“Punire e sorvegliare. Sanzioni in oro imperatori burocrazia” di Giorgia Maragno

Dott.ssa Giorgia Maragno, Lei è autrice del libro ‘Punire e sorvegliare’. Sanzioni in oro imperatori burocrazia edito da Jovene: quale importanza rivestiva l’oro per il diritto romano?
Punire e sorvegliare. Sanzioni in oro imperatori burocrazia, Giorgia MaragnoRingrazio, anzitutto, per l’attenzione rivolta al mio libro. Per tentare una risposta a questa domanda bisognerebbe prima di tutto approfondire l’importanza (economica, sociale, simbolica) dell’oro nella civiltà romana lungo tutto il suo svolgimento. Tale discorso ci porterebbe troppo lontano. L’oro è infatti il metallo pregiato per eccellenza presso numerose società (non solo antiche, non solo occidentali) e quella romana non fa eccezione.

Limitiamoci, piuttosto, a considerare l’età tardoantica, ossia i tre secoli che separano Costantino da Giustiniano. La circolazione aurea, in quest’epoca, presenta aspetti interessanti e, in larga misura, ancora oggetto di dibattito da parte degli studiosi: si è parlato addirittura di una vera ‘febbre dell’oro’ che avrebbe attraversato (ovviamente in modo diverso) tutti gli strati sociali.

Il mio studio si concentra su un aspetto di tale ‘febbre’ particolarmente significativo per il diritto: il notevole numero di pene espresse in libbre d’oro stabilite in leggi (o meglio, ‘costituzioni’) imperiali. Si possono contare 335 costituzioni, emanate dagli imperatori di quest’epoca, contenenti ‘sanzioni auree’. Questo imponente fenomeno ha un suo inizio, abbastanza sicuro, nell’età di Costantino e dei suoi figli. Si tratta, dunque, di ‘nuova’ sanzione pecuniaria, computata in libbre di metallo pregiato (nella gran parte dei casi d’oro, raramente d’argento), a carico di chi violasse quanto imposto dall’imperatore-legislatore. La pena consisteva, in altre parole, nell’obbligo di versare una determinata quantità di libbre d’oro a carico di chi non rispettasse tali costituzioni imperiali.

Queste sanzioni non sono espresse in un dato numero di ‘solidi’ (la moneta aurea dell’epoca), bensì in una misura di peso. Ci si può chiedere perché le sanzioni auree fossero espresse in oro ‘pesato’ e non ‘numerato’. Questo accadeva perché già nel terzo secolo la moneta aurea circolava in base al suo peso e non in base ad un suo ‘valore nominale’. In altre parole, l’oro coniato aveva lo stesso valore di quello non coniato e, in occasione dei pagamenti, il metallo era posto su una bilancia e pesato. Inoltre, a partire da Costantino, l’oro circolava liberamente sul mercato, come qualsiasi altra merce, e ciò comportava variazioni di prezzo stagionali e geografiche. Per esempio, nei periodi che precedevano la riscossione di imposte auree era necessario procurarsi oro e il suo costo aumentava in maniera significativa.

Secondo gli esperti, la libra romana doveva pesare tra i 320 e i 327 grammi. Una sanzione aurea di 100 libbre corrisponderebbe, quindi, a più di 32 kg d’oro e avrebbe un valore attuale superiore ad un milione e mezzo di euro. Secondo un’equivalenza confermata da una legge imperiale, inoltre, una libra corrispondeva a 72 monete (solidi) aurei. Parliamo dunque di somme vertiginose, così ingenti da non poter neppure essere computate in semplici monete, ma in decine e decine di libbre d’oro. In numerose costituzioni (ho contato 22 casi) la sanzione aurea è di 100 libbre auree e, in una sola occorrenza, addirittura di 200.

Ciò pone immediatamente un cruciale dubbio: era possibile riscuoterle? La risposta è tutt’altro che semplice. La capacità di far fronte a simili esborsi dipendeva dal patrimonio di chi era condannato a pagare la sanzione. Si deve tenere presente che, in questo periodo, possessori di oro (oltre, beninteso, allo Stato e all’aristocrazia fondiaria) erano anche gli appartenenti alla militia, ossia coloro che prestavano servizio nei ranghi della burocrazia statale (militia inermis) e dell’esercito (militia armata), i cui emolumenti iniziavano ad essere versati in metallo giallo.

