Il poema è immensamente complesso. La sua struttura è basata sull’epica omerica, che imponeva la presenza degli dei e le loro interferenze nell’agire umano, oltre al racconto di imprese eroiche […]. A un livello superficiale il popolo romano e le sue famiglie più importanti sono celebrati con la rappresentazione dei loro antenati nell’età eroica; al tempo stesso i trionfi della storia romana sono mostrati in prospettiva, in quanto conducono al regno di Augusto. […]
Libro 1
Enea, che ha trascorso i sette anni dalla caduta di Troia compiendo il proprio viaggio verso il Lazio, in Italia, con la flotta troiana, ha appena lasciato la Sicilia. La dea Giunone, nemica di Troia e patrona di Cartagine (che lei sa destinata alla distruzione a opera di una stirpe di discendenza troiana), ha fatto scatenare dal dio dei venti, Eolo, una tempesta sulla flotta. Alcune navi sono naufragate, ma il dio del mare Nettuno calma la tempesta; Enea e le navi superstiti raggiungono la costa libica. I Troiani sono ben accolti da Didone, regina di Cartagine appena fondata; lei è fuggita da Tiro, dove il marito, Sicheo, è stato ucciso da suo fratello Pigmalione, il re. La dea Venere, madre di Enea, temendo sia Giunone che i Tiri, fa in modo che Didone s’innamori di Enea.
Libro 2
Su richiesta di Didone, Enea racconta la caduta di Troia e gli avvenimenti successivi: la costruzione del cavallo di Troia e l’astuzia di Sinone, la morte di Laocoonte, l’incendio della città, la resistenza disperata ma inutile dei Troiani, la morte di Priamo e la fuga dello stesso Enea dietro comando di Venere; egli racconta come trasportò suo padre Anchise sulle spalle e prese per mano suo figlio Iulo (Ascanio), come sua moglie Creusa, che veniva dietro, si perse e il suo fantasma gli rivelò il suo destino.
Libro 3
Enea continua il suo racconto. Lui e i suoi compagni costruirono una flotta e salparono. Approdarono in Tracia, ma ripartirono dopo che Enea vi trovò il tumulo di Polidoro, suo parente, ucciso a tradimento, e ne udì la voce; navigarono alla volta di Delo. L’oracolo Delio disse loro di cercare la terra che per prima aveva generato la stirpe troiana. Essi credettero erroneamente che l’oracolo intendesse Creta, dalla quale furono allontanati da una pestilenza. Enea apprese allora che l’oracolo indicava l’Italia. Lungo la navigazione i Troiani approdarono all’isola delle Arpie e le attaccarono. L’Arpia Celeno profetizzò che non avrebbero fondato la loro città finché la fame non li avesse costretti a «divorare le mense». A Butroto, in Caonia, i Troiani trovarono l’indovino Eleno (figlio di Priamo) e Andromaca. L’indovino indicò a Enea la rotta che doveva seguire per recarsi dalla Sibilla Cumana e fondare la sua città dove, presso un corso d’acqua appartato, avrebbe trovato una scrofa bianca con una nidiata di trenta piccoli. Proseguendo nel suo viaggio Enea giunse alla terra dei Ciclopi in Sicilia; suo padre mori a Drepano; di qui egli raggiunse la Libia.
Libro 4
Didone, benché legata da un voto al marito defunto, confessa a sua sorella Anna il suo amore per Enea. Giunone e Venere si accordano perché l’unione di Didone ed Enea sia suggellata mentre una battuta di caccia viene interrotta da un temporale e i due cercano riparo nella stessa caverna. La fama del loro amore raggiunge Iarba, un re vicino respinto da Didone, che nella sua collera si appella a Giove. Il dio ordina che Enea lasci Cartagine. Quando Didone si accorge che la flotta si sta preparando a partire, affronta Enea e lo supplica. Egli risponde che non ha scelta e deve recarsi in Italia anche contro il proprio volere. La furia di Didone non ferma i preparativi troiani, e anche un’ultima supplica da parte sua non riesce a far vacillare la decisione di Enea. La regina si prepara a morire e, dopo aver visto partire la flotta troiana, si uccide maledicendo Enea e i suoi discendenti.
