
Il testo – che fino al mio lavoro di edizione non era conosciuto, né citato dalla vasta storiografia sul tardo Cinquecento – presenta una dettagliata cronaca dei fatti succedutisi in quel periodo di tempo e costituisce, a mio parere, una testimonianza storica preziosa e di notevole interesse, contribuendo ad arricchire le nostre conoscenze su quegli anni e su alcuni passaggi cruciali della storia europea. Offre infatti un vivido spaccato della politica internazionale del papato, la sua centralità in un periodo storico estremamente complesso, descritto dalla prospettiva di un osservatore diretto, personalmente coinvolto nelle vicende descritte, partecipe degli umori della corte papale, al centro di una ramificata rete informativa sull’asse Firenze-Roma che lo metteva direttamente in connessione con i pontefici, con i membri del collegio cardinalizio, con agenti e funzionari diplomatici di altri stati, con i principali esponenti della finanza fiorentina concentrati nel quartiere di Banchi. Una voce autorevole abituata per obblighi di servizio non solo a rappresentare la politica del suo sovrano, il granduca di Toscana Ferdinando I de’ Medici (che aveva avuto una lunga carriera cardinalizia e aveva lasciato una lunga scia di potere, di rapporti e di proprietà a Roma), ma ad essere informata sugli andamenti della politica italiana e internazionale, a cogliere ogni minima sfumatura nei colloqui in anticamera o nelle visite ai cardinali, a interpretare ogni parola scambiata con i papi nelle udienze private, ordinarie e straordinarie, cercando di penetrare gli umori degli interlocutori anche dal loro tono di voce, dal mutare delle espressioni del volto.
Chi era Giovanni di Agnolo Niccolini e quali vicende segnarono la sua vita?
La sua figura, la sua carriera, le sue aspirazioni e le sue strategie per il futuro della famiglia sono ricostruite nella prima parte del volume grazie soprattutto alle migliaia di lettere private che sono conservate nell’archivio di famiglia.
Giovannni di Agnolo Niccolini (1544-1611), era membro di una famiglia aristocratica di Firenze fortemente legata fin dal XV secolo al potere dei Medici. I suoi antenati avevano goduto più volte degli onori della repubblica fiorentina. Suo nonno Matteo era stato un personaggio importante nella fase turbolenta di passaggio dalla repubblica al principato dei Medici negli anni ’30 del ‘500. Suo padre Agnolo era stato un uomo di fiducia del duca Cosimo I, impiegato in delicate missioni diplomatiche e poi incaricato del governo di Siena (1557-67) dopo l’annessione dello stato senese al dominio mediceo. Essendo vedovo era stato poi nominato grazie al duca arcivescovo di Pisa (1564) e successivamente cardinale (1565). Alla morte del padre nell’agosto 1567 come unico erede maschio si trovò a capo della famiglia, godendo dei frutti dell’attività di quattro generazioni di Niccolini e della contiguità con il potere che essi avevano saputo costruire nel corso del tempo. Si imparentò per via matrimoniale con il potente casato dei banchieri Salviati e avviò una proficua carriera nel mondo degli investimenti finanziari grazie ai contatti con le principali banche fiorentine. Nell’arco di circa venti anni seppe incrementare in maniera significativa il patrimonio di famiglia e si segnalò per la sua ricchezza, per i contatti nell’alta società cittadina ma soprattutto per la sua attività di raffinato collezionista e di committente di opere d’arte. In particolare fu il promotore di una sontuosa cappella di famiglia nella chiesa di Santa Croce che doveva celebrare i fasti del casato e che rivaleggiò in bellezza e in decorazioni con altre imprese private come quelle, contemporanee, dei Gaddi e dei Salviati.
Indubbiamente la svolta della sua carriera fu l’incarico diplomatico a Roma dove fu inviato nel novembre 1587 per comunicare la morte del granduca Francesco I nel momento della successione a cui fu chiamato da Roma il cardinale Ferdinando de’ Medici. Dopo due mesi la missione da ‘straordinaria’ si trasformò in ‘ordinaria’ e Giovanni Niccolini, insediato nella residenza medicea di Palazzo Firenze in Campo Marzio, fu ambasciatore residente di Toscana presso la corte di Roma per un lungo periodo (1588-1611), svolgendo il servizio diplomatico sotto sette pontefici, da papa Sisto V Peretti a Paolo V Borghese. Si trattò di un incarico prestigioso che Niccolini aveva preparato da lungo tempo e che sembrò aprirgli gli orizzonti verso il vero obiettivo che coltivò a lungo: convertire tutto il suo prestigio, il suo onore personale, la lunga tradizione di servizio del suo casato verso la famiglia dominante in un segno tangibile di ascesa sociale, ovvero la concessione di un titolo nobiliare. Obiettivo che non fu da lui conseguito ma che fu raggiunto dalla generazione successiva, ovvero dai suoi figli.
