Pierluigi Vaccaneo: «oggi si legge troppo ma male»

Dott. Pierluigi Vaccaneo, oltre che direttore della fondazione Cesare Pavese, Lei è co-fondatore dell’associazione TwLetteratura: in che modo i social network possono contribuire a promuovere l’amore per i libri e la lettura?
Con il libro stampato, l’umanità passa da un modello di divulgazione del sapere prettamente orale ad uno standardizzato, caratterizzato dalla linearità teorizzata dai caratteri tipografici. Da una cultura diffusa e plurisensoriale, l’invenzione della stampa implica dunque lo sviluppo di una cultura lineare e monosensoriale. Una rivoluzione dalla quale, secondo quanto teorizzato da Marshall McLuhan nel suo Understanding media, sarebbero scaturiti l’individualismo (il libro viene fruito in solitudine), la società industriale (caratterizzata dalla catena di montaggio) e i nazionalismi. All’interno di questo clima culturale si codifica un modello di diffusione del sapere che possiamo definire “da uno a molti”: dalla cattedra agli studenti, dall’altare ai fedeli, dallo schermo televisivo alle masse. Tale impostazione ha caratterizzato, determinandola, la trasmissione della conoscenza dal 1500 ad oggi. Oggi, con l’avvento delle tecnologie digitali, l’uomo si trova di fronte ad una nuova rivoluzione copernicana in fatto di comunicazione: i nativi digitali (sono così definite le generazioni nate a cavallo tra XX e XXI secolo con una espressione coniata da Marc Prensky nel suo articolo Digital Natives, Digital Immigrants, pubblicato nel 2001; l’articolo, in lingua originale, è reperibile al seguente link) abitano una società multischermo in cui le informazioni si trasmettono da molti a uno, dai monitor di computer, smartphone, tablet verso l’individuo il quale le accoglie, condivide, commenta e rielabora assieme alla comunità on-line.

Un cambiamento epocale per cui oltre a doversi adeguare alla nuova dinamica “molti a uno”, l’Homo sapiens gutemberghiano deve anche superare la norma in base al quale il contenuto viene tramandato secondo un modello dialettico top-down: dall’alto dell’iperuranio del pensiero ai pochi eletti in possesso degli strumenti necessari per tradurre il verbo. Con l’avvento dei media sociali, infatti, questa dialettica a senso unico si modifica in favore di un modello bottom-up che dalla massa si erge e si propaga viralmente contaminando con le idee. Un nuovo habitat tecnologico e sociale in cui non può che modificarsi anche l’esperienza della lettura che si evolve avvicinandosi all’idea di condivisione del sapere immaginata, ad esempio, da Calvino nella piazza di Eufemia nel testo Le città invisibili.

Il libro, insomma, rinasce come strumento social di conoscenza e il social reading, l’atto di lettura condiviso e connesso con altre persone, inaugura una nuova stagione della lettura. Il libro smette di essere esclusivamente un contenitore di testo e diventa un’interfaccia, uno spazio di incontro, confronto, dialogo e crescita, personale e comunitaria, in un ambiente sociale e online. Il social reading, offrendoci un nuovo modello di comunicazione e scambio dialettico, ci riporta all’epoca dell’oralità, della discussione non lineare quando scrittura e lettura erano già, prima della carta e della stampa, un’esperienza social. Una prospettiva che ci permette di considerare il social reading una pratica ancora più antica, se non più longeva, della lettura individuale che, inoltre, è anche responsabile di aver modificato il ruolo del lettore da co-autore (pensiamo allo scriba che legge e copia i commenti del precedente copista, alla trasmissione orale delle storie che, da un oratore all’altro, si incrementano di nuovi e articolati dettagli, oppure ai grandi manoscritti custoditi dalle biblioteche e aumentati, lettura dopo lettura, dai commenti dei vari lettori) a semplice fruitore di un contenuto in forma privata e solitaria. Il social reading dunque ci offre diverse opportunità di interazione e collaborazione: la lettura del testo, la lettura dei commenti fatti dagli altri lettori, la lettura delle interazioni e discussioni nate attorno al testo e tra i lettori. A questo passivo livello di interazione, aggiungiamo il livello più attivo e autoriale del lettore che, nel processo di fruizione social del testo, diventa autore commentando, condividendo e diffondendo i propri contenuti unitamente a quelli degli altri.

