I promessi sposi, Capitolo 21: trama riassunto
Lucia, giunta alla taverna della Malanotte, viene fatta scendere dalla carrozza e caricata su una portantina in cui l’accompagna la vecchia mandata dall’Innominato. La ragazza è terrorizzata e vorrebbe urlare, ma il Nibbio glielo impedisce premendole un fazzoletto sulla bocca. La vecchia cerca in qualche modo di rassicurarla ma senza grandi risultati.
Intanto l’Innominato osserva la portantina risalire lungo l’erta che conduce al castello. Il Nibbio, che ha preceduto la portantina, raggiunge il suo padrone per fargli rapporto: gli conferma che tutto è andato secondo i piani, tranne il fatto che, contro ogni aspettativa, Lucia è riuscita a smuovere in lui un sentimento di compassione, ben strano per un uomo tanto insensibile e violento. “Compassione! Che sai tu di compassione? Cos’è la compassione?”, domanda stupito il padrone allo sgherro. “Non l’ho mai capito così bene come questa volta”, risponde questi, “è una storia la compassione un poco come la paura: se uno la lascia prender possesso, non è più uomo”, aggiungendo che l’ha provata sentendo Lucia piangere e disperarsi durante il viaggio che l’ha condotta da Monza al castello.
Queste parole e il turbamento del suo bravo stupiscono e inquietano l’Innominato che in un primo momento sarebbe tentato di liberarsi in fretta di Lucia, spedendola subito da Don Rodrigo. Decide invece di attendere il mattino seguente, riproponendosi di chiedere a Don Rodrigo una ricompensa ben più cospicua per tutti i fastidi e le inquietudini che gli sta arrecando. Infine, roso dalla curiosità, si reca nella camera della vecchia dove Lucia è tenuta prigioniera: “Voglio vederla… Eh! no… Sì, voglio vederla”, esclama.
Nella stanza, vede Lucia rannicchiata in un angolo. Dopo aver sgridato la vecchia per aver lasciato la ragazza in quelle condizioni, l’Innominato le ordina di alzarsi, aggiungendo, quando lei ancora tremante sembra non volersi muovere, di non aver intenzione di farle del male. Lucia in un primo momento implora l’uomo di ucciderla, poi gli domanda pietà in nome di Dio: “Oh no! Vedo che lei ha buon cuore, e che sente pietà di questa povera creatura. Se lei volesse, potrebbe farmi paura più di tutti gli altri, potrebbe farmi morire; e in vece mi ha… un po’ allargato il cuore. Dio gliene renderà merito. Compisca l’opera di misericordia: mi liberi, mi liberi”. L’Innominato è turbato e infastidito dall’accenno a quel Dio che lui è deciso a non riconoscere, e tuttavia si rivolge alla ragazza in modo quasi gentile, stupendo la vecchia che non è certo abituata a vederlo comportarsi con tanta compassione. Lucia continua a pregarlo di liberarla, finché l’uomo, pur senza promettere nulla, le risponde “domattina” e la rassicura sul fatto nessuno le farà del male e che riceverà presto del cibo. Si rivolge quindi alla vecchia, intimandola di trattare Lucia con riguardo, di portarle da mangiare e di offrirle il proprio letto sul quale potersi riposare.
Uscito l’Innominato, Lucia torna a rannicchiarsi in un angolo della stanza e domanda alla vecchia come si chiami il padrone. La vecchia non rivela il nome, e anzi è piuttosto irritata dall’insistenza di Lucia che tra l’altro il padrone ha trattato meglio di quanto abbia mai fatto con lei: “Chi è, eh? chi è? Volete ch’io ve lo dica. Aspetta ch’io te lo dica. Perché vi protegge, avete messo su superbia; e volete esser soddisfatta voi, e farne andar di mezzo me. Domandatene a lui. S’io vi contentassi anche in questo, non mi toccherebbe di quelle buone parole che avete sentite voi. – Io son vecchia, son vecchia, – continuò, mormorando tra i denti. – Maledette le giovani, che fanno bel vedere a piangere e a ridere, e hanno sempre ragione.”
Dato che Lucia continua a singhiozzare, la vecchia cerca di consolarla e di farle mangiare le pietanze appetitose che la serva Marta ha portato in una cesta. Ma la ragazza non intende né mangiare né coricarsi sul letto e si limita a controllare più volte che la porta sia ben chiusa, per poi andarsi di nuovo a raggomitolare in un angolo del pavimento.
Rendendosi conto di non poter in alcun modo convincere Lucia, la vecchia mangia parte della cena e si corica, lasciando un angolo del letto libero nel caso in cui la ragazza si decidesse a sdraiarvici.
Ma Lucia rimane immobile nel buio, ripensando a ciò che le è accaduto quel giorno e a quanto terribile sia la sua situazione, finché non si decide a cercare conforto nella preghiera. Afferra il rosario e inizia a sgranarlo, e ad un certo punto giunge alla conclusione che le sue preghiere ricaverebbero maggior forza dal promettere qualcosa in cambio. Si risolve quindi a esprimere un voto alla Madonna e, inginocchiatasi con le mani giunte, promette di rinunciare a Renzo: “o Vergine santissima! Voi, a cui mi sono raccomandata tante volte, e che tante volte m’avete consolata! Voi che avete patito tanti dolori, e siete ora tanto gloriosa, e avete fatti tanti miracoli per i poveri tribolati; aiutatemi! fatemi uscire da questo pericolo, fatemi tornar salva con mia madre, Madre del Signore; e fo voto a voi di rimaner vergine; rinunzio per sempre a quel mio poveretto, per non esser mai d’altri che vostra.”
Rinfrancata dalle preghiere, Lucia finalmente si addormenta. Nel frattempo, in un’altra stanza del castello, l’Innominato non riesce a chiudere occhio: il pensiero di Lucia e delle parole che ha pronunciato lo tormenta, e quel medesimo tormento lo infastidisce, dato che la sua vita di uomo scellerato avrebbe dovuto tenerlo ben al riparo da simili debolezze da donnicciole. Ma, nonostante cerchi di pensare a nuove imprese malvage da compiere, la sua mente cerca di ribellarsi a ripetere nuove violenze e, anzi, medita di liberare Lucia nonostante la promessa fatta a Don Rodrigo. Quindi, pensando a tutte le malvagità compiute nella propria vita, si dispera e, afferrata una pistola, è quasi sul punto di uccidersi.
Forse, pensa, il Dio che ha sempre cercato di negare esiste davvero, così come quella vita dopo la morte di cui gli parlavano quando era bambino. “Dio perdona tante cose, per un’opera di misericordia”: questa frase pronunciata da Lucia lo tormenta e nello stesso tempo sembra offrirgli uno spiraglio per fuggire dalla disperazione in cui è caduto. Si convince quindi che la ragazza potrà rappresentare il mezzo per ottenere quella grazia che ora gli è tanto necessaria, e prende la decisione di liberarla l’indomani mattina, portandola lui stesso dalla madre.
Quando sorge il sole, l’Innominato sente uno strano rumore di campane provenire dalla valle e, affacciandosi alla finestra, scorge una grande quantità di gente festosa che si dirige in massa verso una destinazione sconosciuta. Manda quindi uno dei bravi a informarsi su che cosa stia accadendo.
Silvia Maina