“Nella camera degli sposi. Tomás Sánchez, il matrimonio, la sessualità (secoli XVI-XVII)” di Fernanda Alfieri

Nella camera degli sposi. Tomás Sánchez, il matrimonio, la sessualità (secoli XVI-XVII), Fernanda AlfieriNella camera degli sposi. Tomás Sánchez, il matrimonio, la sessualità (secoli XVI-XVII)
di Fernanda Alfieri
il Mulino

«Quam bene scrutatur thalami penetralia Sanchez! Mirum! qui docuit, nesciit ipse torum»: con questo distico l’oratoriano Giovanni Andrea Cadei introduceva il suo compendio delle Disputationes de sancto matrimonii sacramento di Tomás Sánchez, uscite in tre tomi fra il 1602 e il 1605. Dell’opera imponente che si accingeva a sintetizzare, semplificandola e riducendola in secchi precetti, l’autore segnalava ammirato quella che, a suo parere, ne costituiva la principale, stupefacente cifra: il gesuita di Cordova, autore delle Disputationes, era stato capace di scrutare i più oscuri recessi del letto nuziale pur senza conoscerli direttamente. Proprio lui, che non sa nulla del talamo, così bene ne insegna! Il breve componimento mette in evidenza — probabilmente senza volerlo, ché lo si suppone guidato da intenti candidamente elogiativi — un evidente paradosso: c’è un sapere specifico, relativo ai fatti intimi del matrimonio, che viene prodotto da chi con questi non dovrebbe avere alcuna familiarità. Non si entrerà ora nel merito di questa contraddizione, che tuttavia è necessario tenere subito ben presente, in quanto caratterizza la condizione all’interno della quale il discorso morale sui fatti della carne, oggetto di questo studio, si è sviluppato nel corso dei secoli, uscendone fortemente connotato nelle forme, negli intenti e nei presupposti antropologici. Interesserà piuttosto osservare come si declinano quegli atti dello «scrutare» e del «docere» posti da Cadei a fondamento dell’operazione dell’«eruditissimo» Sánchez, e la peculiarità del sapere che ne è risultato, colto nel momento della sua esplosione retorica e attraverso il caso esemplare di uno dei suoi protagonisti più insigni e discussi. Nella fioritura secentesca di trattati di teologia morale la scelta è caduta su una parte — il libro nono De debito coniugali — delle Disputationes di Sánchez (che sono anche, se non soprattutto, un testo di diritto canonico, disciplina liminare alla teologia) non soltanto per la loro conclamata celebrità, che ne fa un campione di particolare interesse e invita a prestare attenzione alle soluzioni elaborate dall’autore, talvolta in linea con la tradizione, talaltra in evidente distanza, ma anche per il ricchissimo apparato di rimandi di cui Sánchez si avvale. Ciò ha permesso di delineare la fisionomia del discorso sullo sfondo di una costellazione di fonti eterogenea per discipline e collocazione cronologica. […]

Dopo la sua morte, avvenuta nel 1610, il nome di Tomás Sánchez non solo sarebbe divenuto punto di riferimento della letteratura teologica e canonistica sulla materia del matrimonio, ma sarebbe rimbalzato, proprio per l’estrema precisione con cui si addentra nei fatti nuziali, fra una polemica e l’altra: assunto dagli apologeti a esempio eccellente di vita consacrata allo studio delle miserie umane per la salvezza delle anime, e impugnato da rigoristi e giansenisti a icona della morbosità di una Chiesa romana perduta nelle spirali delle minuzie casuistiche. Papa Clemente VIII in persona, stando al prologo dell’Opus morale, summa di Sánchez sul Decalogo uscita postuma a cura dei suoi confratelli di Granada, avrebbe lodato la profondità con cui l’autore aveva risolto le gravissime questioni relative alla materia matrimoniale. In risposta, negli anni Trenta del Seicento, Petrus Aurelius (pseudonimo sotto cui probabilmente si cela l’abate di Saint-Cyran vicinissimo a Giansenio) rispondeva che dietro quella minuzia senza precedenti, dietro quell’indagine senza riserve negli «sterquilinia» del letto nuziale si celava soltanto una curiosità senza precedenti. E sulle potenzialità esiziali di tale genere di operazioni «anatomiche» (come Sanchez stesso le avrebbe definite poco prima della sua morte, per difendersi dalle prime reazioni alla pubblicazione del trattato) si sarebbe costituita una lunga catena polemica, di cui è impossibile recuperare ora i molteplici anelli. Montesquieu avrebbe additato Sánchez a modello di quei «casuisti che mettono alla luce del giorno i segreti della notte», capaci di radunare «tutti i mostri che può produrre il demonio dell’amore», e ancora alla fine dell’Ottocento in Spagna sarebbe uscita la prima (e probabilmente l’unica) traduzione di alcune sezioni delle Disputationes, con l’invito, posto in proemio, ai padri delle fanciulle di leggere il testo con attenzione, per rendersi conto del genere di informazioni che a queste vengono trasmesse tutte le volte che vanno a inginocchiarsi dentro un confessionale.

Al di là della polemica, negli esempi citati connotata da precise ragioni di contesto, al di là dello spiazzamento, e anche del sorriso tra l’imbarazzato e l’incuriosito con cui a tutt’oggi […] viene accolto questo sapere, e talvolta la stessa indagine storiografica su di esso, si innesca una domanda: com’è accaduto che la carne sia divenuta oggetto di un sapere specialistico di riconosciuta problematicità, conteso fra la riprovazione e l’irrinunciabilità a trattarne, potenzialmente salutare quanto nocivo, soggetto, nel corso dei secoli, ad attacchi feroci, ma mai, nella storia della morale cattolica, negato quanto alla sua imprescindibilità? La singolarità di questo «campo di conoscenza», con la densità delle implicazioni di potere che su di esso si accumulano, è stata evidenziata da Michel Foucault nel primo dei tre saggi sulla storia della sessualità, apparso a Parigi nel 1976. Dalla segnalazione di questa complessità e dall’ipotesi che nell’enunciazione stessa del discorso, anche del meno visibilmente repressivo, nella costituzione e nell’organizzazione di un sapere specifico si metta in atto un primo, fondamentale esercizio di potere, questo studio ha tratto il suo primo impulso. L’intento iniziale, che ha prodotto quella che ora costituisce la parte centrale di questo volume, è stato quello di mettere in luce quali forme assume in Sánchez, scrutatore di talami, la ‘sessualità coniugale’, guardata al contempo come campo di conoscenza e come spazio normativizzabile, luogo di teorizzazione della relazione fra soggetti e di definizione del soggetto stesso a partire dalla sua natura senziente e desiderante. Che cosa accade nell’intimità della stanza coniugale? Quali dinamiche di relazione si suppone possano (e, in sostanza, debbano) mettersi in atto al suo interno? Come reagiscono (o meglio, devono reagire) i corpi, non solo nel momento dell’atto sessuale, definito in partenza nei termini della restituzione di un debito coniugale, quindi necessariamente incastrato in una rete di obbligazioni, ma anche in quell’incessante pulsare dei sensi che al teologo parrebbe connotare la vita quotidiana degli esseri senzienti?»

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