“Per una didattica digitale delle lingue” di Diana Peppoloni

Prof.ssa Diana Peppoloni, Lei è autrice del libro Per una didattica digitale delle lingue, edito da Mondadori Università: innanzitutto, cosa si intende per didattica digitale delle lingue?
Per una didattica digitale delle lingue, Diana PeppoloniL’espressione didattica digitale delle lingue include l’insieme degli interventi didattici, messi in campo in qualsiasi sistema educativo, per favorire l’acquisizione di una lingua straniera attraverso un utilizzo ragionato e programmato delle tecnologie. Non si fa in questo senso riferimento solo alla modalità didattica a distanza, ma anche alle classi di lingua in presenza, dove la tecnologia viene introdotta in modalità integrativa, rispetto agli abituali metodi di insegnamento, per effettuare tutte quelle attività che gli strumenti tradizionali non consentono di svolgere, o la cui applicazione è limitata nella portata e nell’efficacia.

Non costituendo di per sé una metodologia didattica, ma incarnando un insieme di strumenti operativi, le glottotecnologie possono essere applicate a diversi approcci e metodi didattici di comprovata validità, quali l’approccio comunicativo, l’apprendimento basato su compiti (task based), e, più in generale, tutti quei metodi volti a migliorare l’autonomia degli studenti nell’uso della lingua oggetto di studio e nel controllo metalinguistico e metacognitivo sul percorso di acquisizione linguistica. Difatti, le moderne tecnologie mirano a rendere i processi di insegnamento e apprendimento delle lingue più flessibili e l’esperienza dei discenti più diretta e autonoma. Per raggiungere questo obiettivo, vengono utilizzati dispositivi e strumenti non concepiti in origine con finalità glottodidattiche, ma che, se opportunamente utilizzati dai docenti, possono rivelarsi efficaci mezzi integrativi per massimizzare gli esiti del percorso acquisizionale. Stiamo parlando, ad esempio, del computer, dei telefoni cellulari, dei tablet, insieme a diversi programmi e applicazioni (e.g. chat, forum, blog, podcast, etc.) utili a eludere i vincoli spazio-temporali tipici dell’apprendimento linguistico tradizionale e a introdurre alcuni tratti fondamentali della comunicazione, tra cui quelli paralinguistici ed extralinguistici, che non possono e non devono essere trascurati nel corso di lingua, e che possono essere realizzati solo attraverso la fruizione di input multimodali. L’implementazione vantaggiosa delle risorse tecnologiche nel corso di lingua dipende comunque dal modo in cui gli insegnanti ne percepiscono uso e funzionalità, incorporandole più o meno proficuamente nella loro pratica didattica.

Questa sfida metodologica implica che insegnanti ed educatori non solo debbano formare e aggiornare le proprie competenze digitali, ma anche saperle applicare efficacemente ai loro campi di studio e lavoro. D’altro canto, anche gli apprendenti devono affinare la propria alfabetizzazione digitale, per comprendere come sfruttare dispositivi familiari, di largo impiego nella vita quotidiana, al servizio dell’acquisizione linguistica. In assenza di una consolidata consapevolezza da parte degli attori della scena didattica sulle implicazioni e gli effetti dell’uso delle glottotecnologie nella classe di lingua, si rischia di annettere semplicemente tali risorse nella prassi didattica, piuttosto che integrarle, continuando a operare come di consueto. In tal modo, però, l’affacciarsi delle tecnologie nella classe di lingua migliora e modifica solo marginalmente i processi di apprendimento di una lingua straniera, non intervenendo significativamente sugli esiti di questi ultimi e non producendo, pertanto, reali e significativi benefici. Come affermavano Papert e Salomon già nel 1971 (p. 2), l’introduzione delle tecnologie didattiche si riduce spesso a “usare nuovi gadget intelligenti per insegnare le stesse vecchie cose in una versione poco differente dalla stessa vecchia modalità”.

Perché le tecnologie digitali siano utilizzate con successo, si rende pertanto necessaria una riorganizzazione e ristrutturazione delle modalità di trasmissione del sapere e di acquisizione delle nuove conoscenze, che è proprio l’obiettivo di una didattica digitale delle lingue. Tuttavia, tali processi sono spesso onerosi per le istituzioni educative, in termini di tempo, risorse umane ed economiche; pertanto il più delle volte si preferisce investire in tecnologie digitali che consentano sfide organizzative minime, sebbene non producano necessariamente un forte impatto sui processi di apprendimento degli studenti.

