“Nuovi principi e principesse. Identità di genere in adolescenza e stereotipi di ruolo nei cartoni animati” di Elena Riva, Sofia Bignamini, Lisa Julita e Laura Turuani

Dott.ssa Elena Riva, Lei è autrice con Sofia Bignamini, Lisa Julita e Laura Turuani del libro Nuovi principi e principesse. Identità di genere in adolescenza e stereotipi di ruolo nei cartoni animati edito da FrancoAngeli: come è cambiata l’identità di genere negli adolescenti di oggi?
Nuovi principi e principesse. Identità di genere in adolescenza e stereotipi di ruolo nei cartoni animati, Elena Riva, Sofia Bignamini, Lisa Julita, Laura TuruaniDalla seconda metà del secolo scorso nei paesi occidentali ruoli e ideali di genere sono profondamente cambiati, così come i rapporti fra maschi e femmine, fra genitori e figli. Oggi alle ragazze non si chiede più di essere dolci, fragili e dipendenti, ma autonome, efficienti e determinate, mentre la sensibilità e l’empatia sono più apprezzate della forza e del coraggio nei giovani uomini, I modelli di genere non sono più considerati espressioni “naturali” cui il singolo è tenuto ad adeguarsi, ma costruzioni culturali ‘fluide’ e non polarizzate, che ciascuno modula in base ai propri valori e alle proprie aspirazioni. A differenza che in passato o nelle culture tradizionali, nella società postmoderna l’identità di genere è un’interpretazione soggettiva, costruita a misura di inclinazioni e bisogni personali. Questa evoluzione favorisce il benessere e la libertà del singolo, ma produce sul piano sociale incertezza e disorientamento; l’abolizione degli automatismi legati alla complementarietà dei ruoli sessuali tradizionali, ad esempio, alimenta la conflittualità nella coppia obbligandola a trovare nuovi equilibri relazionali, espressioni della mediazione fra esigenze e desideri individuali e progettualità condivise.

Quali stereotipi di genere allignano nella nostra cultura?
I cambiamenti in corso vanno nella direzione di un’attenuazione della rigidità prescrittiva degli stereotipi di genere. Il ruolo di genere codifica l’ideale maschile e/o femminile di un gruppo sociale, di cui esprime le caratteristiche estetiche, comportamentali e valoriali; lo stereotipo di genere ne è una versione iper-semplificata, che oltrepassando la barriera critica della consapevolezza influenza il pensiero collettivo su quali siano i modelli maschili e femminili socialmente adeguati.

In questo senso, i cartoni animati della Disney sono veicoli esemplari di stereotipi di genere, ai cui prototipi intere generazioni si sono inconsapevolmente inspirate. L’evoluzione dei personaggi della Disney riflette come siano cambiati i maschi e le femmine nella nostra società: da Cenerentola a Oceania, dal Principe Azzurro a Maui, dalla coppia romantica che vivrà ‘sempre felice e contenta’ alla coppia amicale che collabora alla realizzazione delle aspirazioni individuali, gli stereotipi maschili e femminili presenti nei cartoni della Disney ripercorrono l’evoluzione dei modelli di genere nella nostra cultura. Una riflessione in chiave psicoanalitica su questi modelli mostra l’evolversi delle aspettative rivolte a maschi e delle femmine nell’arco di quasi un secolo.

Se non possiamo che rallegrarci del tramonto dello stereotipo di una femminilità fragile, dipendente e infantile, e di una virilità dominante e aggressiva, è importante prestare attenzione alle linee di tendenza di questo cambiamento per evitare che la decostruzione degli stereotipi di genere tradizionali invece di produrre maggior libertà nell’espressione di sé e nella relazione con l’altro, si limiti a sostituire ai vecchi modelli nuovi ideali altrettanto prescrittivi.

