“Nella vigna del testo. Per una etologia della lettura” di Ivan Illich

Nella vigna del testo. Per una etologia della lettura, Ivan IllichNella vigna del testo. Per una etologia della lettura
di Ivan Illich
traduzione di Alessandro Serra e Donato Barbone
Raffaello Cortina Editore

«Questo libro commemora gli albori della lettura scola­stica. Parla della nascita di quel modo “libresco”, come lo chiama George Steiner, di considerare gli scritti, che per otto secoli è stato il fondamento e il titolo di legittimazio­ne delle istituzioni scolastiche occidentali. L’accesso uni­versale al libro è stato il nocciolo della religione laica d’Occidente, e la scolarizzazione la sua Chiesa. Oggi, in Occidente, la realtà sociale ha ormai messo da parte quel­la fede nel libro come ha messo da parte il cristianesimo; e le istituzioni educative, da quando non è più il libro la ragione ultima della loro esistenza, hanno proliferato: lo schermo, i media e la “comunicazione” hanno surretti­ziamente preso il posto della pagina, della letteratura e della lettura. Il tema che qui tratto è l’inizio dell’era del li­bro che si sta ora concludendo. Me ne occupo perché è il momento adatto per coltivare una molteplicità di ap­procci alla pagina che sotto il monopolio della lettura scolastica non hanno potuto fiorire. […]

Concentro la mia attenzione su un punto sfuggente ma molto importante della storia dell’alfabeto, nel quale, dopo secoli di lettura cristiana, improvvisamen­te la pagina si trasformò, da partitura per pii borbot­tanti, in testo organizzato otticamente ad uso di pensatori logici. Da quel punto in poi un nuovo modo classico di leggere fu la metafora dominante per signi­ficare la forma più alta di attività sociale.

Di recente questo valore metaforico della lettura si è a sua volta infranto. L’immagine con relativa didascalia, il fumetto, la tabella, il riquadro, il grafico, le foto, gli schemi, e l’integrazione con altri media esigono dall’utente un genere di abitudini del tutto opposte a quelle coltivate nei modi di lettura scolastici. Questo mio lavoro non critica le nuove pratiche di gestione dei media, o i metodi di formazione che si usano per acquisirle. Tanto meno mette in discussione l’impor­tanza e la bellezza della lettura libresca nelle sue molteplici forme. Risalendo alle origini di essa io spero di accrescere la distanza tra il mio lettore, che presumo sia persona usa ai libri, e l’attività a cui egli si dedica mentre mi legge. […]

La cultura classica dello stampato è stata un feno­meno effimero. Secondo Steiner, appartenere all”‘era del libro” implicava che si disponesse dei mezzi per leggere. Il libro era un oggetto domestico, lo si poteva prendere per rileggerlo ogni volta che si volesse. L’era del libro presupponeva uno spazio privato e il riconoscimento del diritto a momenti di silenzio, nonché l’esistenza di camere di risonanza come giornali, acca­demie e salotti. La cultura del libro richiedeva un ca­none più o meno condiviso di valori e modalità del te­sto. Ed era qualcosa di più d’un semplice mezzo per permettere, a chi padroneggiava quella cultura, di rivendicare per sé i privilegi della classe media: finché l’accesso al sapere mediante il libro rimase lo scopo dell’iniziazione per i cattolici come per i protestanti e gli ebrei assimilati, per i chierici e per gli anticlericali illuminati, per gli umanisti come per gli scienziati, le formalità connesse a questo tipo specifico di lettura definivano, e non solo rispecchiavano, i caratteri della topologia sociale.

Oggi il libro non è più la metafora fondamentale dell’epoca; il suo posto è stato preso dallo schermo. Il testo alfabetico non è che uno dei tanti modi di codificare qualcosa che viene ora chiamato “messaggio”. Vi­sta retrospettivamente, la combinazione di quegli ele­menti che da Gutenberg al transistor avevano nutrito la cultura del libro ci appare come una singolarità di un periodo unico, caratteristica di un’unica società, quella occidentale. Questo, nonostante la rivoluzione dei tascabili, il solenne ritorno delle letture pubbliche di poesia e la fioritura talora magnifica di edizioni al­ternative realizzate in proprio.

Si può ormai vedere chiaramente che la lettura li­bresca è stata un fenomeno proprio di un’epoca e non un passo logicamente necessario nel cammino verso l’uso razionale dell’alfabeto; un modo fra i tanti di in­terazione con la pagina scritta; una vocazione partico­lare fra molte, coltivata da alcuni mentre altri seguiva­no altre mode. La coesistenza di modalità diverse di lettura non sarebbe un fatto nuovo. Per dimostrarlo, racconto qui la storia della lettura durante un lontano secolo di transizione. Come George Steiner anch’io sogno che al di fuori del sistema educativo, ormai orientato verso funzioni completamente diverse, ci possa essere una sorta di “case della lettura”, simili al­lo shul ebraico, alla medersa islamica o al monastero cristiano, dove i pochi che si scoprano la passione per una vita imperniata sulla lettura possano trovare l’opportuna guida, il silenzio, e la complicità di una com­pagnia disciplinata che occorrono per la lunga inizia­zione all’una o all’altra delle molteplici “spiritualità” o stili di celebrazione del libro. Perché possa fiorire un nuovo ascetismo della lettura, anzitutto dobbiamo ri­conoscere che la lettura libresca ‘classica’ di questi ul­timi quattrocentocinquant’anni non è che uno dei pa­recchi modi di usare le tecniche dell’alfabeto.»

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