L’uso della tecnologia nelle istituzioni scolastiche e accademiche, comunque, non è più un’opzione, ma è un requisito fondamentale al giorno d’oggi, come lo scenario pandemico ci ha ormai incontrovertibilmente dimostrato, pertanto tutti i soggetti interessati dovranno cooperare perché questo processo di evoluzione in ambito glottodidattico abbia un esito proficuo.

In che modo la tecnologia può favorire l’acquisizione linguistica?
Sono ormai diversi decenni che si assiste all’affacciarsi della tecnologia nel campo della didattica delle lingue, sebbene gli sforzi per integrare tale componente abbiano presentato fortune alterne, a causa dei rapidi progressi stumentali, che rendono rapidamente obsoleti i dispositivi utilizzati, e dei cambiamenti ciclici nei paradigmi teorici che fanno da sfondo alla prassi glottodidattica.

Quale che sia la cornice teorico-metodologica in cui operano i docenti, la tecnologia è ormai una componente ineliminabile nelle attività della vita quotidiana. Bisogna pertanto adoperarsi perché questa entri anche sistematicamente nella classe di lingua, in maniera ragionata e costruttiva, piuttosto che improvvisata ed emergenziale, come si è verificato in occasione della pandemia da COVID-19. La ritrosia dei docenti, e spesso anche delle famiglie degli studenti, si deve a una scarsa fiducia nell’affidabilità degli strumenti digitali a scopi acquisizionali; questi vengono infatti di solito interpretati come distrattori e come elementi di svago, invece che di ottenimento e stabilizzazione di nuova conoscenza. Inoltre, se la digitalizzazione nell’istruzione da un lato facilita l’accesso ad ampie quantità di materiali, allo stesso tempo richiede complesse pratiche di monitoraggio e gestione delle risorse selezionate, affinché queste risultino affidabili e appropriate nel contesto didattico in cui verranno utilizzate, e contribuiscano alla progettazione e realizzazione di attività idonee al gruppo classe di riferimento.

Al di là dei singoli strumenti disponibili, le moderne glottotecnologie mirano a rendere l’insegnamento e l’apprendimento delle lingue più flessibili e a garantire maggiore autonomia agli studenti.

Inoltre, lo studio della lingua attraverso le tecnologie oltrepassa l’ambiente fisico della classe, rompendo i tradizionali vincoli spazio-temporali, che volevano la lezione necessariamente in presenza e frontale, permettendo agli apprendenti non solo di svolgere le attività assegnate nei luoghi e nei momenti a loro più congeniali, ma anche di utilizzare attivamente, in prima persona, la lingua stessa, per comunicare all’interno di community di utenti più ampie del solo gruppo classe. Questo non fa che amplificare le occasioni d’uso della lingua target e l’esposizione a quest’ultima, a tutto beneficio della competenza linguistico-comunicativa degli apprendenti-utenti, incrementandone così l’appropriatezza e la fluenza.

Ancora, i materiali utilizzati nel corso di lingua non vengono costruiti ad hoc per i diversi argomenti trattati, ma derivano da situazioni d’uso originali; in questo modo risultano maggiormente significativi per gli studenti, che sentono di applicare immediatamente le conoscenze e le competenze che stanno acquisendo, sfruttandole in contesti comunicativi reali, per svolgere attività concrete e non fittizie.

Gli attuali sistemi di correzione dell’errore permettono inoltre agli apprendenti di auto-valutarsi nello svolgimento di alcuni dei compiti assegnati dal docente, o quando decidono di cimentarsi in autonomia con attività a sfondo linguistico, così da evitare l’imbarazzo dell’errore davanti al gruppo classe, acquisire maggiore sicurezza e voglia di esprimersi nella lingua target e un’aumentata consapevolezza rispetto alla propria pratica e al proprio livello di competenza. Questo produce apprendenti capaci di sviluppare strategie correttive e quindi di gestire gradualmente sempre più in autonomia l’acquisizione di nuova conoscenza linguistica.

