
I nostri ricordi scolastici sorvolano su ciò che abbiamo appreso, per focalizzarsi su ciò che ci ha svagato o emozionato. E raramente ciò che abbiamo appreso ci ha divertito o emozionato, ci è sembrato invece come un travaso dei contenuti dei libri o delle lezioni dei docenti, all’interno della nostra calotta cranica.
Noi desideravamo docenti in grado di trasmettere conoscenze adornate di emozioni, eravamo affamati di emozioni, volevamo sempre nuove sensazioni. Ma così non era e così non è neppure ai giorni nostri. Anzi adesso è ancora peggio in quanto per la legge di causa-effetto, la causa di ogni causa è causa dell’effetto. Per cui considerando che la cultura porta al miglioramento delle condizioni di vita, chi procura cultura rende la vita più facile. Ma la cultura che porta al miglioramento delle condizioni di vita, cioè all’agiatezza, non proviene solo dalla scuola. Il mondo che ci circonda, dalla televisione a internet, è un pullulare di cultura, e quella della scuola è la cultura meno spendibile non solo per vivere meglio in società ma persino per trovare un lavoro. Sono gli stessi insegnanti, in quanto bandiera di questa cultura, a trasferire ai giovani questo semplice concetto, con il loro modesto tenore di vita, la scarsa considerazione sociale cui godono, l’atteggiamento rassegnato, a volte assente, con cui si relazionano col mondo esterno alla scuola. In più sono ancora convinti della superiorità della loro cultura, quella scolastica, rispetto alle altre, e guardano con aria di supponenza quella che propina il mezzo televisivo. Il guaio è che la televisione ha conquistato la volontà dei giovani, e l’attenzione con cui costoro seguono certi programmi, per un docente che fa la sua brava lezioncina in classe è un sogno. Ormai, per far digerire una sola motivazione allo studio, ci vogliono quintali e quintali di persuasione. Ma una volta compresa questa necessità, come procacciarli? Non ci sono negozi che vendono persuasioni, bisogna produrli in proprio.
La scuola quindi, riforma dopo riforma, si è indirizzata nella produzione artigianale di persuasioni, uno dei quali, ufficialmente noto come Esame di Stato, è stato astutamente propalato come Esame di Maturità in modo da essere più persuasivo nel generare motivazioni allo studio, sia agli studenti che a tutti gli altri, genitori compresi.
Purtroppo tutte queste persuasioni non hanno persuaso nessuno, sia dentro che fuori la scuola, ed il motivo è comprensibile ad alcuni, mentre gli altri possono appurarlo leggendo questo libro. In verità anche leggendo questo libro tanti dubbi rimangono e sono gli stessi dubbi, più o meno, che ho io come autore. Ma allora perché leggerlo? Perché è sempre meglio avere qualche dubbio che non averne affatto.
Compresa quindi la necessità di leggere questo libro, che forse è più appropriato definire pamphlet, aggiungo che in esso si affronta il fallimento della scuola sia come luogo di apprendimento che di crescita morale, e lo si affronta nell’unico modo possibile: in forma di racconto che per la sua cruda realtà, per l’ambientazione e i personaggi, è di per sé comico come può apparire comico uno che, scivolando su una buccia di banana, fa una piroetta, perde l’equilibrio, cade per terra e si spacca il cranio.
Chiarito ciò di cui parla il volume in oggetto, passo ad elencare le posologie, controindicazioni ed effetti collaterali del libro, in base alle tipologie dei lettori, che nel nostro caso sono due: insegnanti, e non insegnanti.
Iniziamo dagli insegnanti:
- La lettura va somministrata lontana dai pasti e mai alla sera per chi soffre d’insonnia.
- Le dosi consigliate sono venti-trenta pagine nell’arco di 24 ore, in modo da consentire il lento assorbimento di ogni cognizione di causa ed evitare quindi concause.
- Se si decide di usare il libro sbattendolo sotto il naso del preside col proposito di fargli leggere il titolo, abbiate almeno l’accortezza di farlo in presenza di testimoni. Si sono infatti verificati casi in cui il preside l’ha considerato come oltraggio a pubblico ufficiale.
- Non porre troppo affidamento nella lettura del testo, essa (lettura) allevia il male ma per guarire è necessario il lento processo di metabolizzazione degli argomenti trattati. Lasciate che essi digeriscano dentro di voi e attendete senza ansia il decorso della malattia verso la guarigione.
- Se la lettura vi delude non strappate le pagine né buttate il libro nel cestino: in molti casi infatti c’é stato un ripensamento e la voglia di risfogliare il libro nella speranza di trovarvi qualcosa di utile per malattie analoghe.
- È sconsigliato prestare il libro: potreste essere accusati di adescamento all’affrancamento dal ruolo di insegnante, che deve sempre rimanere nell’ambito dell’obbedienza ai poteri costituiti, pur se destituiti da ogni fondamento.
- Tra gli effetti collaterali sono da annoverare i casi di presa di coscienza, presa d’ira, presa di corrente elettrica trifase. In tali frangenti si consiglia di stare calmi e farsi una doccia. Dopo un paio d’ore tutto si allevia e tornerete rilassati come eravate prima d’aver letto il libro. Unico inconveniente la fame. Sì, avrete molta fame, fame da tentare di rosicchiare la cattedra. Non preoccupatevi è solo un effetto collaterale di breve durata.
Per i non insegnanti:
- Durante la lettura può insorgere, nei genitori, una diffusa sensazione di consapevolezza nelle zone più sensibili del cervello, che può causare atteggiamenti punitivi verso i figli in età scolare. In tali frangenti è necessario non allarmarsi e rimanere in attesa. L’effetto infatti dura poco, a volte solo pochi secondi.
- Nei lettori senza prole o con figli che non frequentano le scuole, possono manifestarsi atteggiamenti di rabbia e senso di disorientamento che può comportare fenomeni di impotenza sessuale di durata variabile da sessanta a centoventi minuti. Dopo però la libidine salirà alle stelle.