Quali avvenimenti e personaggi scorrono nelle pagine del diario?
La cronaca storica in forma di diario descrive, naturalmente secondo il punto di osservazione dell’ambasciatore, gli avvenimenti di cui fu testimone diretto o di cui fu informato in quegli anni turbolenti, che furono segnati dall’alternarsi al pontificato di ben cinque pontefici, da Sisto V Peretti, che Niccolini trovò al suo arrivo a Roma, fino a Clemente VIII Aldobrandini, il papa che era ancora in carica (e lo sarebbe stato a lungo) quando interruppe bruscamente la sua narrazione alla data del 30 aprile 1593 senza apparenti motivazioni. Forse la stanchezza per un impegno effettivamente molto gravoso? Forse la delusione del momento perché le sue aspettative di carriera non sembravano procedere secondo le sue speranze? Non lo sappiamo con certezza.
I contenuti, comunque, rispecchiano e restituiscono in pieno la complessità di quel momento storico: l’arco cronologico interessato fu infatti assai denso di avvenimenti e di cambiamenti nella direzione politica dello stato ecclesiastico, così come nella politica europea. I diciotto mesi che vanno dall’agosto 1590 al gennaio 1592 furono estremamente turbolenti a Roma, perché videro alternarsi sul trono di Pietro – come già detto – almeno cinque pontefici. L’andamento complesso delle elezioni papali è dunque al centro della narrazione, così come i cerimoniali della corte romana, la politica e le strategie dei cardinali, divisi in fazioni e continuamente in fibrillazione in questo clima di Conclave “permanente”. Inoltre la pesante cappa dello strapotere spagnolo che autorizzava spesso i comportamenti arroganti degli agenti della diplomazia iberica nei fragili equilibri politici degli antichi stati italiani. Le questioni belliche legate ai conflitti religiosi in Francia e nelle Fiandre, le manovre della Lega cattolica per impedire l’ascesa dell’eretico Enrico di Navarra al trono francese e poi il problema della sua conversione al cattolicesimo. La fallimentare impresa di Inghilterra di Filippo II e gli attacchi marittimi alle coste iberiche dei corsari inglesi sotto l’egida della regina Elisabetta I. I propositi di espansione in Provenza e nelle Alpi Marittime del duca di Savoia Carlo Emanuele I e le controffensive in Francia, in Svizzera e in Piemonte delle forze protestanti. I conflitti nello scacchiere baltico con al centro il problema della contrastata successione in Polonia fra l’impero e il regno di Svezia. La costante preoccupazione militare per la minaccia ottomana sui mari e nei Balcani. Per quanto riguarda lo stato ecclesiastico, dalle pagine dei diari emergono soprattutto il problema del banditismo con le figure ricorrenti di Alfonso Piccolomini e Marco Sciarra; i primi segnali dei rapporti conflittuali fra Venezia e i vertici del potere papale, così come il problema della prossima devoluzione di Ferrara dagli estensi allo stato ecclesiastico che avrebbe poi portato nel 1598 al viaggio di Clemente VIII per prendere possesso del ducato; il difficile controllo del territorio pontificio per lo strapotere delle famiglie baronali nei feudi e in città; infine la gravissima carestia dei primi anni Novanta con le difficili condizioni di vita della popolazione che portarono più volte a gravi rischi per l’ordine pubblico.
Si tratta insomma di una cronaca che descrive molti passaggi cruciali della storia europea di questi anni, vissuti e descritti da Roma che senza dubbio era il cuore della diplomazia in quel periodo. Il testo di Niccolini, in questo senso, costituisce senza dubbio una fonte primaria fino adesso inedita, che ha il pregio non solo di narrare gli avvenimenti ma di riportare i nomi e le azioni di decine di personaggi (papi, cardinali, vescovi, diplomatici, agenti, re, principi, duchi, uomini d’arme, banditi etc.). Visti e raccontati da un testimone diretto e in qualche modo privilegiato, protagonista a suo modo di quelle vicende in una corte come quella di Roma che si segnalava, in quel periodo storico, per la sua assoluta centralità nello scacchiere della politica internazionale.
Andrea Zagli (Firenze, 1962) è professore associato di Storia moderna all’Università degli Studi di Siena, Dipartimento di Scienze Storiche e Beni Culturali. È membro della Deputazione di Storia Patria per la Toscana. Fa parte del comitato editoriale della rivista quadrimestrale “Ricerche Storiche”. Ha pubblicato numerosi saggi e monografie. Fra gli altri: Il lago e la comunità. Storia di Bientina un «castello» di pescatori nella Toscana moderna (Firenze: 2001); Storia illustrata di Grosseto (Pisa: 2014); Politica e diplomazia nella Roma dei papi alla fine del ‘500. I “Diari” di Giovanni Niccolini ambasciatore fiorentino (Pisa: 2020).