
Questa situazione termina con il secondo evento decisivo del periodo. Davanti alla crescente aggressività del regno longobardo in Italia, cui l’impero non riesce ad opporre una resistenza efficace, il papato, la cui autorità nel governo di Roma è cresciuta col tempo, si rivolge ai Franchi, divenuti la maggior potenza nell’Europa occidentale post-barbarica, chiedendo di essere difeso da loro, insieme alla città di Roma. L’intervento militare dei Franchi, avvenuto in più riprese nella seconda metà dell’VIII secolo, mette fine al regno longobardo, ma anche alla sovranità bizantina in Italia; all’impero resteranno solo la Sicilia e le ultime propaggini meridionali della penisola. Infatti i Franchi “donano” a san Pietro, in realtà al papa, le provincie già bizantine dell’Italia centrale liberate dai Longobardi, compreso il Lazio e Roma. Da allora i papi diventano la massima autorità di governo della città; una situazione istituzionale che, sia pure tra alti e bassi, durerà fino al 1870.
Il terzo evento epocale è l’incoronazione del re dei Franchi Carlomagno come imperatore, compiuta a Roma dal papa Leone III nel Natale dell’anno 800. Un fatto inaudito e rivoluzionario che ha l’effetto di trasformare l’occidente europeo a guida franca in impero contrapposto a quello di Bisanzio, che si considerava la diretta prosecuzione dell’antico impero romano. Nasce così l’impero medievale, questa singolare istituzione politico-religiosa che influenzerà durevolmente la storia d’Europa ben oltre i termini convenzionali del Medioevo. In questo nuovo impero Roma ha una posizione centrale, perché per molti secoli non si potrà assumere la dignità imperiale se non a Roma e per mano del papa. Inoltre cambia la posizione del papato, che svincolandosi dal nesso bizantino non deve più condividere la guida della chiesa cristiana con il patriarcato di Costantinopoli, e che diventa senza contestazioni la massima autorità ecclesiastica del nuovo impero. Così Roma viene saldamente agganciata all’evoluzione dell’Occidente europeo di cui diventa una parte strutturalmente costitutiva.
Qual è il panorama sociale e politico a Roma nei primi secoli del medioevo?
Il panorama sociale, economico e culturale di Roma tra VI e IX secolo può dividersi in due periodi di segno opposto, che vanno di pari passo con le vicende politiche: un primo, lungo periodo che può definirsi di resilienza ed uno successivo di ripresa ed espansione. Perché usare il concetto di resilienza per i secoli dal VI fino a buona parte dell’VIII? In quei secoli la popolazione romana dovette affrontare difficoltà gravissime, che perdurarono a lungo. L’invasione longobarda dell’Italia, che a più riprese minacciò la stessa Roma, soprattutto la separò dalle altre regioni d’Italia e a tratti dal suo stesso territorio regionale, rendendo difficili anche i rifornimenti alimentari. Ma non furono soltanto gli eventi politico-militari a condizionare la vita della città. Vi fu probabilmente un peggioramento climatico che compromise i raccolti e si manifestò anche in eventi estremi, come disastrose alluvioni. Dalla metà del VI secolo epidemie di peste e vaiolo ripetute per più di un secolo decimarono la popolazione che si ridusse drasticamente: a metà del V secolo gli abitanti erano circa mezzo milione; un secolo più tardi il loro numero si aggirava tra i 15 e i 30.000. La resilienza si manifesta nel fatto che Roma non perse i caratteri urbani. Niente di più erroneo che immaginarla come un sito semideserto in cui pochi sparuti abitanti sopravvivevano in condizioni primordiali. Nel VII secolo a Roma c’è un palazzo imperiale dove risiede il governatore bizantino; vi sono tribunali che hanno una propria sede monumentale; una zecca che conia monete di bronzo, d’argento e d’oro; una guarnigione militare; officine che producono eleganti oggetti di abbigliamento; un porto dove arrivano vascelli dalla Sicilia e dall’Africa portando merci di pregio; una chiesa che controlla efficacemente la topografia ecclesiastica della città e la potenzia anche con nuove costruzioni. Il dato numerico della popolazione romana può sorprendere se rapportato a quello dell’età imperiale, ma è alto rispetto alle condizioni del tempo in tutta l’ Europa: in Gallia e Spagna le città già romane contavano ormai da 1000 a 3000 abitanti; la stessa Costantinopoli nel VII secolo non aveva più che poche decine di migliaia di abitanti. In un’epoca di crisi demografica di portata continentale, le cui cause sono difficili da accertare, Roma restava una tra le città più popolose. Non vi è dubbio però che tutte le attività sociali e la stessa gestione della città vennero dimensionate su questo numero ridotto di abitanti. Così, per esempio, venne meno la necessità di abitare nei grandi condomini dell’età classica e si diffuse la tendenza all’abitazione monofamiliare, magari ricavata all’interno di strutture edilizie preesistenti, ma dotata dei servizi essenziali come pozzi, forni e immondezzai che potevano renderla autonoma.