La consapevolezza di poter e di saper fare da soli, la possibilità di interagire utilizzando significativamente la lingua target, l’utilizzo di materiali originali, sono tutte componenti che vanno a sollecitare la molla del piacere dell’apprendimento nello studente, incoraggiandolo così a persistere nello studio della lingua target, contribuendo a stabilizzare le conoscenze acquisite nel lungo periodo e facilitandone un rapido recupero quando necessario.

L’acquisizione linguistica attraverso la tecnologia, dunque, implica ben più che rendere digitali le attività di apprendimento; si tratta piuttosto di creare contesti di apprendimento autentici, che utilizzino le nuove tecnologie in maniera significativa e integrata, al fine di favorire la produzione di nuova conoscenza, sotto forma di comunicazione e di circolazione delle idee. Questo approccio è in linea con la filosofia educativa dell’Open Learning, che prende in prestito dal costruttivismo l’idea che il sapere si costruisca attraverso l’interazione con l’altro e non in isolamento, che derivi da un maggiore coinvolgimento e confronto con l’interlocutore, per poi applicare creativamente la conoscenza così elaborata, in modo significativo e collaborativo.

All’interno di una didattica digitale e costruttivista delle lingue, che sfrutti la tecnologia come un mezzo per amplificare le occasioni di apprendimento dello studente, quest’ultimo non è più percepito come un fruitore passivo di conoscenza, ma piuttosto uno sviluppatore attivo e responsabile del proprio percorso, impegnato nella collaborazione e nella condivisione delle informazioni in un ambiente ricco di risorse all’interno e all’esterno della classe di lingua.

Quali sono i tempi e i modi per applicarla in classe?
L’apprendimento delle lingue assistito dalla tecnologia digitale prevede due importanti caratteristiche, ovvero che tale apprendimento sia bidirezionale e che sia personalizzato. Questi due aspetti influenzano sia i tempi che i modi del processo didattico, che risulta più articolato e quindi più lento, in quanto co-costruito insieme al gruppo classe, e progettato specificatamente per i singoli apprendenti e gruppi di apprendimento. Non sarà quindi un processo standardizzato, dato una volta per tutte, ma flessibile, al fine di massimizzare l’efficacia dell’azione del docente e il rendimento degli studenti.

Per quanto efficaci e innovative possano essere le tecnologie digitali, queste non possono sostituirsi al docente nello svolgimento della lezione; in altre parole, di per sé qualsiasi strumento tecnologico adottato è inerte e neutro, finché l’insegnante non comprenda come sfruttarlo e utilizzarlo nella classe di lingua, e come proporlo agli studenti in base alle loro motivazioni e caratteristiche (i.e. età, bisogni comunicativi, motivazione allo studio della lingua, livello di alfabetizzazione, etc.). I tempi e i modi di utilizzo delle glottotecnologie sono dunque dettati direttamente dal docente, che analizza il proprio target di utenti e stabilisce come procedere.

Nel fare ciò, egli dovrà tenere in considerazione anche le caratteristiche trasversali delle tecnologie adotatte, quali la capacità di favorire la motivazione degli studenti, trattandosi di strumenti familiari, quella di promuovere pratiche di studio cooperative e infine quella di assecondare i diversi stili di apprendimento e cognitivi degli studenti, così da facilitare il conseguimento di risultati acquisizionali condivisi a cui ciascuno arriva percorrendo i sentieri a lui più congeniali.

Essendo il materiale didattico così prodotto incentrato sullo studente e personalizzato, e adattandosi a esigenze e ritmi di apprendimento diversificati, esso dovrebbe consentire la formazione di studenti autonomi, capaci di gestire l’acquisizione di nuova conoscenza linguistica anche al di fuori dello spazio concreto della classe di lingua. Quest’ultima fa da sfondo a tale processo, ma non deve più essere intesa solo come un luogo fisico, bensì come una piattaforma che metta gli studenti in grado di sviluppare competenze per la vita.

Come si contraddistingue la Comunicazione Mediata dal Computer?
Possiamo definire la Comunicazione Mediata dal Computer (CMC) come l’insieme di “tutte quelle attività in cui il computer è utilizzato per la comunicazione a distanza, e che comprendono perciò la fruizione e il trasferimento di informazioni, lo scambio di e-mail, la comunicazione audio-video, etc.” (Trentin e Benigno, 1997: 32).

