
Quali diverse declinazioni di “educazione all’aperto” sono possibili?
La letteratura, non solo teorica, ma anche esperienziale, ci racconta di moltissime possibilità. Provo qui a fare riferimento in particolare a quelle che possono essere più facilmente rintracciate nel contesto italiano attuale, facendo qualche riferimento in alcuni casi alle loro radici storiche. Per cominciare, sono un esempio di declinazione possibile di educazione all’aperto le esperienze delle scuole all’aperto, cioè quelle scuole che, anche ora e anche nel nostro paese, nella cornice pubblica, impegnano programmaticamente un tempo consistente della loro giornata, della loro settimana e del loro intero anno scolastico all’aperto. Ve ne sono numerosi esempi all’interno della “Rete delle scuole all’aperto”, che aggrega una parte importante, sebbene non esclusiva, di questa tipologia di esperienze, soprattutto relative alla scuola primaria. Le scuole all’aperto, tuttavia, sono una proposta innovativa nella formulazione attuale, ma non nuova nel panorama educativo, perché hanno le loro radici nelle scuole all’aperto che, quasi un secolo fa, si sono diffuse in Europa e nella stessa Italia per rispondere ai bisogni della popolazione infantile maggiormente fragile, che poi per un certo tempo sono pressoché scomparse in quella versione originale e che oggi si stanno riattivando con altri obiettivi che, pur essendo lontani dalla motivazione originale, sono tuttavia vicini a nuovi bisogni dei bambini e dei ragazzi. Un altro esempio, che fa una scelta più radicale di quantità di tempo trascorso all’aperto e spesso anche di luogo elettivo, è relativo a quelle che vengono chiamate scuole nel bosco, in cui l’orientamento è a trascorrere la maggior parte del proprio tempo all’aperto e spesso in contesti ad elevata densità naturale, come sono i boschi. Queste proposte trovano la propria origine in esperienze del Nord Europa avviate nella seconda metà del secolo scorso e vedono nel nostro Paese una importante diffusione negli ultimi, arrivando oggi ad un considerevole numero di esperienze in tutta la penisola. Accanto a queste ci sono le proposte di agrinido e agriasilo, senz’altro più ridotte in termini di diffusione, ma comunque interessanti come modelli di relazione con il territorio. Ma sono esperienze di educazione all’aperto anche quelle che interessano moltissimi servizi educativi per l’infanzia o scuole di ogni ordine e grado che, anche senza che esista un vero e proprio protocollo come per il primo esempio citato oppure una progettualità prevalentemente orientata al luoghi selvatici come per il secondo, hanno tuttavia nella loro progettazione una evidente vocazione e una marcata intenzionalità a cogliere quante più opportunità possibili i contesti limitrofi mettono a disposizione: solo i servizi educativi e le scuole che scelgono di portare bambini e ragazzi all’aperto, cominciando dai giardini e dai cortili scolastici per proseguire nei luoghi prossimi, come i parchi pubblici o le vie delle proprie città. In questo caso in particolare, quindi, educazione all’aperto non significa solo ed esclusivamente fare esperienze in natura, ma coltivare le differenti possibilità messe a disposizione dai contesti nei quali i servizi educativi e le scuole sono collocati.
Quali sono vantaggi e benefici di questo tipo di educazione?
I vantaggi e i benefici dell’educazione all’aperto sono molteplici e declinabili all’interno di diverse aree sia dello sviluppo che dell’apprendimento. Vi sono innanzitutto benefici dal punto di vista della salute psicofisica. Oggi, infatti, sono noti e supportati da molti dati della ricerca internazionale benefici relativi, ad esempio, allo sviluppo della struttura ossea o di quella muscolare, al controllo del peso, a una protezione dai danni alla vista dei tipici dello stare a lungo in spazi chiusi o alla riduzione di malattie tipiche stagionali. Ma vi sono anche esiti che evidenziano un maggior benessere dal punto di vista emotivo e relazionale, tanto che alcune ricerche connettono la possibilità di frequentare in particolare ambienti naturali con una maggiore disposizione al percepirsi come appagati. Accanto a questi benefici ve ne sono altri che sono più immediatamente percepiti come connessi con gli apprendimenti attesi all’interno dei percorsi educativi e scolastici, sia sul piano delle competenze trasversali che sul piano delle competenze curricolari. Ne sono esempi la riduzione dello stress, la rigenerazione dell’attenzione che influisce su una maggior concentrazione, l’aumento della motivazione, collegato al fatto che spesso gli oggetti su cui ci si concentra all’aperto sono percepiti come maggiormente autentici, vivi. Infine, ma solo per sintesi, altre ricerche ancora testimoniano un incremento dei risultati scolastici nel loro insieme oppure ricadute positive in specifici ambiti disciplinari, non soltanto di natura scientifica.
Quali autori presenta il testo e quale contributo essi offrono a tale approccio pedagogico?
Il testo si propone di offrire inizialmente una panoramica che permetta di orientarsi nell’ambito delle numerose declinazioni dell’educare all’aperto, a cui ho fatto inizialmente riferimento, toccando in questo senso sia alcuni autori di riferimento in ambito internazionale che diverse tra le prospettive e riflessioni in corso nel nostro paese. È per l’appunto una panoramica, che non intende esaurire né approfondire le singole posizioni, rimandando in questo senso agli specifici autori e alle specifiche teorie, ma che permette al lettore di cogliere la complessità del discorso e le sue numerose e talvolta eterogenee sfumature. Il volume si propone poi di mostrare altri sguardi, con l’intento di evidenziare le numerose connessioni rintracciabili in pagine che hanno origine in ambiti di studio differenti, quali quelle di grandi maestri, di naturalisti, di scrittori, illustratori e artisti. Con questo procedere il lavoro si propone di mostrare come sia possibile cogliere uno sguardo comune tra coloro che si occupano a vario titolo di educare all’aperto, ma anche di educarsi all’aperto, intendendo con ciò coloro nella loro professione hanno coltivato una relazione con il mondo, da quello più prossimo e magari anche più antropizzato a quello più naturale nel senso di maggiormente selvatico, vivendovi delle esperienze formative autentiche e imprescindibili. Questo sguardo sembra avere una doppia natura, particolarmente fertile da approfondire per chi si occupa di educazione, che suggerisce come per incontrare il mondo sia necessario esercitare una postura che definisco sia scientifica che poetica. A partire da tutte le pagine attraversate, infatti, emerge come sia sempre non solo proficuo ma anche necessario esercitarsi a conoscere il mondo impegnandosi sia nel promuovere un’interrogazione scientifica degli oggetti e dei soggetti che si incontrano, cercando cioè di conoscerli nel modo più approfondito possibile, sia nel coltivare un atteggiamento di tipo contemplativo, provando cioè a disporsi all’ascolto, in modo rispettoso e non prevaricante, rispetto a ciò che le cose del mondo hanno da mostrare e raccontare. Questa postura, attraverso con queste due declinazioni specifiche e complementari, mi sembra possa sostenere un’idea di educazione all’aperto coerente con quelle che sono le urgenze contemporanee di conoscenza appassionata del mondo che abitiamo, nell’idea che solo una conoscenza appassionata possa promuovere un senso di protezione e cura del mondo, in cui non solo abitiamo ma di cui siamo anche parte stessa.
Monica Guerra è professoressa associata in Pedagogia generale e sociale presso il Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione “Riccardo Massa” dell’Università di Milano-Bicocca. È direttore scientifico della rivista Bambini e presidente fondatrice dell’associazione culturale Bambini e Natura.