La popolazione ridotta non era però statica. Il fenomeno più importante è la formazione di un nuovo ceto aristocratico che sostituisce la vecchia aristocrazia senatoria, giunta alla completa estinzione già agli inizi del VII secolo. È un ceto di origine militare, inquadrato nelle istituzioni del governo bizantino, che però si radica in città e nel territorio circostante e assume presto funzioni di governo e di rappresentanza della città, anche nei confronti del governo centrale. Anche la popolazione romana si organizza in forme nuove e sviluppa la coscienza di costituire un soggetto politico autonomo all’interno dell’organizzazione imperiale; capace anche di sindacare l’operato degli imperatori. Sono le condizioni sociali che fiancheggiano e danno consistenza all’acquisizione della sovranità su Roma da parte dei papi e che ne avrebbero poi condizionato l’esercizio.
Il successivo periodo di espansione decolla dalla seconda metà dell’VIII secolo. Il consolidamento del dominio temporale del papato sotto la tutela dei Franchi fa affluire a Roma nuove risorse finanziarie che rendono possibile una politica di ripristino urbano. La ricchezza che il papato trae dall’esercizio delle funzioni sovrane nei vasti territori divenuti patrimonio di san Pietro viene immessa in vario modo nella città: attraverso la carità ecclesiastica certamente, ma anche con la costruzione di nuove chiese che arricchiscono il patrimonio monumentale della città e sono oggetto di ammirazione per i forestieri che la visitano, contribuendo ad aumentare il prestigio della chiesa romana. Altre iniziative edilizie sono destinate alla manutenzione delle mura, degli acquedotti, delle vie porticate che conducono alle basiliche extramuranee. L’edilizia diventa un volano dell’economia di Roma. I papi distribuiscono ricchezza anche in altro modo: con la largizione rituale di moneta coniata in particolari occasioni solenni; con la commissione di opere d’arte e arredi per le chiese. I patrimoni fiscali della chiesa vengono utilizzati come appannaggio delle grandi cariche amministrative, ma anche concessi in forme di leasing a grandi e piccoli usufruttuari. La città diventa autosufficiente dal punto di vista alimentare e si creano anche surplus di ricchezza che stimolano attività artigianali e commerciali. La popolazione aumenta. Sebbene non sia possibile ricostruire attendibilmente le dinamiche demografiche della popolazione residente, si sa per certo che affluiscono a Roma nuclei di popolazione che vengono da fuori: Greci che provengono dalla Campania e dalla Sicilia; Anglosassoni, Franchi, Longobardi che si insediano intorno alla basilica di San Pietro dando origine a veri villaggi etnici, che hanno proprie chiese e propri luoghi di riunione. La crescita della popolazione può essere desunta anche dalla moltiplicazione delle istituzioni di accoglienza e di assistenza destinate ai forestieri, ma anche ai cittadini. È possibile che la ripresa demografica fosse favorita da un miglioramento delle condizioni climatiche, che sembra interessare tutta l’Europa dal tardo VIII secolo e che poté avere un effetto positivo anche sulla produttività del territorio regionale. La struttura sociale della città si consolida e si qualifica nelle funzioni e nell’identità. L’aristocrazia ridà vita all’antica istituzione del Senato, ormai sciolto dal rapporto con l’impero e inteso come istituzione tipicamente cittadina. Recupera anche gli antichi titoli delle magistrature – consoli, maestri delle milizie – rifacendosi a una tradizione di grandezza cittadina, gloriosa anche se mal conosciuta, e si pone decisamente come organo amministrativo e politico che collabora col papa nel governo della città. Anche la popolazione si organizza in forme istituzionali originali, associazioni di natura militare, territoriale o etnica, che hanno propri organi di governo e propri segni distintivi e partecipano alla vita politica della città. Aristocrazia e popolo considerano il papato come istituzione fondamentalmente cittadina; rivendicano un ruolo determinante nella scelta e nell’elezione dei pontefici, i quali per parte loro condividono e promuovono l’esaltazione di Roma, come città la cui tradizione è insieme sacerdotale e regale.
