
La scelta dell’area era stata indubbiamente favorita dalle grandi potenzialità economiche che il controllo dei traffici passanti per lo Stretto sembrava garantire ai nuovi venuti. Non a caso, i Calcidesi avevano deciso innanzitutto di impiantarsi all’entrata nord dello Stretto, presso la penisola dalla forma di falce (zanclon, nella lingua degli indigeni Siculi) destinata a dare il nome a Zancle, la futura Messene-Messana (oggi Messina). Il secondo insediamento era stato invece collocato sulla sponda calabrese, dove i coloni avevano dato vita a Reggio, alla foce del torrente Calopinace. Non bisogna però dimenticare che i Calcidesi avevano fondato anche centri minori, destinati a svolgere il probabile ruolo di empori: è questo il caso di Mile (presso l’odierna Milazzo) e Metauro (presso l’odierna Gioia Tauro), per cui si era scelta una posizione quasi speculare rispetto all’imboccatura settentrionale dello Stretto.
Per completezza, dobbiamo dire che questo quadro era stato arricchito, nel corso del VI secolo, dall’arrivo di coloni provenienti da Cnido e Rodi, i quali avevano dato vita, apparentemente, al primo insediamento greco stabile nell’arcipelago delle Eolie, a poca distanza dallo Stretto. Le modalità dell’impianto non sono del tutto chiare, ma c’è ragione di credere che ad esso non si sarebbe giunti senza il preventivo assenso dei Calcidesi che da più tempo abitavano nell’area.
Come era organizzata la vita sociale ed economica dei centri di Zancle, Mile, Metauro, Reggio e Lipari, tra la fine del VI e l’inizio del V secolo?
Le fonti letterarie non offrono dettagli sulla vita quotidiana dei centri dello Stretto; questi erano però affacciati tutti sul mare e, quindi, una simile posizione doveva influenzare la loro organizzazione sociale ed economica. Abbiamo ad esempio ragione di affermare che il commercio era una delle attività più importanti per il sostentamento della popolazione locale e che per il suo corretto esercizio era necessaria l’esistenza di buone strutture portuali. Nel caso di Zancle, la penisola a forma di falce offriva senza dubbio un sicuro approdo naturale per le imbarcazioni. Nel caso di Reggio, ci scontriamo invece con l’impossibilità di determinare l’esatta posizione del porto in età tardo-arcaica, poiché le fonti letterarie tacciono al riguardo, mentre nessun punto dello specchio di mare di fronte alla città ha restituito finora tracce materiali inequivocabili. In compenso, possiamo essere certi che nella Reggio tardo-arcaica fiorirono importanti attività economiche di tipo artigianale: tra queste si distinguevano le lavorazioni ceramiche, i cui prodotti – come le famose ‘ceramiche calcidesi’ – furono venduti ed esportati anche a grande distanza dallo Stretto.
Quali scambi intrattenevano tali centri con le comunità tirreniche, soprattutto all’indomani della battaglia del Mare Sardonio e della fondazione di Elea?
Si trattava di scambi molto intensi, non solo di natura economica, ma anche culturale e politica. Ne abbiamo una prima conferma nella documentazione materiale, come le ‘ceramiche calcidesi’ – di cui parlavo poco fa – che sono state ritrovate in gran numero nei centri costieri del Mar Tirreno. Ma la prova più eloquente giunge da un brano del I libro di Erodoto, che tratta della celebre battaglia del Mare Sardonio combattuta intorno al 540 da Etruschi e Cartaginesi contro i Focei di Alalia. Questi ultimi ne uscirono fortemente ridimensionati nelle loro forze, al punto da essere costretti a lasciare Alalia e a mettersi per mare alla ricerca di una nuova terra da abitare. Fortunatamente, secondo Erodoto, essi trovarono accoglienza presso Reggio, da cui poi partirono di nuovo alla volta della terra degli Enotri, dove fondarono Elea. Il racconto erodoteo è dunque decisivo perché, al di là del singolo episodio narrato, lascia intendere che esistevano rapporti buoni, e non occasionali, tra i Focei – noti per essere grandi navigatori – e una città dello Stretto come Reggio. Anzi, un grande studioso, come il francese Georges Vallet, non ha esitato a parlare dell’esistenza di una vera e propria entente cordiale tra i Focei e le comunità dello Stretto di fondazione calcidese, che avrebbe dato i suoi frutti migliori proprio al tempo della fondazione di Elea.
In che modo Anassilao conquistò il potere?
Questa è una domanda a cui è difficile dare una risposta certa. Uno dei pochi dati sicuri, infatti, è che Anassilao assunse il potere tirannico a Reggio nel 494/3 a.C. e lo tenne per diciotto anni, fino al 476/5, come testimonia lo storico Diodoro Siculo. Inoltre sappiamo che Anassilao apparteneva a una famiglia di origine messena: per tale motivo, alcuni studiosi hanno ipotizzato che egli abbia conquistato il potere facendo leva sulla componente messena della popolazione di Reggio e, viceversa, usando ostilità verso la componente calcidese fino a quel momento detentrice del potere cittadino. In realtà, si deve riconoscere che non esiste alcuna prova del fatto che la Reggio di inizio V secolo fosse dilaniata da contrasti di natura ‘etnica’ e neppure che la componente cittadina di origine calcidese avesse mai detenuto da sola il potere. È allora meglio limitarsi a dire che il potere tirannico di Anassilao subentrò a un precedente regime di natura oligarchica: così fa pensare la tradizione aristotelica, secondo cui, prima dell’avvento di Anassilao, i poteri politici erano stati riservati, a Reggio, ai mille cittadini più abbienti, che li esercitavano secondo modalità purtroppo non precisabili.
