«La poesia è in assoluto una delle più celebri di Ungaretti. I versi, liberi ma con una prevalenza di quinari (1, 2, 7, 8), sono riuniti in strofe, con una struttura parallela: la prima allude alle distruzioni materiali, la seconda alla morte dei commilitoni, di molti dei quali non è rimasto neppure un brandello. Le altre due strofe hanno solennità epigrammatica, scandita dalla ripetizione di «cuore» ai versi 9 e 11. È interessante confrontare con la stesura definitiva la redazione originale (1916): si può misurare con evidenza il processo di progressiva scarnificazione del testo: in «che qualche / brandello di muro / esposto all’aria» cade l’aggiunta (che forse alludeva al successivo possibile degrado dovuto alle intemperie); in «non è rimasto / neppure tanto / nei cimiteri» la precisazione finale allude al dramma dei morti senza nome, quelli che dopo la guerra saranno celebrati attraverso la liturgia del “milite ignoto”; in «Perché io guardi al mio cuore / come a uno straziato paese» cade perché, che interrompeva la sequenza di frasi assertive, tutte principali (tranne la relativa del verso 6) e la similitudine «come a uno straziato paese» è sostituita dalla metafora «il paese più straziato».
San Martino del Carso (L’allegria)
Valloncello dell’Albero Isolato il 27 agosto 1916
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
[5] Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
Ma nel cuore
[10] nessuna croce manca
È il mio cuore
il paese più straziato
6 che mi corrispondevano: che conoscevo, di cui ero amico