In quanto psicoterapeute di adolescenti e giovani adulti ci confrontiamo quotidianamente con le fragilità e le risorse delle nuove generazioni. Ogni cambiamento presenta luci ed ombre: il tentativo di lasciarsi alle spalle la dipendenza infantile e autorizzarsi a realizzare appieno la propria soggettività sembra aver indotto le nuove femmine a rinunciare alla dolcezza e alla capacità di prendersi cura dell’altro; l’autorizzazione ad accedere al mondo degli affetti e delle relazioni sembra aver reso i giovani maschi più fragili e dipendenti, meno solidi e protettivi; il timore che l’intensità del vincolo sentimentale ostacoli le istanze di realizzazione personale sembra aver affievolito la tensione relazionale fra maschi e femmine, depotenziando l’intensità dei legami. Il crollo della cultura e del potere patriarcale ha consentito lo sviluppo di una femminilità più autonoma e consapevole, costretta però a una sorta di onnipotenza autarchica dalla solitudine in cui la relega viene la fragilità dei nuovi maschi, culturalmente inibiti ad esprimere competenze virili e incerti nel muovere i primi passi sul terreno degli affetti e delle relazioni. Come ogni cambiamento, quello delle donne e degli uomini contemporanei produce contraccolpi e derive, alimentando le suggestioni persecutorie di chi invoca un risolutorio ritorno al passato. Al contrario, noi riteniamo che una maggior consapevolezza del significato affettivo profondo e delle dinamiche relazionali implicite nelle trasformazioni degli ideali e dei ruoli di genere sia più utile di prese di posizioni giudicanti che alimentano catastrofismi e radicalizzazioni ideologiche.

In che modo i modelli maschili e femminili proposti dai cartoni animati Disney riflettono l’evoluzione degli ideali e degli stereotipi di genere nella nostra cultura?
I personaggi dei cartoni animati sono presenti nella vita dei bambini ben oltre la visione dei film, nei giochi e nei travestimenti, per questo si prestano a trasmettere modelli, stereotipi e sistemi di valori. La produzione Disney copre ormai quasi un secolo, fornendoci una visione ad ampio raggio delle trasformazioni avvenute in quest’arco di tempo. Per la nostra ricerca abbiamo selezionato i cartoni che hanno come protagonisti adolescenti, e ne abbiamo analizzato il processo di costruzione identitaria nel passaggio dall’infanzia alla vita adulta.

Le principesse dei primi cartoon, ispirati alle favole tradizionali – Biancaneve (1937), Cenerentola (1950) e La Bella Addormentata nel bosco (1959) – sono giovani donne docili e gentili, ingenue e sottomesse, che accettano senza protestare il proprio destino e ‘cucinano e ramazzano’ cantando, sicure che prima o poi comparirà il Principe Azzurro da sempre atteso, che premierà la loro grazia e la loro bellezza rendendole per sempre ‘felici e contente’. Le principesse della tradizione sono così ingenue e sprovvedute da non poter oltrepassare la soglia di casa senza la protezione di un uomo: le loro doti ‘naturali’ – gentilezza d’animo, passività, dedizione – non richiedono alcun apprendimento, e se le circostanze lo richiedono si rivelano capaci anche di cucinare e governare una casa, come se tali competenze fossero così connaturate alla natura femminile da svilupparsi fisiologicamente con la pubertà, come le forme del seno e dei fianchi. A questa ‘naturale’ propensione alle attività casalinghe fa da contrappeso un’assoluta incompetenza nell’area extradomestica; fortunatamente, non appena varcano la soglia di casa si appalesa un principe coraggioso e protettivo, desideroso di prendersi cura di loro.

Solo verso la fine degli anni 80, le protagoniste dei cartoni della Disney iniziano a manifestare un desiderio di autonomia e una volontà di esplorazione che le induce a sfidare l’autorità paterna per uscire dalla gabbia dorata in cui vivono. Ariel e Belle, Jasmine, Pocahontas e Mulan, incarnano una femminilità avventurosa, rifiutano abiti e comportamenti tradizionali e fanno proprie competenze cosiddette ‘virili’, il coraggio e la ragione; le loro storie sembrano suggerire che mascolinizzarsi nel corpo e nella mente, sfoderare doti atletiche e a volte perfino guerresche, sia il solo modo per emanciparsi da una femminilità ancora permeata di fragilità e dipendenza infantili.

Questi cambiamenti si consolidano nei cartoni animati del Nuovo Millennio, le cui protagoniste sono dotate di tratti identitari più complessi, costruiti in percorsi di sviluppo per prove ed errori, processi di soggettivazioni articolati e conflittuali piuttosto che trasformazioni istantanee da ragazzine ingenue a ‘donne da marito’; le nuove principesse non considerano più la formazione della coppia amorosa l’esito necessario del percorso di crescita: al termine della loro avventura Merida, Elsa e Vaiana rinunciano – almeno per il momento – a costruire una famiglia ed antepongono obiettivi differenti, legati all’eredità della leadership paterna e alla necessità di costruire un modo nuovo – più femminile? – di interpretarla. Nelle trame più recenti il legame che le unisce a giovani maschi non è necessariamente di tipo sentimentale, piuttosto è un importante laboratorio relazionale in cui conoscersi e collaborare per sostenersi reciprocamente nella crescita.

