“Potere globale. Regole e decisioni oltre gli Stati” di Lorenzo Casini

Prof. Lorenzo Casini, Lei è autore del libro Potere globale. Regole e decisioni oltre gli Stati edito dal Mulino: come si articola lo spazio giuridico globale?
Potere globale. Regole e decisioni oltre gli Stati, Lorenzo CasiniÈ uno spazio immenso, caratterizzato dalla irregolarità dei confini, dal moltiplicarsi delle dimensioni, dall’alta densità di collegamenti tra una ricca varietà di soggetti, pubblici e privati. Ed è uno spazio complesso: per questo, giuristi e politologi hanno trovato molte immagini che potessero descriverlo, inclusi i dipinti di Jackson Pollock. Ma vi è anche chi ha richiamato l’«ingorgo stradale» (gridlock) per indicare lo stallo decisionale che sarebbe causato da questa frammentazione.

Oggi sono migliaia le istituzioni, regole, procedure e decisioni che prendono forma oltre gli Stati, in pressoché ogni settore, dall’ambiente allo sport, dal commercio a Internet, dalla finanza alla salute, alla ricerca, alla moda, al cibo, alla cultura. Si va così affermando un potere globale o, più propriamente, una “comunità” di poteri (e di contropoteri) globali, intesi in senso ampio come centri di decisione e di influenza sulle scelte di altri soggetti. Questi centri sono anche privati, ovviamente, se solo si pensa alle società multinazionali o a soggetti quali Google o Facebook.

Lo “spazio giuridico globale”, quindi, è un luogo di scambi e relazioni che intercorrono tra soggetti pubblici e privati in ambito nazionale, transnazionale e internazionale, in tutte le direzioni. Per studiarlo, occorre l’aiuto di diverse discipline: non solo il diritto, ma anche la scienza politica, la sociologia, l’economia e la filosofia, per citarne alcune. Per certi versi, è come entrare in un luogo “magico”, come Alice nel Paese delle meraviglie, in cui uno stesso fenomeno può essere visto da più prospettive e punti di vista…e non mancano i buoni e i cattivi!… Il libro mira dunque a far comprendere quando si è formato e come funziona questo spazio e come agisce questa “comunità di poteri” globali.

Chi sono i soggetti dello spazio giuridico globale?
Innanzitutto, ci sono gli Stati e i governi nazionali, con le loro ambivalenze: da un alto, il numero degli Stati continua ad aumentare, basti citare le istanze separatiste della Catalogna, e crescono le rivendicazioni contro poteri sovranazionali, come con la Brexit; dall’altro lato, gli Stati vengono limitati dalle istituzioni internazionali.

Vi sono, poi, migliaia di organizzazioni ultrastatali di varia natura. Abbiamo le tradizionali istituzioni intergovernative, come l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) o l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL). Vi sono poi le reti, i c.d. network, transnazionali, formati da governi come il G-7 o il G-20, o da amministrazioni nazionali come il Comitato di Basilea, la IOSCO (a cui partecipa la nostra CONSOB) o l’International Competition Network (ICN), ma anche da soggetti pubblici e privati. Vi sono infine gli enti privati e quelli ibridi pubblico-privati che svolgono funzioni di interesse pubblico o collettivo, come l’ISO per la normazione, l’ICANN per Internet e la WADA per l’anti-doping, oppure le agenzie di rating o anche il Comitato olimpico internazionale (CIO).

Infine, vi è la società civile che, soprattutto grazie all’attività delle organizzazioni non governative – si pensi ai settori della tutela dell’ambiente o della protezione dei diritti umani – riesce sempre più ad intervenire nei processi decisionali ultrastatali. Ma, come è noto, in questo spazio non mancano poteri privati in grado di imporre la propria volontà, anche agli Stati, come avviene nel caso delle multinazionali.

