
Quel giorno è arrivato. Ormai conversiamo, lavoriamo, andiamo a scuola, giochiamo, acquistiamo prodotti o servizi, ci informiamo, socializziamo, il tutto attraverso lo schermo di un computer di uno smartphone. Abbiamo convertito online anche molte attività tradizionalmente svolte dal vivo, come le visite mediche, le sedute psicoterapeutiche, le riunioni aziendali, i colloqui di lavoro, le consulenze, gli incontri di coaching, e le attività di formazione. Trascorriamo online in media 7 ore al giorno, di cui 1/3 sui social network, con un incremento del tempo speso su queste piattaforme del 12% nell’ultimo anno, equivalente a 14 nuovi utenti al secondo.
La pandemia da Coronavirus, con le nuove abitudini dettate dalle restrizioni, ha accelerato questa tendenza già in vertiginoso aumento, che pare continuerà anche una volta passata l’emergenza. In Italia, durante il lockdown il numero dei messaggi online è triplicato, il traffico Internet in generale è cresciuto del 40%, quello dei siti di news del 70% e quello sulle piattaforme di streaming video è raddoppiato, lentamente ma inesorabilmente soppiantando la televisione tradizionale.
Ormai, come nota Paul Carvel, “l’uomo moderno comunica spesso più con il suo mouse che con la sua lingua”, contribuendo a quella che è stata definita “infobesità”. Come un eccesso di cibo, soprattutto se di qualità scadente, nuoce gravemente alla salute, anche il flusso sempre più abbondante e sempre più rapido di informazioni, notizie, opinioni, messaggi, dati, non solo ci impedisce di selezionare ciò che ci è veramente utile, ma rischia di causare in noi una vera e propria dipendenza.
Disporre di una tecnologia non significa quindi saperla utilizzare, anzi. “Più elaborati sono i nostri mezzi di comunicazione, meno comunichiamo”, notava, già nel secolo scorso Joseph Priestley, e i meravigliosi progressi della tecnologia della comunicazione, se non ben gestiti, rischiano di portare ad un progressivo deterioramento delle relazioni umane.
Cosa cambia nella comunicazione telematica?
Ci siamo evoluti interagendo dal vivo, non attraverso uno schermo, e il nostro modo di comunicare non si è modificato, nonostante i rapidi progressi della tecnologia.
“Il computer più nuovo al mondo non può che peggiorare, grazie alla sua velocità, il più annoso problema nelle relazioni tra esseri umani: quello della comunicazione. Chi deve comunicare, alla fine, si troverà sempre a confrontarsi con il solito problema: cosa dire e come dirlo”, notava ancora Bill Gates.
Ogni atto comunicativo viaggia su tre canali differenti, non verbale, paraverbale e verbale.
Il canale non verbale comprende il look (abbigliamento, pettinatura, accessori), lo sguardo, le espressioni, la postura; appartengono al canale paraverbale tono, timbro, volume della voce, pause, ritmo, musicalità del discorso. Il canale verbale, infine, veicola il contenuto del discorso.
Nonostante generalmente la nostra attenzione sia focalizzata sul contenuto verbale, cioè sul “cosa” viene detto, la nostra mente è costruita per cogliere in maniera più o meno consapevole sottili segnali non verbali e paraverbali, cioè il “come” una determinata cosa viene detta. Queste componenti caratterizzano e chiariscono il contenuto del discorso, trasmettendo l’80% dell’emotività tra i partecipanti. La frase “sei sempre lo stesso” proveniente dal nostro partner, assume significati profondamente diversi a seconda che sia pronunciata con voce dolce accompagnata da un sorriso o con voce tagliente unita ad un’occhiataccia. È significativo anche ricordare che quando il “cosa” è in contrasto con il “come”, è del “come” che ci fidiamo, e a ragione, perché il canale verbale è il più facile da falsificare. Sono gli indizi non verbali e paraverbali che ci svelano se il nostro regalo alla zia è stato veramente gradito o se i nostri vicini di casa sono realmente desiderosi di invitarci a cena.
Online, tuttavia, gli equilibri cambiano, poiché la comunicazione digitale penalizza pesantemente la componente non verbale. Attraverso lo schermo noi non vediamo tutta la persona, ma solo il suo viso o al massimo il mezzo busto; non possiamo apprezzare appieno il suo sguardo o la sua gestualità; luce, qualità della webcam, dimensione dello schermo e risoluzione dell’immagine condizionano pesantemente ciò che riusciamo a vedere e percepire.
L’impatto di questo limite è particolarmente evidente nelle situazioni dove l’emotività è fondamentale, come una relazione di cura, un’attività formativa o una seduta di coaching.
In che modo è possibile adattare la nostra comunicazione al contesto telematico?
Per adattare la nostra comunicazione al contesto telematico dobbiamo essere prima di tutto consapevoli di limiti e potenzialità della tecnologia, per minimizzare i primi e utilizzare al meglio le seconde.
Come abbiamo detto, la componente della comunicazione che più risente del setting digitale è la comunicazione non verbale, che non è più veicolata da tutta la nostra persona ma soltanto dalla parte visibile, a cui si associa come un’estensione anche lo sfondo. Anche la qualità dell’immagine, la posizione rispetto alla webcam e la luminosità vanno considerati, in modo che l’interlocutore non debba fare fatica ad osservarci.
È importante quindi che lo sfondo sia adeguato, come una parete bianca, con eventuali quadri o diplomi, evitando finestre o specchi, spazi aperti e porte, da dove potrebbero passare familiari o colleghi. Anche gli sfondi fittizi che la tecnologia mette a disposizione appaiono artificiosi, anche se comunque preferibili agli sfondi aperti o con i mobili di casa.