Anche sul versante maschile, che pure è un po’ meno ricco di protagonisti, i cambiamenti sono evidenti: se l’identità dei Principi Azzurri della tradizione si esaurisce in una divisa, un ruolo e un casato, già con Semola, il protagonista della Spada nella Roccia (1963) il processo di formazione del maschio non è più ispirato alla forza e al coraggio fisico ma alla razionalità e all’intelletto, in nome del progresso scientifico e tecnologico. La trasmissione delle competenze è verticale e rispettosa della gerarchia tra il giovane discente e un docente che svolge funzioni paterne di insegnamento, messa alla prova, valutazione in nome del merito e della competenza. Nel processo di formazione dell’identità maschile, il legame di coppia è in questa prima fase del tutto marginale, talvolta d’intralcio: il maschio rifugge dal vincolo esclusivo che ne ostacola le istanze esplorative. Solo in una fase successiva il cuore si unirà ai muscoli e al cervello come ingrediente necessario alla maturazione del maschio. Con la Bella e la Bestia (1991) ed Hercules (1997) la capacità di amare diventa una dote essenziale, su cui si fonda la capacità del giovane uomo di evolvere da una natura ‘bestiale’ verso la tenerezza e l’amore. Un percorso analogo coinvolge il ruolo paterno: padri, maestri e allenatori esercitano da qui in poi la loro funzione in maniera profondamente affettiva.

Maschi e femmine, genitori e figli sembrano perdere nell’ultimo scorcio di secolo specificità e prerogative: i maschi si legano, le femmine esplorano, i padri amano, le madri impongono le regole. L’iniziazione maschile alla vita adulta non richiede più prove di forza e sprezzo del pericolo, ma assunzione di responsabilità e di impegno affettivo.

La fase più recente della filmografica Disney sembra far da cassa di risonanza alla crisi del maschio: come i giovani narcisi fragili e disorientati che frequentano i nostri studi, i protagonisti dei cartoon sembrano cercare una soluzione alla crisi della virilità nel culto estetico del corpo e nella costruzione dell’immagine, alla ricerca di una perfezione estetica in grado di annullare ogni insicurezza. Ne è un’espressione esemplare Maui, il semidio ridotto a sparring partner di Vaiana, la vera protagonista del film Oceania (2016): un ragazzone dai lunghi capelli super curati e dai muscoli ricoperti di tatuaggi, che cerca nel culto della propria immagine un risarcimento alle ferite generate da perdite antiche e recente, ma che solo nella relazione fraterna, cooperativa e generosa con Vaiana, riuscirà infine ad evolvere. Le trame del Nuovo Millennio descrivono anche del-la scomparsa del Padre, ridotto a figura ridicolizzata e svalutata o sostituito nelle sue funzioni dal gruppo degli amici – ad esempio in Big Hero6 (2014) – che diventa luogo elettivo dello sviluppo del Sé maschile in assenza di adulti competenti e credibili.

Anche per quanto riguarda la formazione della coppia i cartoni Disney delineano un percorso parallelo all’evoluzione dei costumi sociali: la scintilla del colpo di fulmine che fa scoccare l’innamoramento in un unico scambio di sguardi e lo rappresenta come un incastro istantaneo perfetto, una sorta di magico incantesimo, nei film più recenti è sostituita da percorsi di conoscenza reciproca ben più complessi e contrattuali. La bellezza non è più l’unico requisito necessario all’incontro amoroso: le personalità dei protagonisti sono più complesse e articolate, i loro ruoli meno stereotipati e più paritetici. Le femmine, più autonome e sicure, rifiutano di essere consegnate dal padre al marito, e prima di promettere amore eterno a uno sconosciuto lo mettono alla prova affrontando con lui perigliose avventure lontane dalla protezione e dalle imposizioni familiari. Innamorarsi non è più l’unica forma di realizzazione di sé, il matrimonio smette di essere un obiettivo esistenziale o un obbligo sociale e la relazione fra maschi e femmine, pur rimanendo importante, non è più unica e idealizzata: complicità e solidarietà segnano il passaggio dalla coppia romantica ‘per sempre’ alla coppia amicale che nella reciproca collaborazione sviluppa competenze maturative, ma è destinata a separarsi al termine dell’avventura.

