A Napoli vivevano un poveruomo e sua moglie, di nome Peronella, una bella e amabile fanciulla. I due conducevano una vita grama. Uno dei più bei giovanotti della città, Giannello Scrignario, si invaghì di Peronella.
Una mattina che il marito, come di consueto, uscì all’alba per andare al lavoro, Giannello prese il suo posto, in casa e nel letto della moglie. Normalmente il marito rimaneva fuori per l’intera giornata ma quella mattina tornò poco dopo.
La moglie fece entrare immediatamente l’amante in una botte, si ricompose e aprì al marito la porta di casa. Di fronte alle di lei accese rimostranze sul perché fosse tornato a casa invece di lavorare, il marito replicò:
– «Moglie mia, non ti arrabbiare! Io avevo tutte le intenzioni di lavorare, ma non mi ero ricordato di una cosa: oggi è la festa di san Galeone e non si lavora. Ma non ti preoccupare: ho trovato il modo di avere del pane per più di un mese. Ho venduto la botte che da tanto tempo è solo un ingombro in casa.»
La moglie prontamente ribattè:
– «Hai venduto un tino così per cinque gigliati, mentre io, una povera donnetta che non esce quasi mai di casa, l’ho ceduto per sette. Il buon uomo che se l’è comprato c’è entrato dentro, per verificare che sia solido e in buono stato.»
Giannello allora saltò fuori dalla botte e disse:
– «La botte mi pare sana, ma è tutta impiastricciata all’interno. Dovete darmela senza ‘sto sudiciume, altrimenti non se ne fa nulla.»
Allora il marito entrò nel tino e diede inizio all’operazione di ripulitura mentre i due amanti consumavano il loro congresso carnale. Quando tutti ebbero finito, Giannello, dopo aver esaminato l’interno della botte, disse che così andava bene e che era soddisfatto. E, dati al poveruomo i sette gigliati pattuiti, si fece portare la botte a casa.