Nella seconda parte del IX secolo le condizioni esterne che hanno reso possibile questa espansione si modificano però drammaticamente; viene meno la sicurezza, minacciata da un nuovo aggressore: i Saraceni che vengono dall’Africa. L’ordine assicurato in Italia dall’impero carolingio va in frantumi insieme allo stesso impero. Le risorse economiche del papato collassano. La struttura sociale e l’ideologia cittadina di Roma però resistono e costituiscono le forze che nel secolo successivo avrebbero rimodellato la fisionomia della città adeguandola alle nuove condizioni.
Quali sono le figure più rappresentative di questo periodo?
Non vi è dubbio che le figure più rappresentative siano quelle di alcuni papi, e questo non solo per quanto riguarda la storia della chiesa o le vicende politiche, ma proprio per il ruolo che svolsero già nella promozione e successivamente nel governo della città. La più eminente è la figura di Gregorio Magno, che fu papa dal 590 al 604. Un uomo appartenente ancora al mondo antico, per il quale i valori erano l’impero romano visto come ambito irrinunciabile di ordine e giustizia, e la tradizione apostolica della chiesa di Roma. Animato da questi valori sostenne in più modi la resistenza della città davanti alle ripetute aggressioni longobarde; contestò aspramente l’inefficienza dell’impero nella difesa dell’Italia e la sua pretesa di negare la preminenza della sede romana sulle altre sedi patriarcali, in particolare quella di Costantinopoli; rivendicò tenacemente il ruolo ideale che spettava a Roma nella configurazione sia civile che religiosa dell’impero, anche nella sua nuova dimensione bizantina. Divenne così il modello cui si rifecero molti suoi successori nel papato. Un altro papa di grande personalità è Adriano I, che alla fine dell’VIII secolo promosse e realizzò una grandiosa ricostruzione urbanistica della città di Roma dopo un lungo periodo di stagnazione, ripristinando mura e acquedotti, potenziando le opere assistenziali, restaurando le grandi basiliche e arricchendone gli arredi, con un’azione sistematica e durevole che suscitò l’ammirazione dello stesso Carlomagno, il quale si dichiarò alunno oltre che amico del papa. Altri papi di personalità meno definita svolsero però un ruolo decisivo nell’imprimere un colpo di pollice alle circostanze politiche e volgerle in favore del potere papale, ma anche della prosperità della città. Uno fu Stefano II che con un inaudito viaggio in Francia – precedentemente i papi non si erano mossi da Roma se non per andare a Costantinopoli – seppe convincere il re dei Franchi Pipino ad intervenire con l’esercito in Italia, costringere i Longobardi a ritirarsi dai territori bizantini che avevano occupato nell’Italia centrale e, invece di restituirli all’impero, donarli a san Pietro, e per lui al papa, ponendo le fondamenta del futuro Stato della Chiesa. Altro creatore di futuro fu Leone III, che incoronò Carlomagno imperatore, con quello che può essere considerato un vero colpo di stato sia nei confronti dell’impero bizantino che dello stesso apparato politico-militare dei Franchi. Vi furono papi che pagarono cara la loro difesa dell’autorità della chiesa di Roma nella chiesa universale assumendo figura di martiri, come Martino I, deportato a Costantinopoli per avere osteggiato la politica religiosa degli imperatori bizantini, sottoposto a umiliazioni di ogni sorta, condannato a morte e finalmente graziato, ma solo per essere confinato in una piccola città sul Mar Nero e trattenuto lì fino alla morte; papi che si segnalarono come grandi costruttori, come Pasquale I, che nel giro di pochi anni edificò ben tre nuove chiese decorandole splendidamente, o Leone IV, che cinse di mura l’intero quartiere vaticano per proteggerlo dagli attacchi dei Saraceni che venivano dal mare.
Più difficile indicare figure laiche di spicco, ma ciò soprattutto perché le pochissime fonti storiche dell’epoca provengono quasi esclusivamente dagli ambienti papali e dunque fanno dei papi i protagonisti del loro racconto. Ma i laici collaborarono attivamente al governo della città, anche all’interno dell’amministrazione pontificia, e non vi è dubbio che tra essi emergessero figure importanti, che occasionalmente vengono in luce come committenti di opere d’arte o fondatori e patroni di istituzioni assistenziali, senza che però se ne possa ricostruire integralmente la personalità.
Quali dinamiche caratterizzano lo sviluppo urbanistico e le manifestazioni artistiche nella Città eterna dell’epoca?
