Proemio dell’Odissea: parafrasi

Il proemio (Odissea 1, 1-10)

«Il poema si apre con l’invocazione alla Musa: il canto sarà dedicato a Odisseo e al suo viaggio di ritorno. Il nostos è stato rinviato per colpa di Calipso — che lo trattiene — e di Poseidone adirato per l’accecamento del figlio, il ciclope Polifemo. Ma le altre divinità dell’Olimpo, ci dirà poi il poeta, avranno compassione di lui.

L’Odissea si apre senza che venga specificato il nome del suo protagonista, con il riferimento a un generico ‘uomo’. Odisseo è però fin da subito perfettamente riconoscibile e costituisce egli stesso il tema del poema, così come lo era la μῆνις di Achille nell’Iliade; solo qualche verso più sotto, il nome di Itaca e il riferimento esplicito all’eroe (al v. 21) rendono la sua identità completamente manifesta. La figura di un ‘eroe’, di un semplice ἀνήρ che si rende protagonista di fantastici viaggi per mare e di scontri con nemici mostruosi, di incontri con i morti e con esseri divini, di inganni e di vendette, ancora prima che nell’Odissea, era già presente nelle narrazioni più antiche del bacino del Mediterraneo e dell’Oriente (basti pensare alla saga di Gilgamesh).

La dea, la Μοῦσα, saprà concedere il sapere del canto al poeta, e per suo tramite al pubblico. Possiamo notare che il cantore ribadisce il suo ruolo per ben due volte in pochi versi e si fa ‘veicolo’ delle conoscenze della Musa: μοι, «a me…», diviene così la seconda parola dell’intero poema. Il pronome di prima persona segna uno stacco importante rispetto al prologo impersonale dell’Iliade: qui l’aedo chiede infatti aiuto nel canto ‘per sé’ e ‘per noi’ (μοι ἔννεπε… εἰπὲ καὶ ἡμῖν., vv. 1 e 10). Siamo ancora lontani dalla nascita di un ‘io lirico’, cioè di una ‘voce poetica’ che parli in prima persona, e siamo lontani dall’affermarsi del ruolo sociale dell’intellettuale. Né si potrà parlare di autobiografismo, perché μοι ed ἡμῖν non corrispondono a nessun poeta dotato di un nome e a nessun gruppo con una precisa storia personale; però in questo prologo sembra essersi affacciata una soggettività nuova.

L’Odissea non ha inizio con un avvenimento preciso, e dai primi versi del poema si ha l’impressione che tutto sia fermo: come si apprenderà pochi versi dopo, Odisseo è trattenuto sull’isola di Calipso (vv. 14-15), e l’azione riceverà la sua spinta iniziale solo perché gli dèi hanno deciso che anche per lui è tempo di tornare.

Nei primi dieci versi l’eroe dall’ingegno multiforme, il viaggiatore e versatile (πολύτροπος) Odisseo, viene ricordato anzitutto come colui che distrusse Troia, con un ‘ritorno all’indietro’ narrativo a ben dieci anni prima, quando Ilio cadde. Ma subito dopo (vv. 3-5) il poeta non rinuncia a un richiamo sintetico a quella dimensione avventurosa che costituirà la cifra dell’intera narrazione:

  • i viaggi nelle città e gli incontri con gli uomini (v. 3: anche se Odisseo incontrerà soprattutto esseri favolosi, e pochi ἄνθρωποι);
  • la cautela: conoscere il νόος di molti popoli significa anche avvicinarsi a loro con circospezione, non solo con curiosità, ed è questo l’atteggiamento di Odisseo anche a Itaca, quando ha a che fare con i Pretendenti (v. 3);
  • le molte sofferenze ἐν πόντῳ (v. 4: non è del tutto vera questa centralità del mare nel racconto);
  • i pericoli e il rischio di morire (v. 5);
  • il richiamo ai compagni di viaggio e il riferimento al ritorno (v. 5); Odisseo non è rappresentato come un avventuriero o un pirata, ma come uno che prova a salvare la propria pelle assumendosi le responsabilità
    del capo: oltre a sé, pensa anche agli ἑταῖροι, ai quali è dedicata una lunga porzione del prologo (vv. 5-9).