La posizione della webcam e la distanza dallo schermo devono essere curati in modo che l’immagine sia ben visibile e centrata, senza risultare deformata; la luce deve essere adeguata, ma non abbagliante.
Look, abbigliamento, pettinatura, barba, trucco, accessori, almeno per la parte visibile, vanno curati come se fossimo dal vivo, in maniera appropriata al contesto e all’occasione.
Lo sguardo, importantissimo nelle interazioni dal vivo, online perde molta della sua potenza, e andrà compensato da altri fattori, come le espressioni del viso o la modulazione della voce. Uno sguardo empatico potrà essere sostituito da un tono di voce più caldo; l’irritazione trapelerà più dal tono aspro e tagliente della voce che dall’intensità dello sguardo.
La mimica facciale va curata attentamente perché veicoli i significati che vogliamo trasmettere, e non altri: online, infatti, l’attenzione dell’interlocutore è incentrata prevalentemente sul nostro viso, ed è più facile notare espressioni anche fugaci, di noia o di irritazione.
Anche la gestualità va adattata: i movimenti illustratori delle mani, che accompagnano il discorso, devono essere visibili, senza però coprire il viso; i movimenti armonici del capo, determinanti nei processi di influenzamento interpersonale, sono importantissimi, perché spesso la testa è l’unica parte visibile.
La postura va adattata alla nostra posizione, generalmente seduta, e alla distanza dallo schermo, evitando sia eccessiva rigidità che eccessiva rilassatezza delle spalle e della testa.
La voce, col suo tono, ritmo e volume, pause, prosodia e musicalità si fa carico della gran parte della carica emotiva della comunicazione. Con le parole di George Bernard Shaw “Col tono giusto si può dire tutto, col tono sbagliato nulla: l’unica difficoltà consiste nel trovare il tono”. Un concetto importante, ad esempio, dovrà essere incorniciato tra una piccola pausa prima, che crea anticipazione, e una piccola pausa al termine, che crea un “effetto eco”; le parole dovranno essere ben scandite, il volume della voce leggermente aumentato.
Qualche adattamento si impone anche nel canale verbale, cioè nella scelta delle parole. È fondamentale ricordare che, rispetto ad un contesto dal vivo, online l’attenzione cala molto più rapidamente e che sono più probabili i fraintendimenti.
È faticoso, infatti, mantenere occhi ed attenzione puntati su uno schermo, e siamo più facilmente distratti dall’ambiente che ci circonda, che sia la casa o il luogo di lavoro. Occorre quindi catturare immediatamente l’attenzione dell’interlocutore, con un aforisma, un racconto, un aneddoto, una citazione, una domanda, e mantenerla alta con un’interazione costante.
Nella scelta delle parole, inoltre, è fondamentale alternare al linguaggio indicativo e razionale a cui siamo abituati, un linguaggio evocativo, che, parlando per immagini, è immediatamente comprensibile ed efficace e arriva diritto alle componenti più arcaiche del nostro cervello. Con le parole del grande persuasore Blaise Pascal: “prima di convincere l’intelletto bisogna toccare e predisporre il cuore”.
Quali suggerimenti possono aiutarci a rendere più efficace la nostra comunicazione telematica?
Posto di fronte ai grandi cambiamenti, l’essere umano può subirli passivamente o imparare a gestirli: sia chi è appassionato di tecnologia, sia chi rimpiange i bei tempi andati, deve tenere conto che la comunicazione digitale sarà parte sempre più integrante della nostra vita. Alcuni accorgimenti possono aiutare ad adattarci.
– Il contesto non va mai dimenticato: anche se siamo comodamente seduti sul divano del salotto, la comunicazione andrà adattata all’occasione, sia che si tratti di una seduta di psicoterapia, di una sessione di coaching, di una riunione aziendale, di una lezione a distanza o di una chiacchierata tra amici.
– La componente non verbale, anche se perde di importanza, è sempre presente, contribuendo grandemente al formarsi della “prima impressione”, che condizionerà come un filtro tutte le impressioni successive. Sfondo, espressioni del viso, sorriso, cura della persona, gestualità devono essere curati al massimo.
– Lo sguardo va mantenuto sulla webcam anche quando è particolarmente difficile come, ad esempio, quando proiettiamo filmati o diapositive, e ci troviamo così a parlare col nostro schermo. Guardarci intorno o fissare altre parti della stanza è un potente messaggio di mancanza di interesse e di distrazione, e va quindi assolutamente evitato.
– Soprattutto quando è richiesta una grande partecipazione emotiva, bisogna prestare molta attenzione alle componenti paraverbali, in particolare al tono e alla musicalità della voce, e sincronizzarla con i movimenti del corpo e il contenuto del discorso.
– Contenuto, stile e struttura del discorso devono essere adattati al rapido calo dell’attenzione che si verifica online, potenziando l’interazione tra i partecipanti.
Siamo contemporaneamente attori e spettatori di un cambiamento epocale nella società e nel mondo della comunicazione: nostra responsabilità è raccogliere la sfida e trasformarla in un’opportunità di miglioramento. La storia dell’umanità insegna come gli eventi più devastanti spesso conducano a slanci verso il miglioramento, perché, con le parole del grande scienziato Albert Einstein, “La creatività nasce dall’ angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorgono l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie”
Giorgio Nardone è psicologo e psicoterapeuta. Ha fondato – con Paul Watzlawick – e dirige il Centro di Terapia Strategica di Arezzo. Tra i suoi libri: Correggimi se sbaglio, Il dialogo strategico, Cavalcare la propria tigre, Gli errori delle donne, Psicotrappole, La paura delle decisioni, La nobile arte della persuasione, Oltre sé stessi, Emozioni. Istruzioni per l’uso, tutti pubblicati di Ponte alle Grazie.