
Cosa rappresenta, per il progetto d’integrazione politica europea, la scelta di consentire alla Commissione europea di emettere debito europeo?
Il Trattato di Maastricht del 1992 aveva posto le basi per la creazione dell’Unione economica e monetaria (UEM), e quindi dell’introduzione dell’euro come moneta unica dell’UE. Tuttavia, l’UEM era nata come un’architettura asimmetrica: mentre gli stati membri avevano rinunciato alla propria sovranità monetaria, trasferendo la potestà in materia ad una istituzione federale (la Banca Centrale Europea), essi avevano deciso di mantenere il controllo sulle politiche economiche, sottoponendole ad un mero coordinamento transnazionale. Per affrontare l’asimmetria tra la gamba monetaria dell’UEM (pienamente centralizzata) e la gamba economica dell’UEM (decentralizzata), il Trattato di Maastricht aveva quindi edificato una struttura complessa. Perno di questa è il Patto di stabilità e di crescita che impone ai paesi membri dell’Eurozona il rispetto di alcune regole di buona condotta fiscale al fine di prevenire fenomeni di esternalità negativa. Naturalmente, la crisi dell’euro un decennio dopo l’entrata in vigore della moneta unica ha messo in luce le debolezze dell’assetto originario dell’UEM. Tuttavia, le riforme adottate per affrontare la crisi dell’euro non hanno fondamentalmente modificato l’asimmetria dell’UEM, e allo scoppio della pandemia l’UE era ancora priva di una vera e propria politica di bilancio sovranazionale. NGEU rimedia a questa situazione, dotando l’UE di un budget che le consente di intervenire a sostegno delle economie degli stati membri. In aggiunta, questo budget è finanziato non da trasferimenti finanziari da parte degli stati stessi, bensì dall’emissione di debito comune europeo. Da questo punto di vista, pertanto, NGEU rappresenta un cambio di paradigma che contribuisce a completare l’UEM, rendendola molto più simile a un’unione di tipo federale.
Come funziona esattamente NGEU?
A grandi linee, NGEU definisce delle priorità di spesa, incluso l’obiettivo di assicurare la transizione digitale e ambientale, e la resilienza economica e sociale, tracciando quindi una rotta per il rilancio dell’economia dell’UE post-pandemia. Per accedere ai fondi di NGEU – che sono ripartiti tra stati membri sulla base di criteri che combinano la dimensione demografica del paese, e i danni economici causati in esso dalla pandemia – ciascuno stato ha dovuto predisporre un piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Tali piani sono stati valutati dalla Commissione europea per la loro conformità ai criteri prioritari stabiliti nella legislazione istitutiva di NGEU, e, sulla base della valutazione positiva della Commissione, approvati dal Consiglio dell’UE. I PNRR costituiscono degli impegni legalmente vincolanti che gli stati si assumono per raggiungere gli obiettivi di riforma e investimento in essi previsti, quale condizione per continuare ad accedere ai fondi comunitari. Poiché la durata dei finanziamenti NGEU va dal 2021 al 2026, questo impone ai paesi di pianificare a lungo termine, e consente alle istituzioni sovranazionali di incentivare tramite il pagamento delle tranches di NGEU politiche virtuose.
Qual è la sua struttura giuridica e quali sono i suoi meccanismi di finanziamento e spesa?
NGEU è creato all’interno dell’ordine giuridico dell’UE, ma è costruito sulla base di una costellazione giuridica complessa. Infatti, come spiego nel mio libro, anche attraverso l’uso di una tabella, NGEU è basato su una scarna Decisione del Consiglio dell’UE del dicembre 2020 che istituisce il cd. Strumento europeo per la ripresa. Questo Strumento è a sua volta autorizzato dalla Decisione sulle risorse proprie dell’UE (che autorizza l’UE ad indebitarsi sui mercati finanziari, fino ad un massimo di 750 miliardi di euro) e collegato al Regolamento sul QFP 2021-2027. Le regole operative di NGEU sono tuttavia definite nel dettaglio in un altro atto giuridico, ovvero un Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio dell’UE che istituisce il Dispositivo per la ripresa e la resilienza, approvato nel febbraio 2021. Questo regolamento determina le procedure che debbono essere seguite per sborsare i fondi, e i criteri ai quali gli stati membri debbono attenersi nell’uso delle risorse di NGEU. Completa il pacchetto infine un altro regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, noto come il regolamento sulla condizionalità, il quale pone il rispetto dello stato di diritto come condizione per l’accesso ai fondo comunitari (sia di NGEU che del QFP).
