“Piccadilly Blu” di Alessandro Miciano

Piccadilly Blu, Alessandro MicianoPiccadilly Blu
di Alessandro Miciano
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Immagino un lettore alla ricerca di una buona spy story. Lo vedo aggirarsi tra gli scaffali della sua libreria preferita, navigare tra un sito web e l’altro; nelle mani gli capitano un classico di Ian Fleming e il romanzo di Alessandro Miciano, Piccadilly Blu, e alla fine deve decidere quale dei due acquistare. Convincerlo a posare il primo e leggere il secondo non è compito facile: la copertina è accattivante, sì, il titolo è un buon titolo, vero, ma l’autore è pressoché sconosciuto, mentre l’altro è il padre di James Bond, l’agente dei servizi britannici che ha rivoluzionato il cinema e ancor prima la letteratura di genere – oltre ad aver fatto la fortuna di Sean Connery. Eppure, con buona pace di Fleming, ci sono almeno tre buone ragioni per cui vale la pena buttarsi a capofitto su Piccadilly Blu e lasciare un momento da parte 007.

Il genere, anzitutto. Sarebbe improprio catalogare il romanzo sotto un’unica etichetta, e in questo caso penso sia un’ottima notizia: Alessandro Miciano, infatti, non si è limitato a scrivere l’ennesima e stereotipata storia di controspionaggio – guerra fredda, sesso e flûte di champagne, per capirci – da consegnare alla polvere su un’anonima mensola in salotto, ma con coraggio ha dato vita a un miscuglio di generi che funziona, spaziando dal thriller al romance, spingendosi fino al racconto d’avventura e alla fantascienza. Che in Piccadilly Blu troveremo qualcosa di diverso rispetto al solito lo capiamo subito, quando verso la fine del primo capitolo l’autore scrive: «Sembra che tutta la città (Londra, ndr) sia pervasa da questa magia allucinogena che in un attimo si trasforma in un incubo senza fondo»; e, poco più avanti, ne abbiamo la conferma, con l’ingresso nella storia di strane pillole colorate, di aggeggi dai poteri stupefacenti, della parola «cibernauti». Chiamato a dipanare un mistero cui nessuno dei suoi colleghi è riuscito a dare risposta è l’agente segreto John Dandy, seduttore, gran bevitore, uomo molto attento alla moda con una stramba fissazione per i Rolex Oyster Perpetual. Spesso ci sentiamo infastiditi quando il personaggio di un romanzo prende decisioni avventate o abbassa un po’ troppo la guardia, diciamo che al suo posto ci comporteremmo diversamente, ma non lo possiamo dire in Piccadilly Blu: Dandy è abituato a rischiare la vita, conosce benissimo il pericolo – e le donne, naturalmente -, ciò nonostante di fronte alla misteriosa ed evanescente Sybil, la bella antagonista dal caschetto blu, sembra commettere un errore dopo l’altro.

Altro punto a favore di Miciano – attenzione, non sto facendo un confronto con Fleming: sarebbe una partita persa in partenza e in ogni caso non avrebbe molto senso – è il suo stile fortemente visuale e ricco di aggettivi, che ben si presta a questo tipo di racconti. Muovendo una macchina da presa invisibile e precisa, l’autore mette in scena un romanzo tesissimo dal quale – e questa volta è proprio il caso di dirlo – è difficile staccarsi.

Infine una questione più ampia. In un momento in cui l’editoria italiana è infestata da epopee familiari, autofiction e storie di emancipazione, credo sia giusto premiare il coraggio di un autore che ha deciso di staccarsi dalla massa per dare maggiore spazio al puro intrattenimento, al piacere della lettura che non ha pretese didattiche e, forse, alle proprie passioni. Dunque lasciate Ian Fleming per il prossimo mese e adesso leggete Alessandro Miciano. Leggete Piccadilly Blu.

L’autore

Ho 54 anni e vivo a Milano. Mi occupo di prestiti e finanziamenti vari e Piccadilly Blu è il mio primo romanzo. Quando sono nato fuori c’era il sessantotto e forse da qui nasce la mia inquietudine Ero piccolo quando siamo volati da Milano alla terra dei tulipani, della libertà e tutto quanto. All’epoca non sapevo che l’Olanda fosse così ma io assorbivo tutto E quando siamo tornati ho iniziato a scrivere cercando di ritrovare quel senso di libertà perduto. Poi si diventa grandi e il mondo bussa alla tua porta e appena apri ti tira un pugno in faccia. E sanguini per davvero. Allora devi imparare a vivere e le storie rimangono in un cassetto del cervello e crescono insieme a te. E così ho avuto molte vite. Sono stato chitarrista e lupo di Wall Street, sprofondato nell’inferno delle assicurazione e consulente finanziario fino al crack, il telefono e poi il disco. Infine, in Viet-Nam a prendere mio figlio e ora inizia la mia settima vita. Sarà fantastica.

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