In linea con altri studiosi, come Orletti (2004), considero la Comunicazione Mediata dal Computer come la terza rivoluzione tecnologica nella storia dell’uomo, dopo la scrittura e la stampa. È indubbio che essa abbia cambiato radicalmente le abitudini, i modi di scrivere, di leggere, comunicare ed esprimersi di tutti gli uomini, in ogni angolo del pianeta, riducendo per esempio i tempi di consultazione di materiali e documenti di vario genere e amplificandone la possibilità di fruizione diretta, fino a definire in maniera del tutto nuova i rapporti umani e l’acquisizione di dati e di conoscenza.

Questa trasformazione non interessa solo le nuove generazioni, i cosiddetti millenials o nativi digitali, ma coinvolge trasversalmente soggetti di ogni fascia d’età; dai bambini che già in tenera età sviluppano una forma di confidenza e familiarità con lo strumento elettronico, ai professionisti, che conducono e gestiscono la maggior parte della loro vita professionale e personale attraverso la mediazione di uno schermo digitale, per arrivare agli anziani, inizialmente refrattari ai mutamenti tecnologici, che hanno dovuto in parte allinearsi ad essi, per comunicare con i propri cari e conoscenti,

gestire alcuni aspetti della quotidianità (per esempio quelli sanitari; si pensi all’avvento della ricetta medica elettronica) e beneficiare di alcuni servizi che ne hanno migliorato le condizioni di vita (si pensi ai sistemi di home caring o alle reti dei salvavita).

Inevitabilmente, cambiando i mezzi della comunicazione, cambiano anche i modi della stessa. Ciò si deve principalmente al fatto che la CMC avviene in contesti situazionali e interazionali particolari; si pensi per esempio alle chat, ai forum, ma ancor più ai software per la messaggeria istantanea, tali canali comunicativi veicolano delle conversazioni scritte che presentano però tratti di familiarità con il parlato, poiché prevedono una risposta rapida o comunque una forma di interazione con l’interlocutore che riceverà il messaggio istantaneamente.

Le tecnologie utilizzate come strumento della comunicazione hanno dunque un evidente impatto sulle attività in cui vengono impiegate. Va da sé che includere strumenti digitali per la comunicazione nella classe di lingua crea meccanismi di apprendimento diversi rispetto a quelli derivati da prassi didattiche in presenza, in cui docenti e studenti condividono contestualmente uno stesso spazio fisico e usano supporti tradizionali, quali libro e lavagna. Negli spazi virtuali, la comunicazione, e quindi anche l’apprendimento linguistico, presentano un livello aggiuntivo di mediazione, quello appunto fornito dagli strumenti tecnologici adottati.

Una delle caratteristiche fondanti della CMC, che la differenzia da altre forme di comunicazione che avvengono tramite canali tecnologici, è che essa è in grado di coniugare al tempo stesso l’interazione attraverso l’uso della lingua, specie grazie all’avvento del web 2.0, e la riflessione su quest’ultima. Difatti, il computer permette sì di socializzare, relazionarsi e condividere, ma anche di tenere traccia dei contenuti linguistici scambiati, sia orali che scritti, per poi rianalizzarli o modificarli. Si intravede da subito come queste possibili pratiche legate alla comunicazione e alla rielaborazione di messaggi testuali si leghino efficacemente agli obiettivi glottodidattici di un eventuale corso di lingua.

Un’altra caratteristica imprescindibile della CMC, è che essa genera interattività tra gli utenti, e l’interattività produce, a sua volta, accettazione, soddisfazione, socievolezza e consapevolezza nei soggetti coinvolti. La CMC amplifica l’interattività, erogando un flusso che non procede più da un soggetto a un altro, come avviene nella comunicazione faccia a faccia, ma che coinvolge altresì una rete di soggetti, la cui interazione è supportata dalla natura strutturata della tecnologia (Holmes 2009). La tecnologia ha fornito un nuovo canale attraverso il quale le comunità possono co-costruire le loro realtà sociali oltre le tradizionali barriere geografiche e temporali.

