
Che rapporto intrattengono, nello scenario attuale, con la politica?
Lo scenario attuale è incorniciato dall’emergenza per il Covid-19. Ciò ha ricombinato le prospettive con cui affrontiamo la vita sociale, quella economica e quella politica. Sul primo fronte, la dimensione collettiva è tornata a prevalere su quella individuale. Tant’è che passiamo un gran tempo ai domiciliari per salvaguardare un bene più ampio, la pubblica salute, che riconosciamo come superiore alla nostra libertà di movimento. Sul secondo, la globalizzazione, col suo effetto deflativo, ha ingranato la marcia indietro (anche a causa dei dazi di Trump). Sul terzo, la sede delle grandi decisioni è tornata ad essere, soprattutto, quella statale. Questo non significa che siano sparite le Regioni, o l’Unione Europea, ma che il Governo centrale, in Italia come negli altri Paesi europei, ha recuperato il senso della sua supremazia. Ciò rende un po’ più chiaro chi decide che cosa e consente ai corpi intermedi di svolgere la loro funzione: essere un megafono collettivo capace di farsi sentire da chi poi decide per tutti. Senza dimenticare il confronto interno, o quello tra interessi contrapposti, come nel caso della contrattazione collettiva. Riepilogando, il ruolo dei corpi intermedi è tornato preminente nel momento stesso in cui l’emergenza ha ridato la responsabilità di decidere agli esecutivi. In ballo non c’è solo la battaglia contro il virus, ma anche la ripresa economica; altrimenti come faremo a ripagare i debiti? E, soprattutto, che mondo lasceremo alle nuove generazioni? Per affrontare questi problemi non si può, semplicemente, sommare delle preferenze individuali tramite una piattaforma internet. Bisogna, invece, trasformare l’interesse individuale in un’istanza condivisa, attraverso il confronto; quello che permette di capire anche il punto di vista degli altri, per lo meno di quelli che si trovano in condizioni simili alla nostra. Come spiego nel mio libro, l’interesse di un gruppo non è un dato ex ante che viene a godere della forza del numero, per poi cercare di sopravanzare quello di altri gruppi, ma è il frutto di un processo che consente la scoperta, la mediazione, la progettualità. Sono questi alcuni degli aspetti rilevanti dei corpi intermedi. Ciò non significa che tutto abbia poi funzionato al meglio, o che ora tutto sia più facile. La semplificazione delle traiettorie di interlocuzione si è accompagnata, ovviamente, alla molteplicità delle istanze; cos’è prioritario: evitare di morire per il Covid-19, o evitare di morire di fame? In questi mesi abbiamo assistito di frequente allo scontro tra l’ottica sanitaria e quella economica. Come trovare soluzioni che salvino ‘capra e cavoli’? Certo il confronto aiuta, ma richiede tempo. E quando la tempestività è più importante della precisione, o dell’equità, bisogna avere il coraggio di decidere, con coerenza. Due aspetti spesso mancati; di più la seconda, che la prima. Di nuovo, però, bisogna considerare l’eccezionalità della situazione, ricordando che in questi casi bisogna concentrarsi sulle soluzioni, non sulle colpe, come piace fare a noi italiani.
Perché si può affermare che i corpi intermedi siano organizzazioni “naturali”?
Qui si entra nel dibattito teorico, dove si scontrano varie scuole di pensiero. Per esempio, per molti economisti neoclassici i corpi intermedi sono solo degli artifici collusivi per estrarre rendite a favore di pochi, a scapito dei più. Per altri economisti, invece, la loro pluralità implica il reciproco bilanciamento, causato dal contrasto competitivo. Una cosa che limiterebbe l’appropriazione di rendite da parte di singole organizzazioni, a tutto vantaggio di una società dinamica e aperta. In questi ragionamenti, tuttavia, tende a prevalere la dimensione economica su quella politica. Come se la seconda fosse un’ancella della prima, ovvero una mera conseguenza. Un’idea notoriamente sostenuta dagli economisti classici, tra cui figura Karl Marx, divenuta poi di senso comune, non solo tra i cultori della scienza triste, ma anche tra molti politologhi: “good economics is good politics”. Personalmente adotto un approccio evoluzionista e leggo nelle relazioni sociali la specificità e la preminenza della dimensione politica; quella economica gioca poi al sorpasso, ma a mio modo di vedere è un costante testa a testa. Prima della logica dello scambio, o della produzione, c’è stata quella della dominanza, tesa a favorire alcuni a scapito di altri, quanto a imporre un ordine prevedibile. Queste logiche di dominanza traspaiono già tra le scimmie antropomorfe ed è probabile che risalgano all’ultimo antenato comune. Tra di esse vi è il fatto che i rapporti di dominanza siano il portato di apposite coalizioni; da una parte quelle che si contendono la supremazia, dall’altra quelle che cercano di contenerne l’impatto prevaricatorio. Sono le leveling coalitions, di cui parlano i primatologhi, che ritengo costituiscano l’origine ancestrale dei corpi intermedi. Ecco perché sono organizzazioni “naturali” e non artificiali, come sostengono gli economisti neoclassici.
Quale insostituibile funzione svolgono a sostegno della democrazia?