Quali vicende segnarono gli anni della sua tirannide?
Anche se la tradizione storiografica trascura generalmente l’operato di Anassilao, a lui possiamo attribuire imprese politico-militari di non poco conto. Innanzitutto, si deve ricordare che, quando era da poco al potere a Reggio, egli favorì l’occupazione della città di Zancle da parte dei Sami in fuga dalla loro terra d’origine a seguito della battaglia di Lade. Poi, intorno al 489/8, approfittò della recente morte del tiranno Ippocrate di Gela per mettere piede in Sicilia, scacciare i Sami da Zancle e rifondare la città falcata con il nome di Messene, a ricordo della terra d’origine della sua famiglia. Questo fu un fatto decisivo per la storia della sua tirannide: Anassilao infatti trasferì da allora la sua sede nella città appena rifondata e lasciò il comando diretto su Reggio al figlio Leofrone. Ma le mire espansionistiche di Anassilao non trovarono sfogo solo in Sicilia, se è vero che, da alcune sporadiche testimonianze, veniamo a sapere di un’inimicizia che, in quegli anni, contrappose Reggio alla non lontana Locri, una delle più importanti città sulla costa ionica dell’Italia meridionale. D’altra parte, tali mire finirono, ovviamente, per impensierire i nuovi signori di Gela (e poi di Siracusa), i Dinomenidi, che vennero a scontrarsi con Anassilao, nel frattempo avvicinatosi ai Cartaginesi, al tempo della battaglia di Himera del 480.
Quali conseguenze ebbe la battaglia di Himera del 480?
La battaglia di Himera segnò una grande vittoria di Siracusa e del suo tiranno, Gelone, sul blocco filo-cartaginese appoggiato da Anassilao. Lo storico Diodoro ci offre la più dettagliata ed entusiastica descrizione dello scontro. Del resto, è importante ricordare che i Siracusani furono molto abili a costruire una vera e propria strategia di esaltazione propagandistica intorno alla vittoria, che fu presentata, negli anni successivi, come la contropartita occidentale della vittoria ottenuta dai Greci del continente sui Persiani nella seconda guerra persiana. Tuttavia, nel mio libro ho insistito sul fatto che le conseguenze della battaglia di Himera non furono particolarmente negative per Anassilao: a quanto ci è dato sapere, in effetti, il tiranno continuò a rimanere saldamente al potere fino alla sua morte naturale, nel 476/5, e, senza fare concessioni territoriali ai Siracusani, dovette limitarsi a garantire loro la libera transitabilità nelle acque dello Stretto. Infine, va sottolineato che Anassilao, prima di morire, provò di nuovo a fare guerra alla città di Locri, che intanto aveva stretto alleanza con Siracusa. Tutto questo concorre alla mia convinzione che la battaglia di Himera abbia certamente compromesso il prestigio di Anassilao, ma non ne abbia limitato in modo significativo la capacità di azione politico-militare.
A quale ridefinizione identitaria andarono incontro le comunità di Reggio e Messene dopo l’entrata in vigore del koinon dogma del 461/0?
Il koinon dogma – una sorta di ‘accordo comune’ – segnò, per la Sicilia, il tentativo di voltare pagina dopo la fine delle tirannidi. Negli anni immediatamente precedenti, infatti, non solo era stato abbattuto il regime dei Dinomenidi a Siracusa, ma anche quello dei successori di Anassilao nell’area dello Stretto. L’accordo stabiliva che, in vista di una pacificazione generale, in ciascuna città si dovessero reintegrare i cittadini che erano stati allontanati sotto i tiranni; Messene venne però individuata come la città che avrebbe accolto le guarnigioni di mercenari arruolati al tempo degli stessi tiranni. Questo ebbe una conseguenza dirompente per la vita delle città dello Stretto, che da allora vissero storie tendenzialmente separate, anche sul piano della dimensione identitaria. Reggio, infatti, tornò a essere governata dal regime oligarchico in vigore prima dell’ascesa di Anassilao e lasciò passare in secondo piano qualsiasi richiamo ai suoi legami con il mondo messeno; in più, al momento dello scoppio della guerra del Peloponneso, si presentò come una città calcidese, alleata di Atene in virtù delle comuni origini ioniche. Messene, invece, dovette accogliere le guarnigioni mercenarie della Sicilia e, dopo avere assunto il nome dorico di Messana, affermò la sua appartenenza al blocco spartano. Si trattò dunque di una complessa ridefinizione politica, che trovò il suo compimento non prima dei decenni finali del V secolo.
Edoardo Bianchi insegna Storia greca all’Università di Verona. Si occupa da tempo di rapporti politici e culturali tra Greci d’Occidente, Etruschi e Romani in età arcaica. Tra le sue pubblicazioni si annoverano le seguenti monografie: Vulci. Storia della città e dei suoi rapporti con Greci e Romani, L’Erma di Bretschneider, Roma 2016; Greci ed Etruschi in Roma arcaica nella storiografia moderna del secondo dopoguerra, Del Prisma, Catania 2013; Il rex sacrorum a Roma e nell’Italia antica, Vita e Pensiero, Milano 2010, rev. 2017 [open access: https://iris.univr.it/handle/11562/936277].