
Quale nuovo approccio richiede il paradigma digitale?
Un approccio consapevole, senza dubbio. In primo luogo è fondamentale capire come è composto e come funziona il “campo di gioco”. Sono tanti, troppi i luoghi comuni sul digitale, spesso approssimazioni utili a consolidare delle convinzioni molto polarizzate. Il contrasto tra sostenitori e detrattori del digitale è molto marcato, e assorbe molte delle energie critiche che invece andrebbero destinate ad una riflessione approfondita su come si debba interpretare realmente il rapporto con la tecnologia in termini di opportunità, tenendo conto anche dei rischi che un’immersione troppo pronunciata nei meccanismi del web e dei social può produrre effetti stranianti.
Ci vuole lucidità, insomma, e parte di un approccio corretto è comprendere che non si pretende che tutti diventino esperti di programmazione, per dirne una. I principi fondanti delle logiche e delle dinamiche digitali sono affascinanti e – come detto in precedenza – inevitabili. Meglio farci i conti, capire a cosa ci si riferisce quando si parla di “algoritmo” e argomenti simili, parole troppo spesso svuotate di senso compiuto e collegate all’obiettivo di stimolare riflessi pavloviani pro o contro. Se vuoi esplorare un territorio, avere una mappa è utile, e l’intento è proprio quello di illustrare la morfologia di web e social, oltre le semplificazioni ma in modo accessibile e costruttivo.
La consapevolezza cui facevo cenno poc’anzi è legata anche alla necessità di affrontare il discorso sapendo che è assai utile includere prospettive che spaziano tra il marketing, il design, la psicologia. Non è un inno alla “tuttologia”, ma la proposta di utilizzare paradigmi e riferimenti consolidati in diversi settori in ragione dell’utilità pratica che offrono per capire un mondo complesso come quello digitale.
Quale trasformazione subisce l’autore nell’era digitale?
Nel libro descrivo un caso che riassume in maniera efficace il senso del nuovo scenario: chiunque abbia pubblicato un Tweet dal 2006 al 2010 è automaticamente censito dalla Biblioteca Nazionale del Congresso USA (una delle principali al mondo) come un autore. Da quella data l’istituzione ha dovuto limitare la registrazione dei contenuti su una base diversa, data l’impossibilità di rendere accessibile tale mole di materiali in maniera organica e funzionale (nel senso che è estremamente arduo condurre una ricerca fruttuosa nel database, non organizzato in modo efficiente). Ma chiunque abbia scritto un contenuto sulla piattaforma è lì, in qualche modo eternato assieme ai principali rappresentanti della cultura umana tutta. Non si intende ovviamente sostenere che ciò conferisca una qualsiasi forma di patente di autorità o competenza a chi è inserito nella raccolta, ma sottolineare come l’accessibilità totale alla pubblicazione – intesa proprio come proposta pubblicamente condivisa – di contenuti costruisca una dimensione nuova per l’autore.
Tutti siamo figure pubbliche, e potenzialmente rilevanti, nell’atto stesso di postare qualcosa sui social, e se la cosa suona (comprensibilmente) blasfema per gli amanti della lettura, della letteratura e della scrittura, è altresì inevitabile considerare tutte le implicazioni che ciò comporta. In termini legali, di responsabilità circa quello che si dice, ma anche in termini sociali ed economici, con l’emergere di nuove forme di diffusione e valorizzazione di idee e informazioni.
La scelta di essere autore è inoltre estesa ad un tempo perenne, con il lettore che si aspetta una relazione continuata e continuativa con chi produce i contenuti preferiti. Essere autore è sempre più impegnativo, e proporsi come tale necessita, anche in questo caso, di una conoscenza di meccanismi e logiche che disegnano un nuovo scenario per la narrazione, in dialogo costante con il lettore-fruitore. Anche in questo caso un percorso affascinante, ma da affrontare in modo strategico.
Quale evoluzione caratterizza i formati?