Infine, un’ultima proprietà della CMC è quella descritta da Giddens (1991: 20) nei termini di “separazione di spazio e tempo”. Infatti, essa ha permesso agli utenti di accedere alle informazioni di cui abbisognano e di rapportarsi con gli altri utenti della rete da qualsiasi luogo e, grazie agli strumenti per una CMC asincrona, anche in momenti diversi. Si delinea così una potenziale totale indipendenza rispetto ai fattori di spazio e tempo per l’utente che utilizzi questa forma di comunicazione, anche con finalità acquisizionali.

Come cambia questa modalità didattica al mutare dei dispositivi tecnologici disponibili?
Quando si parla di glottotecnologie non si fa riferimento a un panorama di dispositivi omogeneo, ma a strumenti e applicazioni diversificati, basati sulla tecnologia, volti a migliorare l’acquisizione di una lingua straniera con modalità diverse.

I vari tipi di strumenti tecnologici adottati nella classe di lingua (e.g. blog, e-mail, piattaforme per la gestione dei corsi, wiki, podcast, etc.) generano inoltre due diversi tipi di CMC, nello specifico quella sincrona e quella asincrona.

La comunicazione sincrona si svolge in tempo reale, e, grazie all’evoluzione dei supporti tecnologici, può avvenire anche a distanza, ovvero tra persone che occupano in uno stesso momento spazi diversi e distanti fra loro. La comunicazione sincrona mediata dal computer nella didattica delle lingue ha avuto dunque il grande merito di sdoganare la compresenza fisica di docente e discenti, permettendo anche ai soggetti impossibilitati a seguire corsi in presenza di ampliare il proprio bagaglio di conoscenze e competenze. Naturalmente, cambiando il canale della comunicazione glottodidattica, non potevano non cambiare i modi della stessa e gli strumenti ad essa connessa, pur mantenendo gli stessi obiettivi della tradizionale comunicazione faccia a faccia, vale a dire favorire il percorso di acquisizione linguistica dell’apprendente attraverso la pratica e il confronto.

Tra gli strumenti che permettono l’attuarsi della modalità sincrona della CMC annoveriamo le chat room, particolarmente indicate per simulare discussioni orali in presenza; difatti, gli ambienti di chatting si articolano su un doppio livello di analisi linguistica, richiamando il registro del parlato, ma attuandosi in forma scritta. Di grande diffusione sono poi le piattaforme di videoconferencing, quali Skype, Zoom, GoogleMeet, per citarne alcune, che garantiscono la sincronia dello scambio comunicativo, la possibilità di poter svolgere attività in coppia o in gruppo, di poter simulare scambi comunicativi reali, essendo tra l’altro gratutite, nonché facilmente accessibili e utilizzabili. Inoltre, data la compresenza dei canali comunicativi audio e video, tale categoria di strumenti favorisce una comunicazione multimodale, così da permettere agli apprendenti di esercitare anche componenti di natura paralinguistica, fondamentali nello scambio comunicativo, quali la gestualità, le espressioni facciali, etc.

La comunicazione asincrona, a differenza della precedente modalità, non viene ricevuta immediatamente dall’utente, che pertanto fornisce feedback o risposte differiti. È il caso, per esempio, delle e-mail o dei forum di discussione che consentono alle persone di lasciare dei messaggi che poi verranno letti ed elaborati dagli interlocutori in orari diversi, abbattendo stavolta la barriera del tempo. Ciascuno fruisce dei contenuti pensati e selezionati dal docente, o prodotti da altri componenti del gruppo classe, integrandoli e svolgendo attività ed esercizi, in base alla propria disponibilità oraria. Questo perché le risorse asincrone restano a disposizione dell’utente nel tempo; egli può dunque beneficiarne quando lo ritiene più opportuno, nel rispetto dell’organizzazione degli impegni della propria giornata. Si tratta di una modalità comunicativa molto attuale nelle scuole e negli atenei italiani, dove l’organizzazione didattica è stata stravolta dalla pandemia da COVID-19. Ci si è improvvisamente ritrovati a operare a distanza, supportati dall’uso di piattaforme per la comunicazione e la collaborazione unificata in spazi virtuali, in cui i docenti hanno la possibilità di caricare materiali multimediali (i.e. testi, audio e video), assegnare esercizi e attività da svolgere, produrre test di verifica in diversi formati (e.g. risposte chiuse, risposte aperte, cloze test, analisi del testo, ecc.), che gli studenti sono chiamati poi ad acquisire, studiare, svolgere in diversi momenti della giornata. Molti di questi strumenti permettono comunque di lavorare in modalità blended, cioè fornendo spazi e strumenti sia per la comunicazione asincrona, come già detto, sia per quella sincrona, permettendo al docente, ad esempio, di costituire anche delle aule virtuali in cui fare lezione insieme al proprio gruppo classe.