Chi erano i destinatari delle sanzioni auree?
Nella gran parte dei casi (circa l’80%), i comportamenti illeciti sanzionati dalle costituzioni imperiali con il conferimento di oro pesato sono illeciti esclusivi della militia, ossia degli appartenenti alla burocrazia statale (militia inermis) e dell’esercito (militia armata). Si contano ben 266 costituzioni.

In misura minore, questa tipologia sanzionatoria interessa anche altre categorie, come i curiali (diremmo, i maggiorenti cittadini), gli avvocati, gli ecclesiastici e altri soggetti con particolari status. Sono puniti con sanzioni auree persino illeciti comuni, che potevano essere commessi da qualsiasi cittadino.

La categoria più colpita è, però, senza dubbio, la militia. Quella non armata (ossia, la burocrazia) è sanzionata molto più frequentemente dell’esercito. E il ‘soggetto’ al quale è rivolto il maggior numero di sanzioni auree è l’officium, ossia il corpo di ‘impiegati’ subordinati ad ogni dignitario. La ripetitività con cui questa sanzione è prevista a carico di un intero corpus (e non di un singolo individuo autore del fatto illecito) solleva questioni di notevole importanza sul piano del diritto (quale forma assumeva tale ‘responsabilità collettiva’? da quale patrimonio dovevano essere tratte le somme?).

Le sanzioni auree nei confronti degli illeciti comuni mostrano invece un potere imperiale che (come un “Argo dai mille occhi”) non rinuncia a ‘sorvegliare’, legiferando su piccoli aspetti della vita dei provinciali che sembrerebbero non meritare la suprema attenzione del principe e che, teoricamente, avrebbero potuto essere lasciati al potere punitivo dei suoi funzionari nelle forme della coercizione.

Quali erano i principali illeciti previsti per la militia?
Le condotte illecite sanzionate con oro pesato nelle costituzioni imperiali sono centinaia, a volte descritte nei particolari, a volte di interpretazione incerta. Siamo di fronte ad un diritto di natura ‘casistica’, formatosi nel corso dei decenni in maniera alluvionale e senza alcuna prospettiva sistematica. In questo studio mi sono occupata di analizzare dal punto di vista storico-esegetico tutte le costituzioni che contemplano sanzioni auree per condotte illecite di appartenenti alla militia.

Gli illeciti sono i più vari e si rintracciano in entrambi gli ambiti che rappresentavano le competenze dei dignitari tardoantichi: la iurisdictio e l’administratio, sia nei rapporti interni alla militia, sia nei rapporti con i cittadini. Sono attestate, ad esempio, sanzioni auree a carico di funzionari-giudici e dei loro officia che accolgono l’appello di una sentenza contro la legge o ne dichiarano inammissibile uno che invece dovrebbe essere accolto. Va precisato che si tratta, non di rado, di illeciti difficilmente comprensibili a chi non fosse avvezzo alle complesse procedure della burocrazia tardoantica. Alcune di queste possono apparire curiose. Ad esempio, una costituzione dell’anno 401 stabilisce che, in occasione delle pubbliche cerimonie, l’officium del vicario era tenuto ad assicurarsi (pena una sanzione di 10 libbre d’oro) che nessun honoratus si presentasse al vicario stesso senza indossare il particolare mantello detto ‘clamide’. Tra le condotte sanzionate in oro più semplici da spiegare, ricordiamo ad esempio una costituzione di Teodosio II che punisce con 100 libbre auree l’ufficio del prefetto del pretorio che accogliesse richieste di privati di poter usare l’acquedotto Adriano a Costantinopoli, di esclusiva pertinenza imperiale. Interessanti sono anche le sanzioni auree poste a protezione dei ‘monumenti storici’: l’imperatore Maioriano disponeva una sanzione di 50 libbre d’oro contro il prefetto della città di Roma che disponesse la distruzione o l’alterazione di antichi edifici. Erano spesso sanzionati con il conferimento di oro anche i dignitari e i loro officia che accettassero eretici tra le loro fila, così come coloro che non reprimessero celebrazioni di culti pagani.