Libro 5
I Troiani tornano in Sicilia, accolti dal loro compatriota Aceste. È trascorso un anno da quando Anchise è morto in quello stesso luogo, e l’anniversario è celebrato con sacrifici e giochi. Il primo di questi è una regata fra quattro navi. Giante, capitano della Chimera, adirato, spinge in acqua il suo timoniere quando perde il vantaggio su Cloanto della Scilla; Sergesto, sulla Centauro, fa incagliare la nave; Mnesteo, nella Pristi, supera Giante ma non riesce a raggiungere Cloanto. Segue quindi una corsa a piedi in cui Niso, che è in testa, essendo scivolato e caduto, fa di proposito lo sgambetto a Salio, in modo da far vincere il suo amico Eurialo. In un incontro di pugilato fra il troiano Darete ed Entello di Sicilia, Enea interrompe la lotta mentre Darete viene attaccato selvaggiamente dal siciliano. Segue una competizione di tiro con l’arco, e infine un’esibizione di 36 cavalieri guidati da Ascanio, un evento che sarebbe divenuto più tardi una tradizione a Roma (ludus Troiae). Nel frattempo le donne troiane, stanche delle lunghe peregrinazioni, sono incitate da Giunone ad appiccare il fuoco alle navi; ma ne vengono distrutte solo quattro prima che un temporale spenga le fiamme in risposta alla preghiera di Enea. Quindi i Troiani salpano nuovamente, mentre alcuni restano indietro per fondare una nuova città sotto Aceste. Il timoniere Palinuro si addormenta e risulta disperso in mare.
Libro 6
Enea visita la Sibilla Cumana, che gli predice le prove che dovrà sostenere nel Lazio. Dietro suo ordine egli coglie il ramo d’oro e discende con lei attraverso la caverna di Averno nell’oltretomba. Giunti al fiume Stige vedono le anime dei morti insepolti che non possono varcarlo; fra esse è il timoniere Palinuro, che racconta il suo destino e implora sepoltura. Vedendo il ramoscello d’oro Caronte permette che Enea e la sacerdotessa attraversino lo Stige; essi addormentano Cerbero con una focaccia drogata. Oltre la sua caverna trovano diversi gruppi di defunti: bambini, i condannati ingiustamente, i morti per amore (fra i quali Didone, niente affatto ammansita dalle scuse che Enea le porge) e gli uccisi in battaglia. Giungono all’ingresso del Tartaro, dove i peggiori peccatori soffrono tormenti, ma proseguono finché raggiungono l’Elisio, dove le anime dei giusti vivono in beatitudine. Qui Enea saluta suo padre Anchise, ma invano cerca di abbracciarlo; Enea vede anime che bevono al fiume Lete, e Anchise spiega che esse saranno reincarnate: per un lungo periodo sono state purificate da tutto il male e ora bevono dal Lete per perderne completamente memoria. Anchise indica le anime di uomini destinati a essere illustri nella storia romana: Romolo, i primi re, i grandi generali, lo stesso Augusto e suo nipote Marcello (alla cui breve vita Virgilio fa una toccante allusione). Quindi Enea e la Sibilla lasciano l’oltretomba passando per la Porta d’Avorio, attraverso la quale sono inviate ai mortali le false visioni (il significato di ciò è stato molto dibattuto).
Libro 7
Enea e i Troiani raggiungono la foce del Tevere e sbarcano nel Lazio. Essi adempiono la profezia dell’Arpia Celeno mangiando le focacce di pane che hanno usato come piatti durante un pasto. Lavinia, figlia di Latino, re del Lazio, ha molti pretendenti, dei quali il favorito è Turno, re dei Rutuli; ma a Latino un oracolo di suo padre ha annunciato che Lavinia deve sposare non un Latino ma uno straniero che deve giungere. Gli ambasciatori troiani sono ben accolti da Latino, che offre a Enea alleanza e la mano di sua figlia. Giunone vede che i Troiani si preparano a insediarsi e convoca la Furia Alletto, che accende folle ostilità verso i Troiani nella regina Amata, madre di Lavinia, e in Turno. Mentre Ascanio è a caccia, Alletto fa in modo che ferisca un cervo allevato come animale domestico da pastori del re, e ne segue uno scontro. Latino è incapace di arrestare i preparativi di guerra e le tribù italiche si radunano sotto i loro capi; fra questi, oltre a Turno, ci sono Mezenzio, spregiatore degli dei e odiato tiranno, Messapo, Virbio (figlio di Ippolito) e la vergine guerriera volsca Camilla.