Quando il periodo comincia, la città di Roma ha già subito enormi trasformazioni urbanistiche. Fin dal V secolo i grandi complessi monumentali – terme, circhi, piazze, templi – hanno smesso di funzionare e sono stati abbandonati, oppure adibiti a funzioni improprie: depositi di rifiuti, officine artigianali, perfino luoghi dove seppellire abusivamente i morti. Le cause non sono solo le devastazioni barbariche, anche se Roma subì due invasioni nella prima metà del V secolo, ma il fatto che gli imperatori non risiedono più in città e che le risorse finanziarie dell’impero sono crollate drasticamente perché la maggior parte delle provincie d’Occidente sono state occupate dai barbari e hanno smesso di pagare le imposte al governo centrale. La manutenzione dei monumenti pubblici affidata a chi rimane in città diventa onerosa e in parte inutile. Infatti venendo meno le funzioni di capitale, uffici, cerimonie, mercati si spostano e la stessa popolazione diminuisce in modo impressionante. Ecco perché le strutture antiche vengono lasciate decadere, oppure vengono riutilizzate sia adattandole a nuove funzioni, sia saccheggiandole per recuperare materiali da adoperare in nuove costruzioni. Infatti non si smette di costruire, anche edifici di natura monumentale, per iniziativa delle autorità civili che continuano ad amministrare la città, come dello stesso papato. Cambiano però la natura e le dimensioni dei nuovi monumenti che per la maggior parte sono chiese che sostituiscono i templi pagani, spesso insediandosi al loro interno e trasformandolo. Nelle costruzioni nuove le dimensioni sono decisamente modeste rispetto ai monumenti dell’età imperiale, ma quel che va perduto in grandezza si guadagna in preziosità e raffinatezza, per le forme architettoniche originali, per la selezione dei materiali, anche quelli di recupero, per la decorazione pittorica o a mosaico e gli arredi scultorei e di metalli preziosi. La città col suo popolamento diradato, in cui anche le abitazioni private si trasformano, viene però arricchita di nuovi gioielli architettonici.
Col tempo si arricchisce anche il patrimonio immaginativo e formale della comunicazione visuale. Artisti che vengono dall’oriente importano nuovi repertori iconografici e innovano la funzione della decorazione pittorica, in particolare nelle chiese. Agli episodi evangelici si uniscono lunghe teorie di santi e sapienti additati alla conoscenza e alla venerazione popolare; vengono illustrate le storie dei martiri venerati a Roma; la Vergine Madre di Dio viene raffigurata in molti diversi aspetti che sollecitano la devozione dei fedeli.
Quando poi il papato diventa la massima autorità nel governo di Roma, i papi promuovono nuove iniziative di monumentalizzazione della città, per adeguarla alla centralità che ha acquisito nell’orizzonte europeo riunito e unificato nell’impero carolingio. Le risorse economiche accresciute consentono la costruzione di chiese del tutto nuove che riprendono i modelli di quelle più antiche per sottolineare la continuità della tradizione religiosa di Roma, e vengono ricoperte di straordinari mosaici nei quali si manifesta un vivissimo gusto del colore, dello splendore e della luce e si compongono visioni paradisiache nelle quali i papi promotori sono inseriti, a memoria della loro iniziativa e glorificazione della loro persona.
La struttura urbana cambia: aree disabitate vengono rese produttive con grandi riporti di terra; complessi monumentali antichi ancora in piedi vengono trasformati in residenze delle grandi famiglie aristocratiche; nascono nuovi quartieri popolati da immigrati che vengono sia dal Mediterraneo che dall’Europa continentale e svolgono a Roma attività artigianali e commerciali. Tutto il territorio urbano è oggetto di vigile attenzione da parte dei papi, che rinforzano l’imponente circuito urbano, riattivano gli acquedotti, sostengono e abbelliscono chiese e monasteri anche nei quartieri periferici meno popolati. Questo grande periodo di espansione urbana dura per buona parte del IX secolo. Successivamente gravissime difficoltà esterne e interne causeranno un arresto che si protrarrà per diversi decenni.
Paolo Delogu è professore emerito nell’Università di Roma La Sapienza. Ha insegnato anche nelle Università di Salerno e di Firenze. Ha studiato soprattutto le forze culturali operanti nelle società europee durante i cosiddetti “secoli bui” del Medioevo, rivelandone la complessità e l’efficacia. È autore di saggi e libri importanti sulle città dell’Italia meridionale, sulla conquista normanna della Sicilia, sul regno longobardo in Italia. Prolungate indagini ha dedicato alla città di Roma, soprattutto per il periodo altomedievale, mettendone in luce le caratteristiche strutture economiche e sociali. Ha collaborato alla progettazione del Museo di Roma Crypta Balbi.