In che modo genitori e insegnanti possono aiutare gli adolescenti a riflettere criticamente sugli stereotipi di genere per favorire in ciascuno la consapevolezza della propria unicità?
L’interesse che ci ha spinto ad affrontare questa ricerca nasce dall’attività di psicoterapeute di adolescenti e giovani adulti: è in adolescenza, infatti, che il nucleo dell’identità di genere abbozzato durante l’infanzia prende definitivamente forma precisando gli ideali cui s’ispira. Gli adolescenti che incontriamo nei nostri studi, maschi e femmine, con orientamento etero, omo o bi-sessuale, spesso sono disorientati e confusi sulla propria identità di genere e sui valori che l’ispirano, e così bisognosi di conferme e rispecchiamenti da enfatizzarla o negarla, nel corpo e con il corpo, invece di elaborarla a livello simbolico.

Gli adulti, genitori e insegnanti, tendono a oscillare fra la negazione di ogni problematicità delle divergenze dalla ‘norma’ e il rimpianto di un passato più normativo che imponeva a maschi e femmine una precisa uniforme identitaria.

I personaggi dei cartoni animati della Disney sono stati negli anni interpreti di stereotipi sociali largamente diffusi, che da un lato rimarcano le aspettative sociali nei confronti dei ruoli di genere, dall’altro influenzano sogni e proiezioni delle nuove generazioni. La riflessione sull’evoluzione di questi modelli può essere uno strumento preventivo utile a sviluppare una maggior consapevolezza sulle questioni di genere nei soggetti in età evolutiva: ogni personaggio può, infatti, essere inquadrato nel suo tempo ed essere interpretato come espressione di un modello di funzionamento consolidato. Rivedere questi cartoni con i propri figli o studenti può servire ad approfondire questioni legate agli stereotipi di genere all’interno di percorsi sull’educazione affettiva e sentimentale, e a sottolineare la loro influenza nella costruzione dell’identità maschile e femminile. I tratti stereotipici attribuiti ai generi possono suggestionare i soggetti in età evolutiva nella costruzione del Sé maschile e femminile, inducendoli ad aderire a ruoli e comportamenti non corrispondenti alle loro attitudini e desideri più autentici, per non deludere le attese famigliari o sociali, o i coetanei a cui ritengono di doversi conformare per non subire marginalizzazioni ed esclusioni. Un’adesione a ruoli di genere stereotipati può avere conseguenze sulla formazione dell’identità individuale, bloccando lo sviluppo delle potenzialità soggettive, generando vissuti di marginalizzazione e conflitti interni e relazionali.

Gli stereotipi sono espressioni di opinioni acquisite sulla base del pregiudizio; per questo è importante far riflettere bambini e adolescenti sul significato affettivo dell’affiliazione all’uno o all’altro personaggio e sui sistemi di valore che ispirano le diverse trame. Nel testo abbiamo incluso schede di lettura per ogni cartone, perché gli educatori possano utilizzarle come spunto di discussione, come strumenti di riflessione e approfondimento, come canovacci per approfondire temi legati alla prevenzione degli stereotipi di genere e all’educazione all’affettività. Per prevenire i contraccolpi negativi dei cambiamenti in atto nei ruoli di genere occorre che i giovani acquisiscano maggiore consapevolezza dei caratteri e dei valori che ispirano le nuove declinazioni identitarie, e che gli adulti li aiutino a decifrarne i significati affettivi, i sistemi di valori che sottendono, gli ideali che veicolano.

Elena Riva, psicoanalista SPI-IPA e socia fondatrice dell’Istituto Minotauro, lavora come psicoterapeuta di adulti e adolescenti. Presso l’Istituto Minotauro coordina l’équipe sui Disturbi del comportamento alimentare, svolge attività dii formazione e supervisione e insegna nella Scuola di Specializzazione in psicoterapia dell’adolescenza e del giovane adulto. Fra le pubblicazioni più recenti: Il mito della perfezione (Mimesis, 2014); Ferite e ricami nella clinica dei disturbi alimentari (Mimesis, 2016) e, con Sofia Bignamini, Lisa Julita e Laura Turuani Nuovi principi e principesse. Identità di genere in adolescenza e stereotipi di ruolo nei cartoni animati (Franco Angeli, 2020)

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