Libro 8
Il dio del fiume Tevere incoraggia Enea, angosciato, esortandolo a cercare l’alleanza con gli Arcadi guidati da Evandro, che hanno fondato una città sul colle Palatino (che sarà in futuro parte di Roma). Risalendo il fiume, Enea vede sulla riva una scrofa con i suoi piccoli, come gli era stato predetto. Vulcano, su richiesta di Venere, prepara armi per Enea. Evandro, che ha indicato a Enea molti luoghi della sua città che saranno infine luoghi importanti di Roma, sollecita l’alleanza con gli Etruschi. Venere porta le armi a Enea, compreso uno scudo su cui sono rappresentate varie vicende del futuro di Roma, fino alla battaglia di Azio.
Libro 9
Enea ha ordinato ai Troiani di rimanere nell’accampamento in sua assenza, ed essi rifiutano di attaccare battaglia anche quando Turno e le sue truppe li circondano. Quando Turno tenta di appiccare il fuoco alle navi troiane, Nettuno le trasforma in ninfe marine. Di notte Niso ed Eurialo lasciano l’accampamento per andare a chiamare Enea. Essi uccidono molti nemici addormentati dal vino, ma sono avvistati da una colonna a cavallo e circondati; vengono uccisi entrambi, dopo che Niso ha cercato coraggiosamente di salvare il suo amico. I Rutuli attaccano l’accampamento troiano e Ascanio, nella sua prima azione in battaglia, uccide un uomo che gridava espressioni di scherno. Turno è accerchiato nell’accampamento e uccide molti Troiani prima di tuffarsi nel fiume per fuggire.
Libro 10
Sull’Olimpo gli dei discutono sul conflitto. Enea si assicura l’alleanza di Tarconte, re degli Etruschi, e parte con lui e con Pallante, il figlio di Evandro, per tornare dai Troiani. Turno li attacca appena le loro navi raggiungono la sponda. Nella battaglia che segue Turno uccide Pallante. Giunone crea un fantasma di Enea; Turno lo insegue a bordo di una nave che lo porta via. Enea ferisce Mezenzio e uccide a malincuore il figlio di quest’ultimo, Lauso, mentre tenta di proteggere suo padre; Mezenzio monta sul suo fedele cavallo Rebo per un ultimo attacco contro Enea prima che cavallo e cavaliere vengano entrambi uccisi.
Libro 11
Enea celebra la vittoria troiana ed esegue un lamento per la morte di Pallante. I Latini inviano ambasciatori e si concorda una tregua. Re Latino e i capi italici discutono; Drance propone che Turno, principale responsabile della guerra, debba concluderla incontrando Enea in duello. Turno, sdegnoso nei confronti di Drance, accetta la sfida. I Latini ora apprendono che Troiani ed Etruschi stanno avanzando contro di loro; Camilla con la sua cavalleria volsca affronta gli attaccanti. Nella battaglia che segue Tarconte trascina Venulo giù da cavallo; Arrunte cerca e uccide Camilla, che è vendica Opi, messaggera della dea Diana. I Volsci sono sconfitti.
Libro 12
I Latini sono scoraggiati, e Turno decide di combattere Enea da solo nonostante gli sforzi di Latino e Amata per dissuaderlo. Si effettuano i preparativi per il duello ma i Rutuli, già in ansia per il risultato, sono stimolati a intervenire dalla sorella di Turno, Giuturna; i due eserciti si scontrano di nuovo in battaglia. Enea è ferito da una freccia ma Venere lo guarisce ed egli insegue Turno; quindi Enea vede che la città dei Latini non è sorvegliata e spinge l’esercito troiano ad assalirla col fuoco. Amata, sconvolta, si suicida. Turno cerca Enea e gli eserciti si separano mentre i due comandanti combattono. Enea ferisce Turno con la lancia e infine, vedendo che il suo nemico indossa le spoglie di Pallante, adirato lo uccide con la sua spada.
tratto da Dizionario delle letterature classiche, diretto da Margaret C. Howatson, edizione italiana a cura di Maurizio Bettini, traduzione di Giovanna Aquaro, Einaudi editore