Digitale vuol dire moltiplicazione delle opportunità di fruizione ed insieme abitudine alla riduzione dei tempi della stessa. Su uno smartphone vediamo una quantità pressochè infinita di contenuti in un lasso di tempo incredibilmente breve, e la nostra mente si calibra su nuove abitudini, provocando una rimodulazione della capacità di attenzione e concentrazione. Se a ciò aggiungiamo che il numero di canali e strumenti di consumo culturale aumenta a vista d’occhio, si impone una riconsiderazione del concetto stesso di scrittura come parte della produzione di un flusso di contenuti che si amplia nell’idea più articolata di narrazione, non a caso scelta come termine principale del titolo del volume. Siamo sottoposti ad un bombardamento di contenuti, e dunque scegliere con criterio come costruire i propri, nel rispetto di vincoli tecnici legati alle piattaforme digitali sulle quali gli stessi vengono proposti e di quelli dell’evoluzione della sensibilità e delle abilità dell’utente è uno dei passaggi fondamentali per essere efficaci.
È interessante osservare come la tendenza sia quella al multitasking, ad una fruizione sempre più accavallata e integrata con altre attività. Il tempo della lettura-fruizione non è più sacro, ed acquisiscono sempre più valore formati come audio e video, che consentono di sovrapporre (ed aggiungere) la fruizione ad altri momenti del quotidiano.
A chi obietta che non si parla di scrittura ricordo la premessa: l’invito del testo è quello a considerare la narrazione in senso ampio, in tutte le possibili declinazioni di cui la scrittura è una delle forme – essenziale sì, ma tutt’altro che esclusiva – capaci di rappresentare un messaggio o un contenuto. È sempre più questione di focalizzare in modo corretto l’esperienza dell’utente su confini e vincoli assolutamente differenti da quelli concepibili un tempo.
In cosa consiste il libro partecipato?
Il passaparola è sempre esistito, e ha regalato fama e fortuna ad opere ed autori, definiti “casi letterari” proprio perchè sospinti in vetta alle classifiche di vendita e all’apice della considerazione del mercato e degli appassionati dal favore e dall’attivismo dei lettori nel parlare della loro scoperta. Un processo che oggi accade in un numero crescente di forme, dalle recensioni sulle librerie online alle community social dedicate agli autori, nate anche all’insaputa degli autori. Il mondo dell’autopubblicazione e del crowdfunding è poi un’altra espressione molto interessante di quanto può accadere in ragione di un “patto” assai stretto tra autore e pubblico, con il lettore che si fa sempre più parte integrante di una filiera industriale sempre più aperta ed inclusiva.
Prima il percorso scrittura-lettura, e dunque quello che legava autore e lettori era rettilineo, costruito in un processo unico che andava dalla selezione alla pubblicazione e promozione di un autore da parte di una serie di intermediari (editori, agenti, distributori, critici, media ecc.) che erano gli elementi portanti del sistema. Oggi le strade per le quali un libro o un autore può arrivare al successo sono diverse e variegate, e tutti i rapporti interni al sistema risentono di questa nuova geometria, sempre più variabile. Il lettore acquisisce dunque un rilievo e un potere sempre più pregnante, ed è parte di un’equazione sempre più articolata. Trascurarli vuol dire, con molta probabilità, condannarsi all’insuccesso.
Quali prospettive, a Suo avviso, per l’editoria del futuro?
L’obiettivo essenziale è conoscere e riconoscere l’evoluzione delle abitudini, dei gusti, delle aspettative e in generale della sensibilità del lettore che diventa sempre di più fruitore di contenuti, per comprenderne nel modo più esatto e puntuale le tensioni. La chiave è proporre non prodotti ma elementi capaci di interpretare e trasmettere quello che il pubblico possa percepire e riconoscere come espressione di un valore sostanziale, per il quale sia disposto a dare un corrispettivo. Prima ancora del rimodulare i modelli di business si deve analizzare ed individuare dove si annida il valore per il quale gli utenti sono disposti a pagare, per rendere il sistema realmente sostenibile.
Il rispetto del lettore diventa sempre più atto non solo dovuto in termini relazionali ma opportuno ed essenziale in chiave commerciale. Non si tratta di piaggeria ma della capacità di impostare un dialogo vero e sostanziale fondato su contenuti, esperienze di fruizione e modalità di relazione. La nuova sfida è questa, ed è molto articolata, e solo un approccio multidisciplinare, laico, evolutivo può garantire la lucidità necessaria ad affrontarla con successo.
Claudio Calveri è digital strategist di DeRev, azienda innovativa di consulenza digitale per personaggi pubblici, grandi aziende e organizzazioni pubbliche e private. Progettista culturale ed esperto di media ed editoria, vanta diverse esperienze in progetti internazionali ed è autore di diversi libri sulla trasformazione digitale tra cui il recente Trasformazione Digitale della Cultura (Editrice Bibliografica).