Quali effetti producono le regole globali sulle decisioni nazionali?
Questi effetti riguardano ogni settore, dalla sicurezza alimentare a Internet, dalla tutela dell’ambiente alle telecomunicazioni, sino ai diritti umani.
Si pensi ai siti UNESCO. Qui l’idea stessa di patrimonio mondiale dell’umanità è l’emblema dei paradossi della globalizzazione giuridica, perché gli Stati chiedono, di fatto, di autolimitarsi e di sottoporsi alle regole e al controllo dell’UNESCO per quanto riguarda la gestione dei propri siti culturali (o naturali) più rappresentativi. Persino i giochi olimpici offrono un caso di regole globali – qui dettate da un organismo privato, il CIO – che condiziona fortemente le decisioni di politica interna degli Stati: basta ricordare le polemiche per la mancata candidatura di Roma ai giochi olimpici del 2024.

Sempre più spesso le scelte legislative e amministrative degli Stati sono influenzate da norme, linee guida, principi dettati da organismi ultrastatali. Inoltre, tra gli interessi pubblici e privati che le amministrazioni nazionali o locali debbono raccogliere, valutare e ponderare vi sono ormai anche quelli di organismi o di comunità internazionali, che spesso condizionano in modo determinante l’esito della decisione (specialmente quando si tratta di “beni pubblici globali”, come la salute o l’ambiente).

Come decidono le istituzioni globali?
Questa “comunità di poteri” globali ha sviluppato proprie pratiche e modalità di decisione, diverse da quelle degli Stati, perché differente è il contesto in cui essa opera: manca l’unitarietà dell’ordinamento; non vi è un’autorità politica centrale, come un Parlamento o un governo; gli Stati sono riluttanti a cedere la propria sovranità e prediligono strumenti più flessibili e, ove possibile, reversibili. Allo stesso tempo, i regimi globali sono stati costruiti imitando la logica, propria dello Stato (democratico), della divisione delle funzioni fondamentali – legislativa, esecutiva, giudiziaria – in uno “spazio” però molto diverso da quello nazionale.

Le organizzazioni internazionali sono in larga misura dei “regolatori”, perciò il tipo di decisione prevalente in queste istituzioni si concretizza in atti normativi o di carattere generale: guidelines, policies, standards, recommendations, regulations. Ma ci sono anche decisioni che producono conseguenze giuridiche direttamente su singoli, cittadini o imprese, persino in situazioni emergenziali: l’OMS, per esempio, può intervenire direttamente per contenere la possibile diffusione di epidemie. Inoltre, le istituzioni ultrastatali hanno con il tempo prodotto sistemi articolati di controllo del proprio processo decisionale e dei propri atti: crescono le corti o i tribunali internazionali.

Le istituzioni globali, infine, usano meccanismi decisionali poco diffusi o del tutto assenti in ambito nazionale, quali il consensus, il consensus negativo (il c.d. reverse consensus) o altri principi di tipo maggioritario, sino al veto (come nel caso dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU).

Quali sono le ambiguità e quali le virtù dello spazio giuridico globale?
Gli effetti ambivalenti prodotti dalla globalizzazione, anche giuridica, sono molti. Si è detto prima che gli Stati sono, allo stesso tempo, rafforzati e indeboliti dalla formazione di una comunità di poteri globali. Le virtù non mancano, se si guarda alla sempre maggiore diffusione di principi quali la partecipazione e il c.d. due process, favorita anche dalla moltiplicazione di “giudici” globali.

Le tensioni tra i diversi interessi in gioco restano forti: si pensi a quanto sta accadendo in Siria e alle difficoltà di applicare il principio della “responsabilità di proteggere” le popolazioni interessate; così come al potere ormai acquisito da multinazionali come Facebook e alle difficoltà di controllarne la legittimità dell’operato. E vicende come la Brexit o la crescita dei movimenti nazionalisti hanno sollevato ulteriori perplessità sull’efficacia degli strumenti finora prodotti dalla globalizzazione giuridica. Ma questi alti e bassi non mettono in dubbio l’importanza e l’utilità di comprendere il funzionamento e le trasformazioni dello spazio giuridico globale; al contrario, impongono di approfondirne lo studio e la conoscenza anche al fine di meglio metterne in luce potenzialità e lacune. Ed è quello che questo libro cerca di fare.

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