
Tuttavia, l’espansione della scuola d’infanzia pubblica si è realizzata prevalentemente in alcune regioni, grazie al concorso determinante degli Enti locali. Nel complesso, il sistema è rimasto ancorato a una soluzione mista tra pubblico e privato, entro la quale l’ambito pubblico non è però in grado di soddisfare pienamente la domanda potenziale. Inoltre, il superamento del modello assistenziale e il riconoscimento del carattere di prima scuola è stato realizzato sul versante pedagogico, ma non su quello politico. Difatti, sebbene la scuola d’infanzia sia stata dotata di Orientamenti caratterizzati – come quelli del 1991 – da un taglio curricolare (al pari degli altri gradi scolastici), essa non è però stata ricompresa nell’obbligo scolastico (nemmeno il suo ultimo anno), lasciandola così nel limbo di un servizio meramente facoltativo.
In seguito, l’interesse per la problematica della scuola d’infanzia si è progressivamente affievolita.
Oggi si sostiene che il compito essenziale della scuola è quello di formare il capitale umano necessario all’efficienza produttiva. Di conseguenza, l’attenzione della politica si è spostata verso l’istruzione secondaria e terziaria, connesse in modo più diretto col sistema produttivo, mentre la scuola d’infanzia è entrata in un cono d’ombra che sembra precluderle nuovi orizzonti di sviluppo. Le sue fortune pedagogiche, infatti, sono state legate a un’idea di scuola centrata sulla formazione dei futuri cittadini della Repubblica democratica. Il sopravvento della concezione della scuola come fabbrica del capitale umano, indebolisce il ruolo della scuola d’infanzia come spazio d’emancipazione, evocando due scenari preoccupanti. Da un lato, una sua possibile retrocessione a servizio assistenziale, necessario supporto di famiglie stressate dalla flessibilità interna ai processi produttivi. Dall’altro, una eventuale estensione dell’ideologia del capitale umano alla scuola dell’infanzia, con la sua metamorfosi in un incubatore di talenti. Si tratta di vicoli ciechi dai quali è necessario proteggere l’infanzia.
Qual è l’impostazione montessoriana della scuola d’infanzia?
Secondo la Montessori, il bambino è caratterizzato da un intrinseco bisogno di attività e di indipendenza: per svilupparsi in termini fisici e mentali ha la necessità di agire liberamente e di fare da solo, senza che l’adulto ne limiti l’azione o si sostituisca a lui. Inoltre, l’ambiente adulto non è fatto a misura di bambino, e perciò condiziona il suo agire. Per di più, in esso gli stimoli non sono mai dosati in modo proporzionato ai bisogni dell’infanzia: ora è troppo ricco e caotico, determinando una dispersione dell’attenzione del bambino; ora è invece troppo povero e risulta, perciò, carente di stimoli.
Per aiutare lo sviluppo del bambino, occorre perciò predisporre un ambiente pensato scientificamente per i suoi bisogni e le sue caratteristiche. La peculiarità di tale ambiente deve essere quella di favorire l’attività e la libera iniziativa del bambino. La predisposizione di un ambiente di questa natura è analoga all’organizzazione di un “gabinetto scientifico”, dove la libertà consentirà al bambino di manifestare la sua vera natura, solitamente mascherata dall’inadeguatezza dell’ambiente e dall’invadenza dell’adulto. Pertanto, come in un gabinetto di scienze naturalistiche, si potrà condurre un’osservazione scientifica delle autentiche caratteristiche dell’infanzia, e su questa base si potranno ideare e sperimentare materiali e attività scientificamente calibrate. Secondo la Montessori, la pedagogia scientifica non si riduce perciò a una psicologia descrittiva, ma si caratterizza per una finalità trasformatrice: osservare il comportamento del bambino con lo scopo di predisporre i mezzi adeguati per agevolare il suo sviluppo, e dallo studio dell’esperienza del bambino con tali mezzi trarre le indicazioni per la loro messa a punto. In questo nesso tra osservazione del bambino e messa a punto di mezzi per il suo sviluppo risiede il carattere “sperimentale” che la Montessori ha sempre attribuito al proprio metodo.
Le condizioni materiali di un ambiente pensato per favorire la libera attività dei bambini sono essenzialmente due. In primo luogo, si tratta di un ambiente con arredi proporzionati al bambino (piccole sedie, tavolini bassi ecc.), che facilitano un’attività autonoma. In secondo luogo, l’ambiente è corredato da materiali di vita pratica (per la refezione, il riposo e altro), e da materiali di sviluppo, pensati scientificamente per promuovere lo sviluppo mentale del bambino.
La vita nella Casa dei bambini è articolata in due grandi versanti: le attività pratiche e quelle di sviluppo. Le attività di vita pratica riguardano la conduzione domestica della Casa, e vedono i bambini impegnati nel gestire direttamente le varie routine quotidiane. Le attività di sviluppo col materiale strutturato riguardano il versante formativo in senso stretto, destinato a facilitare lo sviluppo mentale del bambino.