Quali attività promuove la Vostra associazione?
La nostra Associazione promuove attività di social reading, in Italia e nel mondo, veicolate attraverso la app Betwyll, realizzata sul Metodo TwLetteratura elaborato dal sottoscritto insieme a Paolo Costa ed Edoardo Montenegro. L’obiettivo è quello di offrire, attraverso la tecnologia e il social networking, nuove opportunità di lettura e nuovi approcci al libro, al testo che per noi rimane sempre e comunque l’unico punto di riferimento dei nostri progetti. Attraverso il libro e la sua lettura noi vogliamo stimolare le comunità alla condivisione, alla partecipazione attiva, all’attenzione e allo sviluppo di quelle soft skills oggi così fondamentali nel percorso di crescita e formazione di ciascuno di noi. Betwyll è quindi la webapp che promuove la lettura in un ambiente digitale attraverso la sintesi (brevi messaggi da 140 caratteri chiamati twylls), un vincolo temporale (il libro viene letto secondo un calendario di lettura) e un’esperienza sociale (ritrovarsi, seduti attorno ad un libro, in una ambiente digitale). Su Betwyll si leggono libri, seguendo uno specifico calendario condiviso, e si commentano, assieme alla comunità di lettori, attraverso brevi messaggi di massimo 140 caratteri (twylls). Durante la lettura si attivano dialoghi tra i lettori, stimolati dai commenti che appaiono a margine del testo, che incrementano le interazioni tra le persone e con il testo (lettura profonda) e dunque la condivisione e lo scambio di suggestioni, impressioni, idee afferenti al testo oggetto dell’attività. Leggere un’opera letteraria secondo un metodo ben definito e rielaborarla commentandola in comunità permette al lettore di cogliere a fondo la valenza contenutistica e allegorica del testo. Questi, dunque, gli elementi chiave di Betwyll che contribuiscono alla creazione di una nuova esperienza social della lettura (social reading) attuata grazie ad uno spazio online sicuro in cui i testi possono essere letti e commentati in un nuovo spazio dove lettori, insegnanti e studenti si incontrano e socializzano attraverso la lettura post gutemberghiana. I progetti su Betwyll creano dunque un viaggio crossmediale che, partendo dal testo, e passando per una sua deframmentazione linguistica attuata attraverso il social reading, ci porta ad una riappropriazione individuale e collettiva dell’opera nella sua globalità, alla luce dell’esperienza di approfondita ri-lettura.

In questo senso il modello TwLetteratura svolge appieno il compito, suggerito da McLuhan, di essere “metafora attiva”; cioè di tradurre l’esperienza di lettura del romanzo in una forma nuova, un ibrido che è momento di verità e di rivelazione dal quale nasce una nuova forma che ci trascina fuori dal sonno ipnotico in cui ci aveva trascinati la narcosi narcisistica.

I dati Istat evidenziano come oltre il 60% degli italiani non legga: quali a Suo avviso le cause e quali le possibili soluzioni?
In realtà credo che oggi si legga troppo ma male. Internet e l’online ci propongono un modello di fruizione dei contenuti culturali che prevede la velocità, la superficialità e la bulimia da consumo di contenuti. È un approccio orizzontale all’esperienza lettura: è come se fossimo a New York e volessimo visitare tutti i grattacieli di Manhattan saltando da un roof top all’altro senza invece prendere l’ascensore e visitare ogni piano cercando di comprendere l’anima dell’edificio. Una metafora forse un po’ blasfema ma che rende l’idea di come oggi siamo abituati a conoscere, comprendere, leggere e quindi capire. Con la nostra attività vogliamo invece utilizzare quelle stesse tecnologie, quello stesso approccio che ci porta ad essere superficiali per educare invece alla verticalità, allo scendere all’interno dei contenuti per trovarne il senso più profondo. Il social reading di Betwyll e del metodo TwLetteratura sono dunque una forma di lettura aumentata in cui, in primo luogo, vi è l’idea che riscrivere un testo sia un modo potente di leggerlo, cercando di smontarlo e di penetrarne il segreto. Secondariamente il vincolo della brevità – i famosi 140 caratteri dei twyll con cui viene riassunto e commentato il testo, appunto ri-scritto – costringe il lettore/ri-scrittore a spingersi ancora più in profondità nel suo lavoro di scavo. Da ultimo c’è la dimensione sociale dell’esperienza: provare il social reading significa condividere con altri le proprie chiavi di lettura e creare un nuovo testo, il testo della comunità, che dalla comunità viene generato collaborativamente grazie all’opera di riappropriazione (lettura) del testo originario che diventa a questo punto una piattaforma di conoscenza, incontro, dialogo, consapevolezza, apprendimento (long life learning), studio e didattica. Sono queste le caratteristiche che hanno permesso al Metodo TwLetteratura di essere indicato, dalla Comunità europea, tra le 15 buone pratiche di promozione della lettura in ambiente digitale ed essere inserito dal MIUR tra gli strumenti di educazione civica digitale della piattaforma Generazioni connesse.

