interessante.
Di quale valore è questo enorme patrimonio di memorie e percorsi iniziatici?
Dobbiamo a mio avviso distinguere due aspetti: alcuni dei luoghi citati sono stati ideati come un vero e proprio percorso iniziatico. Essi uniscono in sé, quindi, sia un valore storico e artistico (molti hanno vincoli imposti dalle sovrintendenze), che uno propriamente spirituale, che, senza una guida, può essere colto solo da chi conosca il deposito simbolico della massoneria.
Altri, invece, appartengono a un filone che ha a che fare con una tendenza che molti massoni hanno avuto – e, garantisco, continuano ad avere, in Italia e non solo -, quella di lasciare tracce della propria appartenenza liberomuratoria: una specie di “gioco”, di “caccia al tesoro”, che denota però l’orgoglio profondo di una identificazione con un ordine iniziatico plurisecolare. E questo non capita solo a cittadini comuni – magari benestanti a sufficienza da possedere un giardino – ma anche a grandi uomini di cultura: sono innumerevoli le opere di massoni che lasciano tracce della loro appartenenza nelle loro opere: da Mozart e Beethoven a Wagner e Sibelius nella musica, da Foscolo e Puskin a Quasimodo e Kipling, nella letteratura. Un piano di lettura spesso ignorato anche da grandi critici, a volte per mancata conoscenza, altre – temo – per una pregiudiziale antimassonica dura a morire.
A dispetto di un certo ostracismo culturale, oggi sempre più studi dimostrano quanto abbia inciso, nel determinare il percorso artistico, culturale e politico di certi personaggi, la loro esperienza di massoni.
Marco Rocchi, classe 1962, laureato in Scienze Biologiche e in Filosofia, è professore ordinario di Statistica Medica all’Università di Urbino. Sulle tradizioni esoteriche e massoniche ha pubblicato oltre un centinaio di saggi tra articoli e monografie, tra cui Luce dal tenebroso chaos (Mimesis 2014) e Rinato nella pietra: psicologia e antropologia della iniziazione massonica (Tipheret 2014). Ha commentato in chiave massonica “Pinocchio” (Tipheret 2016), “Il libro della jungla” (Tipheret 2017), “Le donne curiose” (Tipheret 2018) e, con Davide Riboli, “Un uomo che volle farsi re” (Tipheret 2019). Ha pubblicato inoltre Speroni e grembiuli. L’epopea massonica nel West (Tipheret 2019) e Anche i massoni nel loro piccolo… (Tipheret 2021), una raccolta di battute umoristiche di noti personaggi massoni. È attualmente nel comitato di direzione di “Nuovo Hiram”, rivista del Grande Oriente d’Italia.