Tra gli altri strumenti per la CMC asincrona ricordiamo i blog, che possiamo considerare come dei veri e propri diari ipertestuali on line, che altri leggono e a cui reagiscono, lasciando dei commenti. Il docente può decidere di organizzare un blog di classe o che singoli studenti gestiscano dei blog personali, in cui il resto degli apprendenti, o comunità più ampie di parlanti presenti in rete, interagiscano, utilizzando la lingua in apprendimento. Nell’ambito dell’oralità ricordiamo i podcast, ovvero delle risorse audio o video, fruibili in qualsiasi momento e luogo, scaricabili autonomamente da un apposito sito in formato MP3 o MP4. In chiave didattica, tali strumenti sono assai utili, perché permettono al docente, che li seleziona in base alle caratteristiche degli apprendenti, di esporre il proprio gruppo classe a diverse fonti linguistiche, a diversi registri linguistici, a diversi usi terminologici e a diversi andamenti prosodici; in poche parole, permettono al docente di non costituire il solo punto di riferimento linguistico per i propri studenti, ma di metterli difronte ai diversi fenomeni di variazione linguistica, che caratterizzano la comunicazione reale quotidiana.

Tanto gli strumenti per la CMC sincrona che asincrona possono essere utilizzati per facilitare un apprendimento di tipo cooperativo tra studenti, docenti e contenuti, l’importante è che si abbiano chiari le modalità di utilizzo dello strumento scelto e i risultati acquisizionali che da queste derivano.

Quale può essere il ruolo dei docenti nella didattica digitale delle lingue e quali percorsi deve seguire la loro formazione?
Il contesto di apprendimento-insegnamento linguistico, sempre più multiculturale e globalizzato, esercita un’intensa pressione sulla professione del docente di lingua, sempre intento a individuare strategie efficienti e facilmente accessibili per massimizzare il proprio intervento didattico. A tal fine, l’uso della tecnologia è una sfida che i professionisti linguistici devono raccogliere e affrontare e alla quale devono sforzarsi di trovare risposte in termini pedagogici.

Nonostante la pervasività della rivoluzione digitale, questa non è stata ancora accompagnata da trasformazioni altrettanto estese e profonde nei sistemi educativi e didattici. Sembra infatti sussistere una sorta di scissura tra la presenza della tecnologia nella vita di tutti i giorni e il suo uso nei contesti educativi.

In questo scenario in evoluzione, si configura come una precisa responsabilità dei docenti quella di creare ambienti digitali e opportunità per esperienze di apprendimento significativo, che possano potenziare le capacità degli studenti, aiutandoli sia nel percorso, ormai indispensabile, di alfabetizzazione digitale, sia in quello di acquisizione di nuove conoscenze disciplinari.

Potremmo qui definire i docenti come attivatori di momenti di apprendimento significativo, e non più solo come facilitatori, avendo un ampio margine di scelta all’interno di una vasta gamma di strategie e strumenti disponibili, da combinare tra loro creativamente con finalità educative e acquisizionali, e da adattare al contesto di apprendimento, nonché alle caratteristiche del discente.

Ancora, nell’ambito di una didattica digitale delle lingue ,i docenti si fanno mentori, andando a edificare rapporti di fiducia con i propri discenti; orchestratori dell’apprendimento individuale e di gruppo, creando occasioni d’uso diversificate degli strumenti digitali proposti; alchimisti, capaci di combinare efficacemente strategie didattiche, vecchie e nuove metodologie e risorse sempre più autentiche, per stimolare la creatività e la capacità di apprendimento degli alunni; connettori, che collegano frammenti di conoscenza e attività operative, assemblandoli in un mosaico stimolante e significativo; giocatori di squadra, intuendo e dispiegando appieno il potenziale proprio e degli altri componenti del gruppo classe.

