
Quale dimensione transnazionale ha assunto la religione nella società globale?
Le religioni hanno avuto molto spesso una dimensione transnazionale fin dall’antichità, come ci insegna la storia del buddhismo, del cristianesimo e dell’islam, ma è innegabile che fattori quali i progressi nel campo delle comunicazioni e l’intensificarsi dei flussi migratori abbiano contribuito negli ultimi decenni a trasformare in maniera radicale alcuni aspetti del panorama religioso mondiale. Basti pensare a questo proposito a fenomeni quali il pentecostalismo e i movimenti carismatici all’interno del cristianesimo, che continuano ad avere un enorme successo su scala internazionale, o ai migranti musulmani in Medio Oriente ed Europa e a quelli di tradizione induista nell’area del Pacifico asiatico. Ma nella società globale credenze e pratiche religiose non si diffondono necessariamente tramite l’opera missionaria e i flussi migratori, come dimostra chiaramente la popolarità raggiunta in Occidente da elementi della spiritualità orientale quali lo zen, lo yoga, e, più in generale, da vari tipi di meditazione. Il transnazionalismo religioso prodotto dalla globalizzazione è qualcosa di nuovo e di più complesso, perché può anche prescindere dalla presenza fisica di una determinata religione in un determinato territorio. È sufficiente accendere la TV o navigare su internet per essere esposti a una varietà virtualmente infinita di informazioni, anche se non necessariamente corrette, relative a diverse forme di religiosità. E in questo modo, naturalmente, si accresce anche la possibilità di un contatto tra culture religiose.
Come viene interpretato dagli attori religiosi l’intensificarsi dei contatti fra diverse tradizioni?
Penso che a un livello emotivo l’accresciuta presenza, sia essa reale o virtuale, dell’Altro religioso nel vissuto quotidiano generi un senso di insicurezza e di messa in discussione dell’identità religiosa che può essere più o meno marcata. È come se la globalizzazione mettesse costantemente gli attori religiosi di fronte a un mare di diversità in relazione al quale essi sono forzati a riorientarsi per ritrovare delle certezze di base. Quando le altre religioni sono avvertite come una minaccia concreta tale riorientamento può concretizzarsi come un totale rifiuto della diversità religiosa, che è una delle caratteristiche principali del fondamentalismo e può anche scaturire nella violenza. Di segno opposto invece è la visione pluralista, il riconoscimento pieno della dignità e della verità delle altre religioni, che in alcuni casi può addirittura portare all’accettazione simultanea di più tradizioni. O ancora, si può assistere alla ‘resa’ di fronte all’Altro religioso, che porta alla conversione. Ma nella maggior parte dei casi l’esito di questo adattamento alla condizione globale sembra essere piuttosto un atteggiamento guardingo, che riconosce alcuni tratti positivi nelle altre religioni pur considerandole sostanzialmente inferiori alla propria.
Quali conseguenze produce il confronto tra la sfera del sacro e sistemi globali quali la scienza e l’economia capitalistica?
Come in passato, assistiamo a una continua negoziazione dei confini tra la religione e altre sfere della vita sociale. Ma questi sistemi sociali, tra cui la scienza e l’economia occupano un posto molto importante, hanno ormai acquisito una dimensione globale, nel senso che parlano un linguaggio universale e sono capaci di imporre la loro logica praticamente in ogni angolo del mondo. Si pensi al confronto nel campo della bioetica tra la Chiesa cattolica e la sfera medico-scientifica a proposito della ricerca sulle cellule staminali embrionali; la posizione intransigente della Chiesa ci mostra in questo caso come la forte riaffermazione dell’autorità religiosa sui temi di inizio e fine vita sia da intendersi come una reazione alle crescenti pressioni esercitate dal sistema medico-scientifico globale che trascende largamente la realtà italiana. Ciò non impedisce d’altro canto che ci possano essere delle alleanze strategiche tra la sfera religiosa e i sistemi globali secolari. Un esempio significativo a questo proposito è quello della commercializzazione della religione, che oltre a mostrare un’interferenza del sistema capitalistico nella sfera del sacro, testimonia allo stesso tempo l’uso strategico che le religioni possono fare dei meccanismi del branding e del marketing in un’ottica di crescita istituzionale.
Quali sfide pone alle religioni l’impatto dei flussi culturali globali?
Negli anni in cui il campo di studi sulla globalizzazione stava ancora prendendo forma, vi era una certa preoccupazione che l’impatto dei flussi culturali globali sulle realtà locali avrebbe potuto portare a una loro completa omogeneizzazione. Come messo in luce da altri contributi più recenti, tale ipotesi non teneva adeguatamente conto del fatto che le culture locali, piuttosto che adattarsi passivamente ai flussi globali, ne facciano nella maggior parte dei casi un uso creativo. Ciò vale anche per le religioni. Vari studi hanno mostrato come le tradizioni locali siano capaci di usare idee circolanti su scala globale per fare una sorta di update e rimodellare le loro identità religiose. Penso per esempio a un’idea che gode di una popolarità immensa a livello globale, quella di ecologia, da cui varie religioni in diverse parti del mondo hanno tratto spunto, mettendola in relazione con determinati aspetti della loro tradizione, per creare le loro peculiari forme di ambientalismo religioso. Visto da questa prospettiva, un fenomeno recente come l’ambientalismo promosso da Papa Francesco con la sua enciclica Laudato si’ può acquisire un significato diverso e più articolato. Paradossalmente, in alcuni casi queste forme di ibridazione religiosa possono anche essere funzionali alla celebrazione della superiorità delle culture religiose locali, come avviene per esempio nel caso dell’ambientalismo religioso di matrice shintoista in Giappone.
Quali profonde trasformazioni ha subito nella nostra epoca la coscienza collettiva e quali le conseguenze per le religioni?
Le trasformazioni della coscienza collettiva sono state uno dei temi che più hanno destato l’interesse degli studiosi della globalizzazione fin dalla pubblicazione nei primi anni Novanta del famoso testo del sociologo Roland Robertson, in cui egli definiva la globalizzazione in termini di «compressione del mondo e intensificazione della coscienza del mondo come un tutto unico». Come illustrato anche da altri studiosi, si è trattato di un processo graduale, a cui hanno contribuito vari fattori tra cui le attività dell’ONU e dell’UNESCO, l’organizzazione di competizioni sportive e culturali internazionali, fatti apparentemente innocui come la diffusione di fotografie della terra scattate dallo spazio, e perfino i romanzi e i film sugli extraterrestri a cui viene abitualmente contrapposta l’umanità nel suo complesso. Inevitabilmente, tale coscienza globale sta esercitando un ruolo sempre più importante anche nella visione del mondo di varie tradizioni religiose e dei loro seguaci. Per tornare un attimo all’esempio dell’ambientalismo religioso, è evidente come il punto di partenza per molte delle tradizioni che sono attive in questo campo sia la considerazione che il problema ambientale è un problema globale che concerne il futuro di tutta l’umanità. Ovviamente, queste e altre manifestazioni di cosmopolitismo religioso, come l’affermazione che tutte le religioni hanno un’origine comune, possono in alcuni casi anche essere dettate da strategie di pubbliche relazioni, ma al di là della loro veridicità è assai significativo il fatto che individui e istituzioni religiose in varie parti del mondo sono indotti sempre più dal contesto globale ad acquisire familiarità con l’idea che il mondo stesso sta diventando «un tutto unico».