S’i’ fosse foco (Rime)
Sonetto molto noto che anche Fabrizio De André mise in musica nel 1968. Cecco effonde il suo malumore contro tutto e tutti, in un grottesco assemblaggio che non risparmia nemmeno Dio e i genitori. Ma l’ultima strofa svela l’intenzione scherzosa e tutto si stempera nella battuta finale: quel che gli sta a cuore sono le facili avventure amorose. L’apparente elementarità dell’impianto in realtà cela un’indubbia sapienza espressiva. La prima strofa è rappresentata da quattro periodi ipotetici (e non era facile condensare ciascuno in un endecasillabo); nella seconda, i periodi ipotetici sono due, alternati; nella terza, due in successione; nella quarta uno solo. Inoltre, i primi tre versi «chiamano in causa gli elementi naturali costitutivi del mondo, posti in una precisa gerarchia decrescente, che rispecchia quella cosmologica: fuoco, aria (vento), acqua»; i versi 3, 4, 7, ancora in ordine decrescente, i massimi punti di riferimento per un uomo del Medioevo (da Dio al papa, suo vicario in terra, all’imperatore); il verso 12 si apre con la protasi dell’irrealtà («S’i’ fosse»), ma riconduce subito alla realtà, con la certezza del modo indicativo: «com’i’ sono e fui». Gli ultimi due versi presentano un chiasmo: verbo + oggetto nel 13, oggetto + verbo nel 14.
Linguisticamente, sono tenui le tracce del senese, anche perché nessuno dei manoscritti che hanno trasmesso poesie di Cecco è stato scritto da un concittadino. Da notare solo esempi della conservazione del gruppo ar in protonia (che in fiorentino, e quindi in italiano, passa ad er): tempestarei (2), embrigarei (6), mozzarei (8), andarei (9), accanto a annegherei (3) e lasserei (14).
S’i’ fosse foco, ardere’ il mondo;
s’i’ fosse vento, lo tempestarei;
s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei;
s’i’ fosse Dio, mandereil en profondo;
[5] s’i’ fosse papa, serei allor giocondo,
ché tutt’i cristïani embrigarei;
s’i’ fosse ’mperator, sa’ che farei?
a tutti mozzarei lo capo a tondo.
S’i’ fosse morte, andarei da mio padre;
[10] s’i’ fosse vita, fuggirei da lui:
similemente faria da mi’ madre.
S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre:
le vecchie e laide lasserei altrui.
4 mandereil en profondo: lo farei sprofondare (al condizionale segue il pronome lo, apocopato)
6 embrigarei: metterei nei guai
7 sa’ che farei?: Giunta sottolinea il “tu diatribico”, proprio del dialogo e consistente nel rivolgersi a un interlocutore immaginario con un’interrogativa: «un tratto della lingua parlata che ci è familiare ancora oggi. “Ma sai che faccio? Io…”»
8 a tondo: di netto
13 torrei: prenderei; da togliere, qui in un’accezione arcaica, che però vive, cristallizzata, nell’interiezione toh! con la quale porgiamo qualcosa a qualcuno o gli diamo uno schiaffo (il passaggio semantico è ‘leva qualcosa da una parte e prendilo su di te’)