Può dare a chi non legge una ragione per farlo?
Per questa risposta mi servo di Cesare Pavese che, nel Mestiere di vivere, scrive: “La letteratura è una difesa contro le offese della vita”. Non credo serva altro.

È possibile educare alla lettura? Se sì, come?
Credo che un’educazione alla lettura sia il modo peggiore per stimolare la voglia di lettura. L’esigenza del libro, della lettura, nasce dentro di noi, forse anche casualmente, ma credo soprattutto perché figlia di quell’istinto di narrare (consiglio la lettura di L’istinto di narrare di Jonathan Gottschall) grazie al quale il genere umano si è sviluppato ed evoluto. Siamo storie, fatti di storie e nelle storie ritroviamo la strada per la nostra ricerca di identità: lo specchio in cui riconoscere il nostro viso, per rispondere alle domande esistenziali che ogni giorno ci assillano. La lettura è vita e non si educa a nascere, si nasce e basta, forse anche per magia.

Filo conduttore del Pavese Festival di quest’anno è la figura femminile nelle opere di Cesare Pavese: cos’è, la donna, per Pavese?
La donna per Pavese è parola, una parola che è ricerca, dialogo, scoperta, ricordo, introspezione, fanciullezza, verità: poesia. E non a caso da una poesia, scritta il 29 ottobre 1945, è tratta la frase scelta per il Pavese Festival 2022:

Tu sei come una terra
che nessuno ha mai detto.
Tu non attendi nulla
se non la parola
che sgorgherà dal fondo
come un frutto tra i rami.
C’è un vento che ti giunge.
Cose secche e rimorte
t’ingombrano e vanno nel vento.
Tu tremi nell’estate.

Una donna ritratta come se Pavese fosse di fronte a uno specchio alla ricerca del segreto taciuto della propria esistenza e della parola con cui narrarlo. Una donna Leucò, divinità sotterranea, interiore con cui dialogare descrivendosi. Una donna Mito, l’unica davvero possibile per Pavese. “L’ho creata dal fondo di tutte le cose che mi sono più care, e non riesco a comprenderla” scrive lui stesso in un’altra poesia dal titolo emblematico, Incontro. Dedichiamo questa edizione del Pavese Festival alle donne delle opere di Cesare Pavese, alle parole, alla poesia che generano e alle parole, alla poesia che le ha generate.

Quali provvedimenti andrebbero adottati, a Suo avviso, per favorire la diffusione dei libri e della lettura?
Sperimentazione e qualità. L’industria libraria fa business e forse poca qualità, quindi poca cultura. Tornando a Pavese: oggi del mestiere dell’editore come lo faceva Pavese non c’è traccia. Quella qualità e anche quella sperimentazione (ricordiamo che Pavese introdusse in Italia la letteratura americana, la psicoanalisi e l’antropologia) credo sia inarrivabile.

Pierluigi Vaccaneo si occupa di nuovi media e divulgazione culturale. È direttore della Fondazione Cesare Pavese e CEO di Betwyll, la startup nata con l’obiettivo di innovare la didattica attraverso il social reading. Betwyll è indicata dalla UE tra le 15 buone pratiche di promozione della lettura in ambiente digitale ed è inserita dal MIUR tra gli strumenti di educazione civica digitale di “Generazioni connesse”. È Ambassador di HundrEd, l’Associazione mondiale di ambasciatori dell’innovazione in ambito educativo e membro della Bosch Alumni Foundation che raccoglie Cultural manager europei nel campo della social innovation.

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