Che impatto avrà NGEU sulle riforme dell’Italia e sullo sviluppo dell’UE nel suo insieme?
NGEU offre una grandissima occasione all’Italia, che è in assoluto il principale beneficiario di questo programma. Con oltre 209 miliardi di sussidi e prestiti, infatti, il nostro paese assorbe da solo quasi un 1/3 dell’intero bilancio di NGEU! Ad oggi l’Italia si è mossa molto bene per poter trarre beneficio di NGEU: la formazione del governo Draghi e la predisposizione di un PNRR serio ed ambizioso in primavera 2021 hanno consentito all’Italia di ottenere il via libera dalla Commissione europea, con un pre-finanziamento del piano nazionale già nel 2021. Tuttavia è essenziale continuare a dare seguito al PNRR anche negli anni a venire. Come detto, NGEU prevede finanziamenti dal 2021 al 2026, e condiziona i pagamenti dei fondi comunitari al rispetto di precise tempistiche (milestones) e al raggiungimento di determinati risultati (targets). Questo pone delle sfide importanti per l’Italia, che ha storicamente mostrato incapacità nell’assorbimento dei fondi comunitari a causa soprattutto della debolezza e dei ritardi della sua pubblica amministrazione. In aggiunta, vi sono delle incertezze politiche: se l’autorevolezza di Mario Draghi ha consentito all’Italia di predisporre un PNRR all’altezza delle sfide, è evidente che le dinamiche elettorali in vista delle elezioni parlamentari del 2023 potrebbero mettere in discussione questo stato di cose. La conferma di Sergio Mattarella come Presidente della Repubblica offre stabilità, ma è essenziale che il paese faccia quadrato attorno al PNRR cogliendo l’occasione unica di oltre 200 miliardi di risorse europee per affrontare i suoi problemi strutturali.
Quale è il futuro di NGEU e dell’UE nel suo complesso?
NGEU è stato istituito come uno strumento ad hoc, ideato esclusivamente per l’emergenza. Tuttavia, se il programma avrà successo (cosa che dipende molto dall’Italia!), c’è da sperare che esso possa diventare uno strumento permanente dell’UEM. Infatti, come detto, esso è indispensabile per completare l’UEM e rimediare alle sue asimmetrie originarie. D’altra parte, se è stato possibile istituire NGEU senza apportare alcuna modifica ai trattati europei, è evidente che i trasferimenti di potere in materia fiscale che NGEU determina a favore delle istituzioni sovranazionali impongono di affrontare alcune lacune pre-esistenti nel sistema di governo dell’UE. Da tempo, infatti, si levano voci a favore di migliorare l’efficienza e la legittimità della governance europea – e questa prospettiva potrebbe finalmente realizzarsi nel quadro della Conferenza sul Futuro dell’Europa, tuttora in corso. Con questi adeguamenti costituzionali, NGEU potrebbe diventare un pilastro sul quale edificare l’UE del futuro, dotandola degli strumenti finanziari per affrontare più forte e unita le sfide di questo minaccioso nuovo secolo.
Federico Fabbrini è professore ordinario di Diritto dell’Unione Europea presso la Dublin City University (DCU) in Irlanda, dove dirige il Centro d’Eccellenza Jean Monnet REBUILD. È autore di diverse monografie tra cui Economic Governance in Europe (2016) e Brexit and the Future of the European Union (2020), entrambe pubblicate da Oxford University Press. Per il Mulino ha pubblicato Introduzione al diritto dell’Unione europea (2018) e Brexit: tra diritto e politica (2021).