“Poirot a Styles Court” di Agatha Christie

Poirot a Styles Court
di Agatha Christie

«Poirot era un ometto dall’aspetto straordinario. Era alto meno di un metro e sessantacinque, ma aveva un portamento molto eretto e dignitoso. La testa era a forma di uovo, costantemente inclinata da un lato. Le labbra erano ornate da un paio di baffi rigidi, alla militare. Il suo abbigliamento era inappuntabile.»

Più che come autrice di un singolo libro, di Agatha Christie si deve parlare come della creatrice di un genere e della figura emblematica dell’investigatore moderno. Poirot a Styles Court è solo uno dei tanti romanzi della madre del giallo, ma ha la caratteristica peculiare di essere il primo che abbia pubblicato, e insieme il primo in cui compare Poirot.

Siamo negli anni della prima guerra mondiale. L’io narrante è quello del capitano Hastings, grande amico di Poirot, che trascorre la convalescenza per una ferita nella casa di campagna di un amico, la cui matrigna ha sposato un ambiguo uomo di vent’anni più giovane. La donna viene trovata avvelenata e i sospetti, oltre che sul marito, cadono sui figliastri, che si ritiene possano trarre vantaggio dalla morte della vecchia signora.

Hastings incontra casualmente Poirot, esule belga, ospite nel villaggio, e gli chiede di indagare sul delitto. Tutti i residenti a Styles Court sembrano essere coinvolti, e per tutti, a un certo punto, sembra esserci un alibi che li scagiona. Alla fine di una complessa indagine si viene a scoprire che il delitto è stato architettato dal marito in combutta con una donna e realizzato con un ingegnoso artificio chimico che aveva ucciso la padrona di casa in assenza degli assassini, che si trovavano opportunamente altrove all’ora del delitto.

Ma i libri della scrittrice inglese sono diventati dei classici anche per i metodi di indagine, per i personaggi e per le ambientazioni. Qui Poirot inaugura un metodo di lavoro che coniuga conoscenze scientifiche, ricerche anagrafiche e fattuali, e intuizioni psicologiche. Nessuno degli elementi da solo porterebbe alla soluzione, ma è combinandoli, con le sue «celluline grigie», che l’ometto belga penetra i segreti degli indagati, ne scopre la propensione al delitto ed elimina via via contraddizioni e incongruenze. Quello che resta è la verità, e Poirot può trionfalmente additare il colpevole, che era convinto di averla fatta franca.

Le mansion della campagna inglese in cui sono ambientati molti dei gialli della Christie (per non parlare dei treni, delle navi, degli scavi archeologici) sono uno scenario ideale e sembrano reggere da sole il racconto. Styles Court, malgrado si sia in periodo bellico, ne è un emblema: servitù e giardinieri a profusione, parchi e campi da tennis e di croquet, cerimoniosi pranzi, cene e merende con tè e pasticcini. L’ideale per ambientarci un delitto.

E ideali sono anche i personaggi. I figliastri imbelli, che vivono alle spalle della matrigna in attesa dell’eredità; il viscido marito, completamente estraneo all’ambiente, con una barba nera, «delle più lunghe che avessi mai visto», adatto al palcoscenico «ma nella realtà fuori posto», che tende a Hastings «una mano senza vita». Brr. La fida cameriera, un po’ ottusa, la governante, apparentemente un’agguerrita nemica del marito, la nuora insoddisfatta e forse infedele, uno studioso di chimica che ne sa troppo di veleni e un’infermiera che lavora nel dispensario di un ospedale e maneggia tossici dalla mattina alla sera. Japp, il poliziotto diligente ma senza intuito né metodo scientifico. E Hastings, che si innamora e si dichiara sempre alle donne sbagliate; che vorrebbe fare il detective ma è di un’ingenuità e di una dabbenaggine che sfiora l’idiozia; che crede di aver trovato indizi fondamentali e viene sbeffeggiato da Poirot, che lo tiene all’oscuro dei suoi progressi e non nasconde il suo giudizio poco lusinghiero sulle capacità intellettuali dell’amico.

Ma sopra tutti c’è Poirot, riflessivo e un po’ folle, che nel momento più drammatico delle indagini si mette a costruire castelli di carta con precisione millimetrica, che quando ha un’intuizione importante si mette a saltare e ballare come un bambino, che prende a pugni i tavolini quando si trova in un’impasse, che abbraccia e bacia Hastings quando, con un’osservazione occasionale, gli ricorda un indizio che aveva sottovalutato. Poirot, che rischia di mandare all’aria l’indagine per proteggere la felicità famigliare di due coniugi. Poirot, del quale non sapremo mai se ha una vita sessuale, e di che tipo, e che tuttavia conosce perfettamente la psicologia femminile. «Le ha detto che non le importava? Allora le importava di sicuro. Sono fatte così, les femmes

Infine, i gialli di Agatha Christie sono un esercizio logico applicato agli incidenti che, malgrado siano eccezioni, servono a capire il senso ultimo della vita. L’assassinio irrompe nella normalità di una comunità, spezza la quotidianità e così ne mette in luce le incongruenze. Sui delitti si indaga perché gli uomini non possono non porsi il problema di cosa li ha prodotti e di chi ne è il responsabile. Se si ragiona, si deve indagare. Se si indaga, si è uomini consapevoli, responsabili, capaci di ristabilire l’ordine che si è rotto. Indago, ergo sum, potrebbe essere il motto di Poirot e di Agatha Christie. Perché l’uomo che risolve un enigma dimostra di non subire fatalisticamente gli avvenimenti, ma di essere in grado di capire le storture del nostro comportamento e di riportare in asse l’equilibrio che si era rotto.

Ah, a proposito: l’assassino – o meglio, il complice dell’assassino – non è il maggiordomo, è la governante.»

tratto da I cento libri che rendono più ricca la nostra vita di Piero Dorfles, Garzanti

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