Nell’ambito dei percorsi creati a partire dalla didattica digitale, i docenti si trovano a doversi riscoprire multifunzionali e a ricoprire tutti questi ruoli contemporaneamente (Caena, 2017), spesso percependosi impreparati a gestire il cambiamento simultaneo di ruolo e di strumenti didattici.

Enucleare quali modifiche dovrebbero subire i programmi di formazione dei docenti per facilitare e promuovere questo indispensabile processo professionalizzante è un tema complesso, che implica la messa in campo di diversi fattori organizzativi da parte delle istituzioni educative e la combinazione di molteplici esigenze differenti, poiché la categoria dei docenti di lingua è estremamente variegata al suo interno. Anzitutto va sottolineato come esista un divario tra ciò che viene insegnato ai docenti in formazione sugli strumenti tecnologici per la didattica delle lingue e il modo in cui poi questi utilizzano tali nozioni concretamente nella prassi didattica. Ciò si verifica perché troppo spesso i corsi di formazione sono sbilanciati sulla conoscenza tecnica della struttura e del funzionamento dei dispositivi tecnologici, a scapito di una riflessione pedagogica, anche applicata, su come la tecnologia possa essere usata per insegnare ad apprendere le lingue.

Forse perché docenti e formatori condividono una conoscenza funzionale di base sull’uso delle tecnologie che potrebbero essere usate nella classe di lingua, ma sono carenti nell’individuare quali siano le ricadute pedagogiche e acquisizionali di tali strumenti. Per citare Kirschner e Selinger (2003: 1-2), “le capacità e le competenze inadeguate degli insegnanti rappresentano l’imbuto che ci limita nel trarre vantaggio dalle tecnologie informatiche in ambito educativo”. Per questi motivi, è ancora più importante formulare delle strategie che preparino i docenti all’uso effettivo della tecnologia nel corso di lingua. Con uso si intende in questo contesto la capacità di rendere comprensibili le tecnologie, di trasformarle in una risorsa per processi di apprendimento stabili e articolati, di sfruttarle come strumento per leggere criticamente la realtà e acquisire al contempo nuova conoscenza. Hargreaves (2000: 58-59) sottolinea che “come forze trainanti della società dell’informazione, gli insegnanti devono essere in grado di sviluppare una nuova padronanza (digitale) che non riguarda solo le componenti tecniche e intellettuali, ma anche gli aspetti sociali ed emotivi”.

Data l’urgenza e l’importanza della sfida, occorre ampliare gli orizzonti formativi dei docenti, magari offrendo loro l’opportunità di effettuare degli scambi virtuali con i colleghi all’estero, per operare un confronto con la comunità professionale internazionale ed elaborare insieme nuove strategie didattiche (O’Dowd, 2018). Non a caso recentemente è stato sviluppato un quadro europeo condiviso per la competenza digitale degli educatori, denominato DigCompEdu, che spinge proprio

verso una standardizzazione delle pratiche didattiche legate all’uso della tecnologia in classe, attraverso il confronto tra i diversi sistemi educativi dei Paesi membri dell’Unione Europea e le esperienze didattiche dei docenti. È compito delle istituzioni che si occupano dello sviluppo di politiche per la formazione degli insegnanti istituire programmi formativi dai contenuti significativi e spendibili nella pratica didattica quotidiana; mentre spetta a chi fa ricerca l’elaborazione di cornici metodologiche solide e motivate, in cui inserire efficacemente l’uso delle tecnologie. Percorsi formativi così strutturati dovrebbero mettere a riparo anche dal rapido evolvere delle tecnologie disponibili. Difatti, se le tecnologie possono diventare velocemente obsolete, lo stesso non dovrebbe accadere con le competenze dei docenti.

Questi ultimi, se formati consapevolmente all’integrazione dei dispositivi tecnologici nei percorsi acquisizionali, sapranno ugualmente districarsi nel mutato panorama strumentale e individuare le strategie più efficaci da adottare o, addirittura, svilupparne di nuove in autonomia.

