
Quali vicende segnarono i rapporti tra Romania e Italia nel periodo dalla Grande Guerra?
Innanzi tutto vi fu il momento della scelta iniziale, nel luglio del 1914, che per entrambi i paesi fu la neutralità, pur essendo legati da un’alleanza agli Imperi Centrali. Qui fu decisiva la decisione del governo italiano. Fu infatti la neutralità dichiarata dall’Italia a dare al primo ministro romeno Ion I.C. Brătianu il sostegno decisivo per vincere la disputa con la fazione favorevole alla Germania, invero minoritaria, che contava però sul sostegno del re. La notizia della decisione italiana giunse infatti nel bel mezzo di un consiglio della Corona e mise a tacere qualsiasi opposizione alla volontà del capo del governo di dichiarare la neutralità. A segnare i rapporti tra Romania e Italia furono poi le fasi stesse del conflitto. Successi e fallimenti dei due schieramenti furono all’origine di tentennamenti all’interno della dirigenza romena quando ormai questa, anche in questo caso ad imitazione dell’Italia, si muoveva in direzione di un ingresso in guerra al fianco dell’Intesa. I due governi continuarono del resto a dialogare nella speranza di coordinare le proprie azioni fino alla primavera del 1915, quando la decisione dell’Italia di dichiarare guerra indipendentemente dalla possibilità romena di fare altrettanto lasciò pericolosi strascichi nei rapporti tra i due paesi. Roma sostenne però nei mesi successivi le richieste del governo romeno in trattativa con l’Intesa, ma una volta entrata in campo anche la Romania, questa divenne inevitabilmente un feudo politico-militare francese, anche a causa della diffidenza e delle difficoltà nei rapporti con la Russia.
L’Italia riprese a svolgere un ruolo significativo solamente verso la conclusione del conflitto e ancor più durante la conferenza di pace.
Come si articolò la collaborazione tra i due paesi durante la Conferenza della pace di Parigi?
Questa è la fase in cui più tormentati furono i rapporti tra i due paesi. Da una parte vi erano interessi comuni, in primo luogo limitare le ambizioni jugoslave, che tuttavia andarono incontro a diverse incomprensioni abilmente sfruttate soprattutto dalla Francia, interessata a ritagliarsi un’esclusiva zona d’influenza nella regione danubiano-balcanica. A Parigi la delegazione italiana sostenne costantemente le richieste romene per quanto da ciò le venissero ben pochi riconoscimenti. In fin dei conti entrambi i paesi dovettero fare i conti con una realtà che li vedeva in una posizione d’inferiorità rispetto alle altre potenze. A queste difficoltà in qualche caso i due governi reagirono in modo analogo. È poco noto infatti che anche la delegazione romena lasciò per protesta i lavori della conferenza, così come poco prima avevano fatto gli italiani.
La collaborazione durante la Conferenza della pace fu a tutti gli effetti difficile, faticosa e irta di ostacoli imprevisti. Su tutto ciò aleggiava una sfiducia che sembrava ormai impossibile fugare del tutto. Nonostante ciò si provò a lavorare insieme e per quanto questo non venisse riconosciuto sul momento, e anche in seguito in realtà, l’Italia lavorò molto per sostenere la Romania. Con l’estate del 1919 tuttavia le strade dei due paesi si fecero sempre più distanti mentre andava configurandosi il nuovo equilibrio europeo che avrebbe finito per mettere Italia e Francia in competizione. In questa prospettiva la Romania avrebbe finito per scegliere Parigi con ovvie conseguenze sui suoi rapporti con l’Italia. Ma qui ci addentriamo già nella realtà degli anni Venti.
Alessandro Vagnini è Professore Associato di Storia delle Relazioni Internazionali presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Ha svolto studi e ricerche relativi alla politica internazionale in Europa ed Estremo Oriente e alla storia militare. Collabora con l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore della Marina e l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito. Tra le sue pubblicazioni: La Regia Marina e le questioni navali alla Conferenza di Parigi (2020); Italia e Balcani nella Grande Guerra. Ambizioni e realtà dell’Imperialismo italiano (2016); Ungheria. La costruzione dell’Europa di Versailles (2015).