Come si manifesta il sentimento montessoriano dell’infanzia?
Un aspetto importante del pensiero di Maria Montessori consiste nel proporre un nuovo sentimento dell’infanzia. Nella Prefazione a Il segreto dell’infanzia (1936), la Montessori si produce in una perorazione della “questione sociale” dell’infanzia. La scelta dell’espressione è di per sé emblematica: istituisce un’analogia tra l’infanzia e le classi sociali subalterne, e dunque tra l’ emancipazione dell’una e delle altre. La situazione dell’infanzia “è simile a quella di un uomo privo di diritti civili” (ivi, p. X), è necessario riconoscerglieli; “La questione sociale dell’infanzia penetra con le sue radici nella vita interiore, giunge fino a noi, adulti, per scuotere la nostra coscienza e rinnovarci. [ … ] L’infanzia costituisce l’elemento più importante della vita dell’adulto: l’elemento costruttore” (ivi, p. XIII). E più avanti, denunciata la cecità e l’insensibilità dell’adulto verso il bambino, verso i bisogni e i diritti di questi, ella conclude:
“Tutto ciò rivela un conflitto universale, anche se rimasto inavvertito tra l’adulto e il bambino. La questione sociale dell’infanzia [ … ] ci aiuta a crearci una coscienza nuova” (ivi, p. XIV). Al conflitto di classe, che caratterizza la questione sociale, la Montessori sostituisce così il conflitto adulto/bambino. Un conflitto che porta alla repressione dei bisogni profondi dell’ infanzia (ivi, p. 7) e produce le nevrosi che l’adulto (il “figlio” del bambino) si trascinerà nella propria esistenza. La “nuova coscienza” (legata a un nuovo sentimento dell’infanzia) che deve portare a una trasformazione dell’atteggiamento verso il bambino.
Questi passaggi sono destinati a esprimere un nuovo sentimento dell’infanzia, capace di trasformare il modo di sentire il bambino parte dell’educatrice (e degli adulti in generale), e quindi il suo atteggiamento educativo. E in una certa misura tale operazione ha avuto successo: la diffusione planetaria del pensiero montessoriano è dovuta anche (e, forse, soprattutto) al sentimento di cui ella fu l’araldo. Riassumiamo alcuni tratti del sentimento montessoriano dell’infanzia. Il bambino è caratterizzato da una mente assorbente dotata di un enorme potere di assimilazione, e attraversa un periodo sensitivo che rende limitata la durata di questa enorme potenzialità. Durante questo periodo, il bambino edifica la propria mente e così facendo costruisce l’uomo. Questo periodo è perciò decisivo per il futuro di ogni individuo e, dunque, per l’avvenire dell’intera umanità. Verso il bambino, l’adulto assume però atteggiamenti conflittuali, comportandosi in modo tirannico e irascibile, preoccupandosi solo di castigare il bambino per sottometterlo. Di fronte allo sforzo del bambino, l’educatore deve emendarsi attraverso un severo esame di coscienza, vestendo gli abiti dell’umiltà, dell’amore e della carità.
Ovviamente si tratta di posizioni che vanno rapportate all’epoca della Montessori. Ciò che conta è capire che ella intendeva influenzare il modo in cui adulti e educatrici vedono il bambino.
Quali prospettive per la scuola dell’infanzia del XXI secolo?
Il Novecento, nel complesso, ha tradito la promessa di essere il secolo del bambino. Non possiamo sapere se potrà esserlo il nuovo secolo, ma si può asserire che sui destini dei bambini giocherà un ruolo fondamentale la scuola dell’infanzia.
Questo servizio educativo si trova però davanti a grandi ostacoli. Da un lato, la mistificazione dell’infanzia operata dai mezzi di comunicazione di massa. Dall’altro la nuova concezione dalla scuola come azienda, che mette in secondo piano la questione dei diritti educativi.
Per poter reggere tale sfida, in primo luogo, occorre una rinnovata elaborazione di una cultura dell’infanzia, capace di promuovere un rinnovato sentimento dell’infanzia. Definire un’idea dell’infanzia, difatti, significa orientare gli atteggiamenti educativi e sociali verso i bambini, e quindi poter promuovere una nuova alleanza pedagogica tra scuola, famiglia e società. In secondo luogo, occorre riattivare la lezione montessoriana, cogliendone e valorizzandone gli sviluppi che ad essa ha saputo dare l’esperienza bolognese di Bruno Ciari, e aprendola agli orizzonti concepiti dall’esperienza reggiana di Loris Malaguzzi. Una nuova fase della scuola dell’infanzia, per procedere con passo sicuro, dovrà avere le gambe ben piantate in queste tradizioni, che ne hanno fatto un modello di riferimento a livello mondiale.