Per come li vediamo operare ai nostri tempi i corpi intermedi cercano di influenzare le decisioni di governo, ognuno a favore dell’interesse che esprimono. Ciò è possibile, tuttavia, solo dopo aver svolto altre funzioni basilari, che vanno dal contenimento della prevaricazione (in caso di deriva democratica), alla sorveglianza sugli atti di governo (in che misura favoriscano, o ledano l’interesse rappresentato), all’esercizio di un ruolo avversativo (controproposta, critica, protesta). In questo senso i corpi intermedi sono i principali interpreti di ciò che Pierre Rosanvallon ha chiamato contro-democrazia. Oltre a ciò, bisogna considerare che ogni libera associazione costituisce una palestra di vita civile, favorendo il clima democratico nel suo complesso. Lo sosteneva già Aristotele che vedeva nei sissizi e nelle consorterie il principale antidoto alle tirannidi. Non solo; la vita associativa apre al singolo individuo tutta una rete di relazioni interpersonali di valore incalcolabile. Infine, si è scoperto che le adesioni multiple, cioè a più organizzazioni (es. un sindacato, un’organizzazione di quartiere, un‘associazione ambientalista, o di volontariato ecc.) creano una rete di interconnessione che favorisce la diffusione della fiducia tra i cittadini.
Come si esprime la leadership nelle organizzazioni sociali?
Il termine leader viene utilizzato dagli etologi per indicare l’individuo che dà avvio al movimento di un gruppo. Le specie sociali, come la nostra, devono affrontare molteplici problemi e il leader costituisce il punto di riferimento che consente la selezione di una certa condotta, così come il coordinamento dei soggetti coinvolti. Nella storia antica si sono scelti individui molto diversi fra loro per comandare in guerra (dux), o in tempo di pace (rex). Questo tipo di vaglio, in relazione al problema da risolvere, avviene anche nelle associazioni di rappresentanza. Scegliere il leader (incarico a tempo) è un po’ come scegliere il direttore d’orchestra: se si vuole suonare una sinfonia bisogna individuare il soggetto adatto. Non vado oltre perché il tema è corposo e, a volte, contro intuitivo. Idealmente si potrebbe credere che le organizzazioni democratiche debbano operare in logica paritaria, senza capi, ma non è possibile. Scegliere buoni leader, capaci e competenti, dopo averli adeguatamente preparati, è essenziale per la democrazia.
Quale sfida pone ai corpi intermedi il fenomeno della disintermediazione?
La disintermediazione è un concetto nato nei servizi bancari, molti anni fa, che è stato poi riproposto quando le nuove tecnologie informatiche hanno permesso agli utenti di svolgere autonomamente certe attività senza dover più ricorrere alla mediazione di un addetto (es. cassiere). In campo sociale si è iniziato ad usare lo stesso termine per prospettare un rapporto diretto fra chi governa e chi è governato, saltando ogni tipo di mediazione, compreso quello dei corpi intermedi e dei partiti politici. Al punto di ritenere che ogni interesse abbia il pieno diritto di essere soddisfatto senza il necessario contemperamento, non solo rispetto agli interessi altrui, ma anche di quelli che versano in condizioni del tutto simili. C’è un altro aspetto. Solitamente si vede solo, e positivamente, la fase ascendente: io che parlo direttamente col capo popolo, che mi ascolta. Per questo credo che verrò capito e soddisfatto. Non si colgono i rischi della fase discendente, che è tipica di chi detiene il potere, o aspira ad ottenerlo. Infatti, senza mediazioni il demagogo parla al suo popolo trasformando ciò che dice in ciò che la gente crede di volere. Come ho ricordato sin dall’inizio, l’emergenza pandemica ha riproposto l’importanza della mediazione.
In un’epoca caratterizzata dal populismo e l’emergenza sanitaria, in che modo è necessario ripensare i corpi intermedi?
Ovviamente non basta mediare, nel senso del contemperamento degli interessi, ma bisogna anche costruire proposte coerenti, sulla base della conoscenza dei problemi. Occorre ridare importanza alla competenza; non basta discutere, bisogna pretendere che chi parla sappia di che cosa parla. L’illusione della disintermediazione, della democrazia diretta grazie a internet, dell’uno vale uno come se tutti sapessero diagnosticare malattie, o pilotare aerei, ha popolato l’agone politico di faccendieri e incompetenti. I corpi intermedi devono tornare a sorvegliare e ad organizzare la sfiducia, quando necessario. Bisogna essere consapevoli, altresì, che anche le associazioni di rappresentanza hanno limiti e difetti. Inoltre, sono una presenza necessaria, ma non sempre sufficiente. Per questo bisogna ripensare, oggi più che mai, i corpi intermedi; ne abbiamo bisogno, ma non possiamo permetterci il lusso di ripetere errori fatti in passato. Di che cosa parlo? Di quello che ho scritto nel mio libro.
Michele Tronconi (1962) si è laureato in Scienze Politiche all’Università Cattolica di Milano. Imprenditore tessile per tradizione di famiglia, ha ricoperto vari incarichi associativi, a partire dalla presidenza del Gruppo Giovani dell’Unione Industriali di Varese. È stato a capo di Euratex, a Bruxelles, di Sistema Moda Italia e di Assofondipensione, nonché membro del Cda di Simest Spa. Ha fatto parte della Giunta e del Consiglio Direttivo di Confindustria. Ha quindi unito queste esperienze con l’attività pubblicistica – www.micheletronconi.it