“Quaderni di Serafino Gubbio operatore” di Luigi Pirandello

Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Luigi PirandelloCon la pubblicazione nel 1915 di Si gira… (poi Quaderni di Serafino Gubbio operatore), si può dire che in un certo senso il romanzo pirandelliano giunge al suo apice. I Quaderni assumono, dunque, anche il carattere di esperienza conclusiva della prima fase dell’arte di Pirandello, durante la quale l’espressione delle idee e l’analisi della situazione umana trovò la sua realizzazione più alta nella «forma romanzo».

D’altra parte, ciò che fa dei Quaderni un romanzo del tutto particolare all’interno della produzione pirandelliana, ma anche italiana ed europea, è che i suoi temi-chiave — il relativismo conoscitivo, l’impossibilità di un’esistenza non frantumata dell’uomo e della società — si riflettono e si ripercuotono in maniera coerente sulla destrutturazione della «forma romanzo». I quaderni ai quali si fa riferimento nel titolo sono quelli del diario di Serafino Gubbio; ciò significa una narrazione in prima persona, ma con un continuo sconvolgimento dei piani temporali: si tratta di un diario «a cose fatte», nel quale il presente indicativo si inserisce continuamente tra i tempi storici della narrazione a sottolineare come il racconto sia rivissuto nella dimensione della coscienza, i fatti si dissolvano nella interpretazione dei fatti, come la dimensione della memoria condizioni e faccia parte del presente. In questo modo ha poca importanza l’ordine cronologico e logico degli avvenimenti, perché il vero ordine è quello secondo il quale essi affluiscono nella memoria e nella coscienza dell’io narrante.

Romanzo di rapida elaborazione (Pirandello vi lavorò soprattutto nel 1914), comparve a puntate sulla «Nuova Antologia» tra il giugno e l’agosto del 1915 col titolo Si gira… L’editore Treves lo raccolse in volume nel 1916, e solo nel 1925 l’autore lo rivide, apportando poche e non rilevanti modifiche, e lo pubblicò presso Bemporad col nuovo titolo Quaderni di Serafino Gubbio operatore.

Dal punto di vista tematico i Quaderni di Serafino Gubbio operatore presentano alcune notevoli novità: la storia che vi viene raccontata non è quella di una presa di coscienza dello stato di frantumazione dell’esistenza umana, perché, dal momento in cui prende inizio la narrazione, questa coscienza esiste già nella sua interezza. Situazione che richiama quella del Mattia Pascal; ma là il protagonista ricostruisce appunto le tappe attraverso le quali egli è andato stabilizzandosi nella situazione di completa dissociazione che lo caratterizza, qui invece tutti gli avvenimenti narrati contribuiscono solo al «perfezionamento» di una situazione già in atto fin dall’inizio: tutto quanto, cioè, è visto con gli occhi di una coscienza già formata; Serafino Gubbio, nel momento stesso in cui racconta, avverte il lettore che quella è un’interpretazione, tra le tante possibili, dei fatti; anzi il racconto nella sua globalità può essere assunto come dimostrazione che i «fatti» non esistono, ma esistono soltanto le diverse reazioni che gli individui hanno in presenza di sollecitazioni che provengono dall’ambiente, dai rapporti interpersonali e dalla dialettica con la propria coscienza.

Bisogna poi valutare come elemento fortemente innovativo del romanzo anche la scelta di ambientare la vicenda nel mondo del cinema. Pirandello non compie un’operazione di superficie, nel senso di collocare personaggi e vicende in quell’ambiente solo perché cominciava ad essere conosciuto e attirava la curiosità del pubblico anche per i suoi caratteri di magica «fabbrica di sogni»; nei Quaderni il cinema diventa la grande metafora del mondo, colto soprattutto negli aspetti che più interessano all’autore: all’interno della metafora si può leggere l’interpretazione che Pirandello dà del rapporto uomo-macchina, del rapporto tra modi di produzione industriale e alienazione, del rapporto tra prodotto industriale e fruizione di massa. Si può effettivamente affermare che con i Quaderni il romanzo italiano si affaccia sul Novecento, affrontando una problematica che è quella stessa delle avanguardie letterarie e cinematografiche europee, anche se gli esiti della ricerca pirandelliana si collocano su di un versante opposto a quelli, ad esempio, del Futurismo.

Riassunto

Quaderno primo. Dopo alcune considerazioni generali sulla vita e sulla sua professione attuale, Serafino comincia a raccontare gli avvenimenti che lo hanno portato ad essere una «mano che gira». Tutto comincia quando egli, che ha compiuto studi di filosofia, si trovava a Roma, disoccupato; è allora che incontra un vecchio amico, Simone Pau, che lo porta a dormire nel luogo che lui ha liberamente scelto come sua dimora: il dormitorio pubblico. Lì presenta a Serafino un essere eccezionale: un violinista che di fronte alla violenza della civiltà delle macchine ha rinunciato all’arte. La notte passata nell’ospizio segna la sorte di Gubbio: alla mattina fa irruzione in quel luogo desolato un’intera troupe della casa cinematografica «Kosmograph» per girarvi alcune scene; c’è la «diva» Varia Nestoroff, e il regista, Nicola Polacco, un amico di Gubbio, che gli propone di diventare operatore, l’addetto a girare la manovella della macchina da presa.

