“Patrologia” di Johannes Quasten

Patrologia, Johannes QuastenPatrologia
di Johannes Quasten
traduzione di Nello Beghin
Marietti

«La Patrologia è quella parte della storia della letteratura cristiana che si riferisce agli autori dell’antichità che hanno trattato di teologia. Essa abbraccia insieme scrittori ortodossi ed eretici: si applica però di preferenza a quelli che rappresentano la dottrina ecclesiastica tradizionale, i Padri e i Dottori della Chiesa. Si può quindi definire la Patrologia come la scienza dei Padri della Chiesa. Essa comprende per l’Occidente tutti gli autori cristiani fino a Gregorio Magno († 604) o Isidoro di Siviglia († 636), e per l’Oriente giunge fino a Giovanni Damasceno († 749).

Il nome di questo ramo della teologia è recente. Fu il teologo luterano Giovanni Gerhard ad usarlo per primo come titolo della sua opera, Patrologia, pubblicata nel 1653. Ma l’idea d’una storia della letteratura cristiana, che mettesse in primo piano il punto di vista teologico, è antica. Essa compare con Eusebio. Nell’introduzione della Storia ecclesiastica (I, 1, 1), egli espone l’intenzione di parlare di «coloro che, in ogni generazione, furono con la parola o con gli scritti gli ambasciatori della parola divina; dei nomi, numero ed epoca di coloro che, trascinati ai limiti estremi dell’errore dal fascino della novità, si fecero araldi e introduttori d’una scienza menzognera». Egli ricorda tutti gli autori e tutti gli scritti che conosce, e della maggior parte di essi riporta lunghe citazioni. Eusebio è una delle fonti principali della Patrologia. La sua importanza è tanto più grande in quanto molti scritti da lui citati sono scomparsi; anzi, su certi autori, non possediamo alcuna altra fonte d’informazione.

Il primo che compose una storia della letteratura teologica, è s. Gerolamo. Nel suo De viris illustribus, egli si propone di rispondere a quei pagani che irridono la mediocrità intellettuale dei cristiani: enumera perciò gli scrittori che hanno onorato la letteratura cristiana. Scritta a Betlemme nel 392, su richiesta di Destro, prefetto del Pretorio, l’opera di s. Gerolamo si modella sul De viris illustribus di Svetonio. Si estende da Simon Pietro allo stesso Gerolamo, di cui cita gli scritti anteriori al 392. Gli autori ebrei Filone e Giuseppe, il filosofo pagano Seneca e gli scrittori eretici dell’antichità cristiana figurano nella lista dei nomi, che comprende centotrentacinque brevi capitoli. […] Ma le inesattezze contenute nel De viris illustribus rappresentano un difetto molto più grave. Tutta l’opera lascia intravvedere le simpatie e le antipatie dell’autore: ad esempio le sezioni su s. Giovanni Crisostomo e su s. Ambrogio. Essa resta comunque la fonte fondamentale per la storia della letteratura cristiana antica. È la sola ad informarci su un certo numero di scrittori come Minucio Felice, Tertulliano, Cipriano, Novaziano ed altri. Per oltre mille anni, tutti gli storici della letteratura cristiana antica in Occidente fecero del De viris illustribus il fondamento dei loro lavori, e non ebbero altra ambizione che di continuare questa grande opera.»

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