Sono, inoltre, attestate sanzioni che solo in apparenza sembrano meno severe. Per esempio, una costituzione di Onorio punisce il comandante militare (comes o dux) che trasferisse soldati da una unità all’altra contro l’utilità pubblica con il versamento di una libbra d’oro per ogni soldato dislocato. È evidente che, se il numero di milites trasferiti fosse stato considerevole, l’importo della sanzione avrebbe potuto essere molto elevato.

Quale funzione e quale significato avevano le sanzioni auree?
Sono diverse (e complesse) le considerazioni che possono essere svolte a questo proposito.

Si pensi al desiderio della militia di possedere l’oro e al suo timore di perderlo. Proprio sulla minaccia della privazione di oro, l’imperatore costruisce un potente strumento per contrastare le carenze tipiche della burocrazia, principale destinatario delle sanzioni auree, come la corruzione e la dissimulatio (ossia, in estrema sintesi, la mancata applicazione delle direttive imperiali). Ma appare anche emergere un certo timore, da parte dell’imperatore, di perdere il controllo su quanto avveniva nelle realtà provinciali dell’impero. La sanzione aurea è impiegata come utile strumento di controllo sui funzionari periferici e soprattutto sui loro officia. Questi ultimi erano minacciati con pene in libbre d’oro qualora venissero meno al loro obbligo di verificare che il dignitario a loro sovraordinato agisse sempre nel rispetto della legislazione imperiale. La pena aurea è, dunque, anche un mezzo per controllare i controllori.

Come ripeto, è naturale chiedersi se somme così ingenti fossero sostenibili da chi era condannato a versarle. Dal raffronto con altre ricchezze espresse in oro in fonti coeve (patrimoni, donazioni, doti, transazioni di vario genere, sportulae e altro) l’ammontare delle pene auree parrebbe da considerarsi verosimile. Ma verosimili non significa effettive. Non sappiamo, in altre parole, se fossero davvero applicate. Abbiamo pochissimi riscontri circa la procedura di cognizione (e di esecuzione) degli illeciti da sanzionare in oro; le fonti quasi non restituiscono alcuna notizia di pene auree realmente riscosse. È da tenere presente, inoltre, il non trascurabile ruolo della clemenza imperiale, anche nei casi in cui si fosse pervenuti ad una sentenza di condanna.

Tramite la sanzione aurea, insomma, il sovrano sorveglia. Tante leggi – quelle contenenti le pene auree – che sembrano altrettanti occhi aperti su una realtà politica e sociale in forte tensione. Nonostante la concreta effettività delle sanzioni in oro resti dubbia, il dato di fatto è che queste attraversano i secoli e risultano utilizzate da tutti gli imperatori. In altre parole, è possibile che queste pene non fossero quasi mai applicate (il problema dell’effettività della legge nel tardoantico è ben noto), ma, nonostante questo, dovevano rappresentare una adeguata minaccia, da inserire in un gran numero di provvedimenti imperiali. I principi continuano a punire e a sorvegliare, sicuri che non sarebbe mai venuta meno l’efficacia deterrente della paura di perdere somme tanto ingenti. La potenza, anche simbolica, dell’oro pare superare persino quella della legge.

Giorgia Maragno è Dottore di ricerca in Diritto Romano e Diritti dell’Antichità presso l’Università degli Studi di Ferrara. ‘Punire e sorvegliare’. Sanzioni in oro imperatori burocrazia (Jovene, 2020, pp. xii-700) è il suo primo libro. Tra i saggi pubblicati: Pomponio, l’ambasceria in Grecia e la glossa di Accursio tra historia e fabula. Conversazioni “ala mutescha” nella tradizione medievale (2010); I numeri nelle fonti giurisprudenziali. Prospettive di analisi (2018); Sui rescritti “insinuabili” in età postclassica e giustinianea tra sottoscrizioni, lettere celesti, scrittura purpurea e altre formalità (2019).

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