Quaderno secondo. La vista della Nestoroff ha suscitato in Serafino il ricordo di una vicenda lontana; egli aveva dato ripetizioni a un ragazzo, Giorgio Mirelli, che abitava con i nonni e la sorella Duccella in una villetta vicino a Sorrento. Nella memoria, quel luogo tranquillo era diventato una sorta di paradiso terrestre, che però era stato sconvolto dalla tragedia. Giorgio Mirelli si era trasferito a Napoli per dedicarsi completamente alla pittura e qui aveva conosciuto Varia Nestoroff, un’attrice russa dal passato misterioso. Egli se ne era innamorato e la voleva sposare; ma al progetto si opponeva Aldo Nuti, il fidanzato di Duccella. A questo punto Serafino non può fare che delle supposizioni per spiegare il fatto che la Nestoroff alla vigilia delle nozze con Giorgio si fosse data ad Aldo Nuti: forse per dimostrare una volta di più la forza che essa esercitava su tutti gli uomini che l’avvicinavano; il fatto è che Giorgio Mirelli sì era ucciso, dopo aver appreso il tradimento dallo stesso Nuti che, non potendo più sposare Duccella, era fuggito senza più dare notizie di sé.

Quaderno terzo. Il racconto si sposta sull’attività che Serafino compie presso gli studi della «Kosmograph», sul suo rapporto con la macchina da presa, con gli attori, Si apprende così che «Si gira» è il nomignolo che gli hanno affibbiato nell’ambiente. Negli stabilimenti intanto si sta preparando un nuovo film: la storia di una Miss inglese, vera divoratrice di uomini, che fa un viaggio nella giungla indiana con un seguito di spasimanti; è prevista una scena con l’uccisione di una vera tigre, venduta alla «Kosmograph» dallo zoo perché ha tentato varie volte di scavalcare le sbarre e assalire i visitatori. La parte del cacciatore che abbatterà la tigre verrà interpretata da Carlo Ferro, uomo volgare e privo di sensibilità, attuale compagno della Nestoroff. Serafino fa spesso visita alla tigre, rinchiusa in gabbia in un angolo degli stabilimenti, e le parla; un giorno davanti alla belva incontra la Nestoroff.

Quaderno quarto. La Nestoroff è agitata da quando sa che la «Kosmograph» ha accettato di affidare qualche parte ad Aldo Nuti. Agli stabilimenti si presenta un certo Cavalena, un impiegato perseguitato da una moglie gelosa in modo ossessivo, aspirante sceneggiatore; lo accompagna la figlia Luisetta. Intanto è arrivato il Nuti: è sconvolto, e si capisce che ha insistito per ottenere quel lavoro solo per rivedere la Nestoroff. Gubbio è pregato da Polacco di sorvegliarlo, ed è così che i due prendono insieme alloggio in casa di Cavalena.

Quaderno quinto. Nuti rivela a Serafino la sua verità: col suo comportamento egli aveva soltanto voluto aprire gli occhi a Giorgio, per dimostrargli che la Nestoroff non era donna per lui: Giorgio, che era informato di tutto, è, dunque, il vero traditore perché, uccidendosi, ha fatto piombare l’amico nel rimorso. Intanto Serafino si innamora di Luisetta, la quale però è affascinata dall’aria sofferente del Nuti; questi si ammala gravemente e mentre la ragazza lo assiste, nel delirio la scambia per Duccella. Quando il Nuti si riprende e vuole tornare a lavorare alla «Kosmograph», Luisetta si ribella alla madre e comincia anche lei a fare l’attrice.

Quaderno sesto. Serafino viene convocato in casa della Nestoroff per un colloquio; la donna lo riceve in un salotto dove sono sei quadri di Giorgio che la ritraggono, bellissima, quasi idealizzata. La Nestoroff gli fa capire che dalla morte di Giorgio essa si è condannata ad una continua punizione: per questo subisce la presenza odiosa di Ferro. È la terza «verità» sulla tragedia.

Quaderno settimo. Nuti chiede pubblicamente a Ferro di cedergli la parte del cacciatore che dovrà uccidere la tigre; Ferro, assumendo un atteggiamento scherzoso, afferma di essere un vigliacco e gliela cede. La tragedia ormai si sta consumando: il giorno in cui si deve girare la scena Nuti e Serafino vengono fatti entrare in una gabbia nella quale è stata ricostruita la giungla; Nuti ha il fucile e Serafino la macchina da presa. Tutti gli attori, i tecnici e gli operai della «Kosmograph» sono intorno alla gabbia per assistere; la tigre entra, Serafino comincia a girare la manovella e ad impressionare la pellicola, ma, quando dovrebbe sparare alla tigre che si sta lanciando verso di lui, Nuti rivolge l’arma verso la Nestoroff e l’uccide, quindi si lascia sbranare dalla belva. Serafino filma tutta la scena, impassibilmente, ma lo shock lo rende muto per sempre: ora è veramente perfetto come appendice meccanica della macchina da presa.

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