
È possibile perché fin da bambini ci appassioniamo ai personaggi e agli oggetti di fiabe e cartoni animati, e poi nell’età adulta a oggetti e personaggi di romanzi e film. La finzione è una parte importante di tutta la nostra vita e, in un certo senso, non possiamo farne a meno.
Dal punto di vista filosofico, questa nostra abilità è stata considerata problematica perché gli oggetti e i personaggi fittizi non esistono come gli oggetti e le persone della realtà fisica che ci circonda. Non possiamo visitare la casa dei sette nani, non possiamo andare in Eurasia – di cui si parla in 1984 di Orwell – e non possiamo incontrare Elizabeth Bennet. E tuttavia ne parliamo e ci appassioniamo. Il filosofo cerca di spiegare come sia possibile che parliamo e ci appassioniamo a entità che non esistono nel mondo fisico. Il problema si pone quindi nel modo seguente: dobbiamo accettare che gli oggetti fittizi esistano in un qualche senso per poterne parlare e interessarcene? O possiamo parlare coerentemente di oggetti fittizi senza assumere che ci siano?
Come si è sviluppato il dibattito filosofico contemporaneo in merito agli oggetti fittizi?
Il problema filosofico da cui si è originato il dibattito riguarda la distinzione fra asserzioni corrette e asserzioni scorrette sulla finzione. È ad esempio vero nella finzione che Madame Bovary è sposata, ma è falso nella finzione che Madame Bovary si dedica ai bambini. Ed è corretto dire che Anna Karenina è molto nota, ma scorretto che Pierre Bezukov è più noto di Amleto. Il dibattito filosofico si interroga su ciò che permette la distinzione fra asserzioni corrette e asserzioni scorrette: alcuni ritengono che abbiamo bisogno di entità fittizie per poter fare questa distinzione, altri sostengono che possiamo farne a meno.
Quali diversi tipi di oggetti fittizi è possibile distinguere?
All’interno della finzione si distinguono generalmente le entità fittizie dalle entità fittizie-fittizie. Le entità fittizie sono quelle di cui si parla nella finzione ma che non esistono nel mondo fisico, ad esempio Don Abbondio è un personaggio fittizio, ma il Cardinal Federigo non è un personaggio fittizio perché, anche se compare nei Promessi sposi, è una persona effettivamente esistita nel nostro mondo. Inoltre, all’interno della finzione talvolta compaiono personaggi fittizi, ad esempio nell’Amleto di Shakespeare alcuni attori recitano l’opera teatrale L’assassinio di Gonzago, e Gonzago è un personaggio fittizio-fittizio.
La distinzione appena presentata riguarda le entità all’interno della finzione, ma i filosofi sono in generale interessati a chiedersi se dobbiamo accettare che le entità fittizie ci siano in un qualche senso nel nostro mondo. Coloro che accettano che ci siano entità fittizie – i cosiddetti realisti sulle entità fittizie – si differenziano per il modo di interpretare tali entità. Alcuni – in modo piuttosto sorprendente -distinguono fra esistenza ed esserci, e ritengono che le entità fittizie siano oggetti che, benché ci siano, non esistono; la maggior parte dei filosofi pensa invece che le entità fittizie siano oggetti astratti esistenti. Fra i sostenitori degli oggetti fittizi astratti, ci sono filosofi per i quali gli oggetti fittizi esistono eternamente e gli autori di finzione si limitano a scoprirli, e filosofi per i quali gli oggetti fittizi sono creati dagli autori di finzione.
Gli oggetti fittizi sono oggetti possibili?
Questa domanda si presta a una duplice interpretazione.
Si può pensare che sia equivalente a “E’ possibile che ci siano oggetti che soddisfano tutte le proprietà attribuite a oggetti nella finzione?” E a questa domanda ovviamente possiamo rispondere di sì: se una finzione non è incoerente – come succede nella maggior parte dei casi – allora ci possono essere oggetti e esseri viventi che hanno tutte le proprietà che sono attribuite a un singolo oggetto o essere vivente nella finzione.
Ma questa domanda ha un’altra interpretazione, la si può intendere nel modo seguente “C’è un singolo oggetto possibile a cui un certo nome fittizio si riferisce?” E a questa domanda dobbiamo rispondere di no: un’opera di finzione non permette che i nomi o le descrizioni in essa incluse si possano riferire a un singolo oggetto possibile ad esclusione di qualsiasi altro. Ad esempio, non c’è un’unica persona possibile a cui il nome “Gregor Samsa” si riferisce; ci sono infinite persone possibili che si chiamano Gregor Samsa e vengono trasformate inspiegabilmente in un orribile insetto.
Quali norme regolano la finzione?
La maggior parte dei filosofi ammette che nella finzione facciamo finta che le cose siano in un certo modo. Ma cosa vuol dire far finta? A questa domanda non è facile rispondere. Secondo alcuni filosofi, ci facciamo coinvolgere in un gioco con regole che adottiamo senza essere in grado di formularle esplicitamente; per questi filosofi, la finzione è un po’ come andare in bicicletta: sappiamo farlo, ma se dobbiamo spiegare come si fa, ci troviamo in difficoltà. Secondo altri filosofi, nella finzione noi facciamo assunzioni che non crediamo vere; ad esempio, possiamo voler considerare che cosa faremmo della nostra vita se vincessimo alla lotteria, senza credere che vinceremo alla lotteria; allo stesso modo, nella finzione supponiamo che esistano oggetti fittizi senza credere che ci siano.
A mio parere, la finzione non va considerata come governata da norme, ma come una proposta dell’autore ai suoi interlocutori: un autore di finzione offre un certo contenuto nella speranza che i suoi interlocutori si facciano coinvolgere intellettualmente e emotivamente, e tale proposta può avere successo o no; solo se ha successo, si creano oggetti culturali fittizi che sono condivisi e che fanno parte delle nostre vite.