“Musica sono per me le Tue leggi. Storie di Davide, re di Israele” di Ugo Volli

Prof. Ugo Volli, Lei è autore del libro Musica sono per me le Tue leggi. Storie di Davide, re di Israele, edito da La nave di Teseo; un personaggio controverso, mistico e artista, politico e guerriero: che fascino ha esercitato Davide nella storia?
Musica sono per me le Tue leggi. Storie di Davide, re di Israele, Ugo VolliDavide in realtà non è un personaggio controverso. Ancora oggi, tremila anni dopo il suo regno, il suo nome è molto popolare, largamente utilizzato come nome proprio in Italia come nei paesi nordici, in Israele come nel mondo arabo, il che non accade per nessuno degli eroi dell’antichità. Questo è un indizio importante della continua popolarità di questo personaggio. Un’altra spia è la produzione di immagini: dalle miniature medievali alle statue di Donatello e Michelangelo, fino ai quadri ottocenteschi vi è un’abbondanza eccezionale di immagini artistiche che lo raffigurano: probabilmente si tratta del personaggio della Bibbia ebraica più ritratto nella cultura europea. Il modo in cui Davide viene rappresentato varia, dal musico al sovrano in trono al guerriero giovinetto che sconfigge il gigante.

Ciò dimostra non solo l’esistenza di molti aspetti diversi del nostro personaggio, ma anche il carattere proiettivo di queste immagini: ogni tempo cerca in Davide l’aspetto che gli interessa di più: nel Medioevo il poeta dei Salmi, nelle monarchie il sovrano in trono, a Firenze nel Rinascimento il giovane che sfida forze più grandi di lui. Un esempio di questa proiezione si ritrova nel fatto che le cronache del tempo ci raccontano che Carlo Magno amasse farsi chiamare dalla sua corte col soprannome di Davide. Non perché l’imperatore praticasse la musica o la poesia, ma perché Davide per lui era il prototipo del sovrano legittimo e del combattente instancabile e mai sconfitto.

Sia per la cultura ebraica che per quella islamica che per quella cristiana Davide è un eroe positivo. La Bibbia espone con chiarezza i suoi errori e le sue ambiguità, ma dal punto religioso esse sono superate dal pentimento, dal punto di vista delle narrazioni e delle immagini della tradizione europea sono aspetti minori, superati e quasi cancellati dalle sue realizzazioni.

Della vicenda di Davide, come di tante altre storie bibliche, abbiamo abbondanza di dettagli, ma anche carenza di informazioni; non è neppure possibile affermare di avere certezza scientifica della sua esistenza: su quali dati si è dunque basato nel raccontarne le storie?
L’archeologia non ha finora ritrovato documenti diretti dell’esistenza di Davide. Vi sono riscontri riguardo alle sue costruzioni in Gerusalemme e all’esistenza in quel periodo delle città in cui il testo biblico colloca le sue imprese. È stata ritrovata una stele di circa un secolo e mezzo posteriore alla sua esistenza in cui il sovrano del regno di Moav (corrispondente all’attuale Giordania) si vanta di aver sconfitto “la casa di Davide” e questa è la menzione archeologica più antica del suo nome. La corte del regno di Israele in quel tempo non ha lasciato documentazione scritta, come ne troviamo in Egitto o in Mesopotamia, dove c’erano grandi imperi amministrati con abbondante produzione scritta di documenti burocratici. D’altro canto questa situazione è comune a quasi tutto il bacino del Mediterraneo di quel periodo, intorno all’anno 1000 AEC. Non abbiamo documenti scritti o lapidi di quel periodo né in Italia e in particolare a Roma per ancora quattro o cinque secoli, né nella Grecia continentale (solo a Creta sono state ritrovate scritture), né nel resto d’Europa o nell’Africa settentrionale).

Dunque la vita di Davide potrebbe benissimo essere un’invenzione letteraria, come quella di Ulisse e di Achille, che sono collocati più o meno nello stesso periodo, anche se i poemi omerici furono probabilmente composti oralmente solo alcuni secoli dopo e messi per iscritto all’inizio del quinto secolo. Ma chi avesse inventato il personaggio di Davide, con tutte le sue sfaccettature e le sue contraddizioni (che però ci appaiono credibili e comprensibili) avrebbe dovuto essere uno straordinario scrittore, della grandezza di Omero e di Virgilio. In particolare la storia degli ultimi anni del regno di Davide, della sua decadenza e delle congiure che cercano di forzare la successione sono un esempio di lucidissima storiografia politica, che si può paragonare alle pagine di Tucidide e di Tito Livio.

