Scire futura licet. Input filologici nel terzo millennio” di Antonello Fabio Caterino

Scire futura licet. Input filologici nel terzo millennio, Antonello Fabio CaterinoProf. Antonello Fabio Caterino, Lei è autore del libro Scire futura licet. Input filologici nel terzo millennio edito da Aracne. Il libro lega tradizione e innovazione, in un percorso che dal Rinascimento porta al futuro, al mondo dell’informatica umanistica: quale valore assume oggi la filologia e come è destinata ad evolvere?
La filologia credo sempre assuma – in ogni epoca – valore in qualche modo fondativo, o comunque incipitario. L’etimo stesso di filologia rimanda all’amore per la parola. All’inizio del Vangelo di Giovanni viene affermato “in principio era il verbo”. In ambo i casi si tratta del concetto greco di Logos, un concetto così grande che diventa divino e precede il tempo e la storia stessa. Ne potrebbe verosimilmente conseguire che il filologo è il mestiere più antico del mondo. Penso quindi che ogni studio rivolto a un testo non possa prescindere da un approccio filologico, ma che poi debba ragionevolmente evolvere verso altre sponde ermeneutiche. Troppa filologia è come troppo ossigeno: fa male!

Nella prima parte del volume, Lei illumina alcune figure poco note di scrittori del nostro Cinquecento: chi sono e qual è la loro importanza?
Il Cinquecento letterario italiano fu un secolo bizzarro: le voci che intellettualmente si levarono e si scontrarono (è il secolo delle polemiche letterarie) furono davvero tante. Vi era un gran bisogno di definizioni, di canone, di regole, di norme da una parte, e dall’altra come un desiderio concettista, tardocortigiano e forse ancora un po’ quattrocentesco di eludere ogni schema e di stupire. Ho sempre adorato il secolo sestodecimo per le sue contraddizioni interne, figlie di un Rinascimento maturo pieno di dubbi e perplessità, ben lontano dall’essere l’epoca intellettualmente stabile che si desume dai libri scolastici. L’uomo è protagonista del vivere sociale e civile, ma questo implica responsabilità intellettuali molto importanti, che pesano come macigni sulle coscienze dei protagonisti della vita letteraria. Nello specifico del libro, entro in un ambiente di dissidenza letteraria nel Cinquecento veneziano: il “circolo” degli Abati Corner, famiglia di prelati outsider le cui idee si contrapponevano con forza al protopurismo del Cardinal Bembo. La figura che più ha destato il mio interesse è Antonio Brocardo, un ragazzotto impertinente ma straordinariamente erudito che negli ultimi anni della sua breve vita ebbe da lamentarsi con piglio amaro delle scelte formali del Bembo. Mi soffermo anche su Trifone Gabriel, dotto Cinquecentesco, considerato tra gli uomini più colti del suo tempo, ma che ci lasciò ben poco di scritto, nonché su Mario Colonna, poeta del tempo di Cosimo I de Medici, il cui amore per la bella Fiammetta Soderini fu immortalato in numerosi e magnifici affreschi poetici, di squisito gusto prosodico.

Nel libro descrive due progetti da Lei fondati e diretti nell’ambito delle digital humanities: su cosa vertono? 
Nella mia vita scientifica gli approcci al testo sono sempre stati principalmente due: quello linguistico-filologico e quello digitale. Chiudere gli occhi di fronte alla realtà non è mai un comportamento degno di un uomo di scienza. Le digital humanities sono l’inevitabile futuro dei nostri studi: hanno da offrire un piglio interdisciplinare e uno strumento speculativo ben più affinato. Se i dati ricavati da indagini informatizzate sono ben escussi (ma questo è fondamentale in ogni disciplina), i risultati rispetto a prima sono sorprendentemente più precisi.

Mi onoro nel dirigere attualmente, e di aver illo tempore fondato (non senza j’accuse dei più tradizionalisti), i progetti FRI – Filologia Risorse Informatiche (https://fri.hypotheses.org) e PoLet500 – Polemiche Letterarie del Cinquecento: il primo una mappatura del web utile all’umanista con annessa rivista; il secondo una schedatura telematiche delle querelle letterarie che caratterizzarono il mio caro Cinquecento. Entrambi i progetti sono patrocinati dalla Regione Molise e sono parte del Polo Molisano di Informatica Umanistica, interno al Centro di Ricerca “Lo Stilo di Fileta”. Speriamo in tal senso di poter – come sempre – essere utili.

Antonello Fabio Caterino (San Giovanni Rotondo, 10/12/1988) è un docente universitario, filologo, linguista, storico della lingua italiana ed esperto di retorica e interpretazione dei testi. Ha diversi incarichi di ricerca presso prestigiosi istituti e italiani. È fondatore e direttore del Centro di Ricerca “Lo Stilo di Fileta”. È tra i più giovani professori a contratto in Italia nel proprio settore scientifico disciplinare, nonché il più giovane direttore di rivista nell’ambito dell’italianistica. Per l’anno 2018/19 è stato professore a contratto di filologia italiana presso l’Università degli Studi del Molise, dove tuttora svolge attività didattica e di ricerca, come anche presso il dipartimento di Beni Culturali dell’Alma Mater – Università di Bologna. È laureato in lettere, specializzato in filologia moderna (Sapienza), e ha due dottorati: uno in italianistica (Université de Lausanne), uno in retorica e interpretazione del testo (Università della Calabria). Dirige una casa editrice, Al Segno di Fileta, la più grande realtà editoriale accademica del Molise. È socio ordinario della Società dei Filologi della Letteratura Italiana (SFLI), presso l’Accademia della Crusca. Si occupa, oltre che di italianistica e filologia italiana, di fortuna dell’antico nelle letterature moderne, di linguistica computazionale e informatica umanistica.

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