La quantità di temi e di spunti di racconto ai quali il poeta potrà attingere è dichiarata fin da subito come pressoché illimitata; molte sono le deviazioni, molti sono gli uomini incontrati e molti i dolori patiti (πολλὰ… πολλῶν… πολλὰ…, con particolare insistenza sull’allitterazione della π-, presente fin dal πολύτροπον di v. 1: di nuovo l’idea di ‘molteplicità’).

Il fatto che il poeta si riferisca a Odisseo senza nominarlo, ma chiamandolo semplicemente l’uomo’ (ἄνδρα al v. 1) che ‘distrusse Troia’ (v. 2), assieme al richiamo puntuale ma non particolarmente dettagliato alla vicenda delle vacche del Sole mangiate dai compagni, sono indizi che ci confermano che questo materiale epico era noto agli ascoltatori: nessun altro eroe coinvolto nella guerra contro Troia era collegato a questo specifico episodio. Alle vacche del Sole vengono dedicati i vv. 7-9, mentre una più estesa narrazione è rinviata al libro 12. In questi primi versi la condanna espressa nei confronti dei compagni dell’eroe è senza appello: sono definiti νήπιοι, ‘stolti’ (v. 8), e per la loro insensatezza sono morti. Nonostante il divieto, infatti, essi hanno insistito per potersi fermare presso l’isola dove pascolano le mandrie di Helios, di cui si sono cibati violando un divieto religioso.

Perché il poeta si sofferma così a lungo (3 versi su un totale di 10) sull’episodio specifico delle vacche del Sole proprio qui, nel prologo del poema? In realtà, gli eroi che accompagnano Odisseo non sono in fondo così νήπιοι come il poeta li descrive, perché la loro rovina è meditata da un piano divino prima ancora che dalla loro debolezza di uomini. Nel prologo, infatti, non viene detto che sono stati spinti dalla fame, né che è Zeus a costringerli a rimanere fermi sull’isola per un intero mese (cfr. Odissea 12, 279-419). Tuttavia in questi primi versi la netta distinzione fra compagni ‘stolti’, da un lato, e Odisseo ‘accorto’ dall’altro serve a suscitare una forma di simpatia per l’eroe, a isolarlo e farlo emergere come protagonista: responsabilizzato dal suo ruolo di capo, per quanto si sia impegnato e pur desiderando la salvezza anche dei compagni (ἀρνύμενος, v. 5), essi sono morti non per colpa sua.

Rileggiamo il v. 10: «di questi eventi, partendo da qualche punto, o dea, figlia di Zeus, racconta anche a noi». Il cantore sa che grazie all’aiuto della divinità può (ri)prendere il racconto da un punto qualsiasi e da lì sviluppare anche una narrazione molto lunga. Oltre alla natura circolare di questo prologo (il v. 10 ‘risponde’ al v. 1), non ci sfuggano i piani temporali che vengono messi in campo:

  1. c’è Troia, lontana nel tempo (v. 2);
  2. ci sono le vicissitudini di Odisseo sulla via del ritorno, l’episodio delle vacche di Iperione e la morte dei compagni (vv. 3-9);
  3. poi c’è un adesso di cui il poeta ha piena coscienza, il tempo della richiesta e della preghiera alla divinità per dare avvio al canto (vv. 1 e 10).

La disposizione temporale e la selezione del materiale da esporre sono nelle mani dell’aedo, come chiarisce l’espressione τῶν ἁμόθεν al v. 10: andranno selezionati una parte del racconto (τῶν) e un punto di partenza scelto a piacere (ἁμόθεν). Il poeta non prende le mosse dal giorno della partenza da Troia: sarà Odisseo alla corte dei Feaci a narrare le sue disavventure (libri 9-12), mentre la materia prescelta per il canto si limita all’esposizione dei fatti concentrati negli ultimi quaranta giorni; sappiamo dai versi seguenti e dal libro 1 che il poeta inizierà il suo canto dalla permanenza di Odisseo presso Ogigia (l’isola di Calipso), dalla decisione di Zeus di farlo tornare a casa e da quanto sta succedendo a Itaca.»

tratto da Con parole alate. Autori, testi e contesti della letteratura greca di Andrea Rodighiero, Sabina Mazzoldi, Dino Piovan, Zanichelli editore

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