La filologia biblica accademica oggi in grande maggioranza è convinta di un’origine molto antica dei libri di Samuele e dell’inizio del libro dei Re che sono le fonti principali della storia di Davide. Si ritiene che esse siano state composte qualche decennio dopo la morte del re, alla corte di suo figlio Salomone, con lo scopo politico di giustificare il regno di quest’ultimo. Secondo questa visione, alcuni dettagli, per esempio sulle vittorie militari di Davide che lo portano a costruire per la prima volta uno stato di Israele su confini un po’ più estesi di quelli attuali, possono essere alquanto esagerati, ma la sostanza della storia corrisponde ai fatti, anche perché la narrazione non è agiografica, ma riporta anche errori e perfino crimini del re.

Davide, «il pastorello che suona l’arpa, uccide il gigante, diventa un grande re, sconfigge i suoi nemici, scrive poesie sublimi e vive poi una difficile vecchiaia fra adulteri, congiure, debolezze», rappresenta uno dei più grandi e complessi personaggi della letteratura di tutti i tempi, simbolo perenne del popolo di Israele: in che modo la sua storia si intreccia a quella del suo popolo?
Davide nella narrazione biblica è il secondo re di Israele; il primo è Saul, figura tragica di fallimento nelle relazioni con Dio, col suo popolo e anche con Davide, che prende a corte per aiutarlo a superare le sue crisi depressive con la musica, cui dà in moglie sua figlia Micol, per poi perseguitarlo e cercare di ucciderlo. Saul non aveva cercato il regno, secondo questa narrazione, era stato scelto da Dio senza che avesse fatto nulla per meritarlo; ma poi, come racconto nel libro seguendo quel che scrive il libro di Samuele, aveva commesso una serie di errori nello svolgimento dei suoi doveri politici e religiosi che non gli vennero perdonati dalla divinità e dal profeta Samuele che ne interpretava la volontà.

Anche Davide è scelto da Dio senza ragione apparente, mentre ancora il regno di Saul è alle prime tappe. Questa investitura diretta e imprevista è un fatto importante dal punto di vista dell’ immagine della regalità, che non si ripeterà più nella storia di Israele o altrove: il re è scelto direttamente dalla divinità e confermato dal popolo solo in seguito, nel caso di Davide dopo parecchi anni. A differenza di Saul, per cui il rapporto con la divinità è difficile, il che lo ostacola in tutte le sue imprese, Davide parla continuamente con Dio: lo interroga con gli oracoli prima di mettersi in guerra, gli si rivolge in ogni occasione importante, lieta o dolorosa che sia, con le sue bellissime poesie – quei Salmi che ancora sono alla base della liturgia ebraica e cristiana -, non esita a dichiarare il suo pentimento quando sbaglia. Di conseguenza viene sempre appoggiato, ha successo in quasi tutto quel che fa, anche in situazioni estremamente difficili se la cava con l’audacia e l’inventiva di chi istintivamente conosce il suo destino.

Riesce così a costruire lo Stato degli ebrei nel territorio annunciato in precedenza dalla Bibbia e ancora oggi rivendicato come patria dal popolo ebraico. Conquista e ricostruisce la capitale; prepara, anche se non riesce a realizzarlo, il Tempio di Gerusalemme, che per un millennio sarà al centro del culto ebraico e poi, dopo la distruzione ad opera dei romani nel 70 EC sarà sempre ricordato con nostalgia e dolore. È insomma lui che edifica lo stato ebraico e unifica la nazione mettendo assieme per l’unica volta tutte e dodici le tribù di Israele. Nessuna meraviglia dunque che sia ricordato come l’eroe fondatore della nazione di Israele, più dei Patriarchi o di Mosè. Dal punto di vista religioso, non è solo il codificatore della preghiera; il suo è un punto di legittimità teologico/politica decisivo, tanto che la discendenza dalla sua casa è richiesta al messia di Israele, rivendicata dai grandi maestri che si sono succeduti per millenni, e attribuita esplicitamente dai Vangeli a Gesù. Per il popolo ebraico Davide, con la sua vicenda complessa, è l’eroe popolare, il nome della speranza di redenzione politica e religiosa, il personaggio con cui si identificano i momenti più grandi della nazione.