Tra gli elementi che dovrebbero favorire nei docenti un atteggiamento positivo e propositivo rispetto all’uso delle glottotecnologie nella classe di lingua, annoveriamo: l’acquisizione di specifiche conoscenze tecniche, una consuetudine positiva all’utilizzo degli strumenti da proporre agli apprendenti e buone pratiche condivise con il resto della comunità professionale nell’uso delle tecnologie informatiche nei processi di insegnamento e apprendimento linguistico. Per quanto riguarda la necessità di ricevere una formazione specifica, si otterranno risultati più soddisfacenti se l’abitudine a utilizzare le glottotecnologie nella propria azione didattica viene instillata fin dai primi anni della formazione del docente e se quest’ultimo si impegna, nel tempo, ad aggiornarsi con continuità, per consolidare le conoscenze acquisite in precedenza e costruirne di nuove, man mano che l’evoluzione tecnologica fa il suo rapido corso.

Diana Peppoloni, linguista computazionale per formazione, opera principalmente nel campo della linguistica dei corpora e acquisizionale applicate alla didattica delle lingue. I suoi interessi di ricerca sono da sempre interdisciplinari e spaziano dall’elaborazione di corpora multimodali e del parlato per l’analisi dell’interazione docente-studenti nella classe di lingua, allo sviluppo di strumenti computazionali per l’indagine di aspetti rilevanti per l’educazione linguistica, come l’acquisizione e l’uso di elementi fraseologici tipici della lingua target, quali le collocazioni. L’autrice si è poi occupata di individuare metodologie compensative per favorire l’acquisizione linguistica in soggetti dislessici. Inoltre, ha indagato il ruolo della riflessione metalinguistica nel processo acquisizionale e delle caratteristiche che assume il metalinguaggio delle discipline linguistiche. Recentemente, l’autrice si è avvicinata all’analisi delle microlingue, in particolare quella della medicina e quella della moda, analizzandone la struttura e descrivendo la trasformazione dei generi testuali nel passaggio da trattati scientifici a testi divulgativi, nonché le ricadute in ambito didattico, analizzando, ad esempio, l’uso delle metafore nella didattica del linguaggio medico. Tra le tematiche trattate e approfondite, grazie a ricerche condotte in diversi istituti scolastici presenti su scala nazionale, ritroviamo anche quelle del Child Language Brokering, ovvero della mediazione linguistica ufficiosa effettuata da studenti stranieri minorenni tra le proprie famiglie e diverse istituzioni sociali del territorio, tra cui la scuola, per favorire la comprensione tra soggetti che si esprimono in lingue diverse; e quella della didattica teatrale, come metodo per favorire l’acquisizione linguistica attraverso attività che prevedono l’incarnazione del sapere tramite l’utilizzo del corpo e delle emozioni. La capacità di approfondimento di tali linee di ricerca si riscontra nei progetti cui l’autrice ha partecipato e nell’impianto delle sue pubblicazioni. L’autrice da sempre cerca di dare respiro internazionale ai suoi lavori, come si può rilevare dalle sedi dei propri lavori scritti e dalla partecipazione negli anni a numerosi convegni di rilievo nel proprio settore disciplinare, in Italia e all’estero.

Docente di Didattica delle lingue moderne e Glottodidattica rispettivamente presso le Università di Perugia e Siena, da sempre cerca di coniugare l’attività didattica, la sua formazione interdisciplinare e i suoi interessi multisfaccettati, per sviluppare idee e progetti dinamici e originali, che nascono dalla confluenza di spazi scientifici complementari, sebbene autonomi, quali quelli della linguistica, delle tecnologie informatiche e della glottodidattica. Da tempo impegnata nella formazione di docenti ed esperti linguistici, l’autrice è coinvolta nell’erogazione di workshop e seminari per professionisti del settore, specie in riferimento alle modalità di impiego delle tecnologie nella classe di lingua e all’utilizzo della riflessione metalinguistica come momento di inclusione in ambienti plurilingui. Dopo aver collaborato con numerosi atenei sul territorio nazionale, l’autrice è attualmente ricercatrice presso l’Università degli Studi di Perugia nel settore della Didattica delle Lingue Moderne.

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