Di quale importanza è il realismo della Scrittura, ovvero il racconto dei difetti, degli errori, dei veri e propri crimini dei suoi personaggi?
In generale la letteratura religiosa delle più diverse culture è agiografica. I santi sono solo buoni, o, se hanno un passato di peccatori, questo è cancellato una volte per tutte dal pentimento e dalla conversione. La Bibbia ebraica è una notevole eccezione a questa regola. Anche dei grandissimi personaggi come i Patriarchi e Mosè vengono raccontati tutti gli aspetti, anche quelli negativi. Non si nasconde mai la dimensione negativa della storia: l’inganno (per esempio di Giacobbe ai danni del padre Isacco), l’omicidio (Mosè con i sorveglianti egiziani), la maldicenza (Miriam), i rapporti sessuali irregolari (Jehudà). Le guerre civili delle tribù nel periodo dei Giudici sono narrate estesamente e così le stragi durante la guerra per la conquista della Terra di Israele dai cananei. Più indietro, a partire dal peccato di Adamo ed Eva, dall’assassinio di Abele, dalla dittatura megalomane di Babele, la Bibbia ci dà da pensare, ci chiede di capire la dimensione umana anche nel suo lato più negativo, nei suoi rischi più terribili.

Io credo che questo non sia un difetto della Bibbia ebraica, ma un suo grande pregio, perché mostra che la spiritualità e perfino la santità emergono dalla vita reale, non le sono estranee. Il testo non è solo l’illustrazione della Rivelazione della volontà divina, ma anche la storia di una famiglia prima e poi di un piccolo popolo che deve sempre lottare per sopravvivere; e anche questo è un esempio importante, che avrà immensa influenza storica. Dal punto di vista letterario ciò permette di incontrare dei personaggi a tutto tondo, non dei santini. Uno di costoro, forse il più complesso, è Davide, dipinto anche come guerriero insolente e determinato, amante delle donne fino all’adulterio, padre incapace di educare i figli ai suoi valori, sovrano che non riesce a prevenire le rivolte interne, politico a tratti machiavellico e crudele, uomo che ha le mani troppo sporche di sangue per poter costruire il Santuario divino. Non è poco per il fondatore della dinastia che reggerà il popolo ebraico per cinque secoli e sarà accreditata di essere l’origine del Messia.

Chi è, dunque, Davide?
Le risposte non possono che essere parecchie. Dal punto di vista strettamente storico, Davide fu probabilmente il sovrano di uno stato piuttosto piccolo (non certo paragonabile agli imperi mesopotamico o egizio o, nove secoli dopo, romano) che si formò fra la tarda età del Bronzo e la prima età del Ferro nello spazio fra il fiume Giordano e il Mediterraneo. Dal punto di vista letterario, Davide è lo straordinario personaggio di cui ho parlato, una figura complessa, a tratti perfino contraddittoria, ma a un altro livello profondamente coerente. È anche l’autore di un centinaio di straordinarie composizioni poetiche, i Salmi. O almeno glieli attribuisce la tradizione ebraica e cristiana e le stesse poesie lo nominano spesso come autore. Questi testi, oltre a contenere inni e preghiere che hanno guidato la spiritualità ebraica e poi quella cristiana, costituiscono una sorta di diario intimo, registrando i sentimenti di Davide alle diverse circostanze in cui si trova. Una poesia soggettiva che io ho abbondantemente usato nel mio libro per comprendere il personaggio Davide e che non ha pari nella letteratura fino ai lirici greci, sei secoli dopo. Dal punto di vista religioso è un mistico, che parla con Dio. Da quello politico è il simbolo della regalità legittima, che è stato il modello del pensiero politico occidentale fino all’Ottocento. Dal punto di vista nazionale è il simbolo vivo dell’aspirazione del popolo ebraico alla propria autonomia nazionale, l’eroe con cui gli ebrei si identificano da tremila anni. Per me Davide è un oggetto di interesse, di studio, perfino di passione, che non mi stanco di osservare, di cercare di capire. E di raccontare, come ho fatto in questo libro.

Ugo Volli, semiologo, giornalista, critico teatrale, è Professore onorario di Semiotica del testo all’Università di Torino. Ha al suo attivo una trentina di libri (fra cui Contro la moda, Figure del desiderio, Manuale di semiotica, Il resto è interpretazione) e circa trecento articoli scientifici.

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