“Modelli di psicoterapia” a cura di Lorenzo Cionini

Modelli di psicoterapia, Lorenzo CioniniModelli di psicoterapia
a cura di Lorenzo Cionini
Carocci

«Una delle peculiarità della psicologia, rispetto alle altre discipline scientifiche, è la mancanza di un nucleo fondamentale di principi unanimemente condivisi dagli addetti ai lavori e di conseguenza un diverso modo di definire l’oggetto di studio, i meccanismi del funzionamento psichico e i criteri metodologici utilizzabili nella ricerca e nelle applicazioni. Fin dalle origini si sono sviluppate diverse tradizioni di ricerca che hanno determinato suddivisioni e contrapposizioni tra gli psicologi che si riconoscevano in differenti teorie psicologiche. Una delle ragioni principali di questo fenomeno può essere identificata nella complessità dell’oggetto di studio e nel fatto che ciascuna teoria ha scelto di focalizzare la propria attenzione su certi aspetti, piuttosto che su altri, del funzionamento psicologico.

Come afferma Mecacci (1992), la storia e lo sviluppo della psicologia, dalle origini ad oggi, non si presentano nel termini di un progresso coerente, graduale e lineare della conoscenza nel quale una teoria si sostituisce alla precedente dopo averne dimostrato l’infondatezza, ma in quello della fondazione di diverse teorie psicologiche fra loro concorrenti, sviluppate in periodi storici contemporanei o successivi, che in certi momenti si sono contrapposte più decisamente, in altri si sono riavvicinate, frequentemente si sono ignorate. Ogni teoria ha spesso sviluppato un proprio lessico specifico non condiviso, o solo parzialmente condiviso, dalle altre. […]

Se dalla psicologia si passa a considerare la psicoterapia questo fenomeno si ripresenta in misura forse ancora più accentuata. Gli psicoterapeuti si sono divisi per scuole, parrocchie, gruppi e sottogruppi, spesso tanto più agguerriti, gli uni contro gli altri, quanto maggiori erano le somiglianze fra le teorie di partenza.

Negli ultimi anni, con i progressi della conoscenza, la situazione si è de-radicalizzata nell’ambito sia psicologico sia psicoterapeutico, con una maggiore disponibilità al dialogo fra i diversi orientamenti, un’accentuata tendenza a un interscambio di concetti teorici e lo sforzo nel considerare fenomeni che precedentemente sembravano essere appannaggio di una sola delle teorie esistenti, riformulandoli in coerenza con i concetti e nel linguaggio caratteristico della propria teoria.

Oltre alle differenze di scuola, la psicoterapia si è sviluppata diversamente nelle varie parti del mondo anche in relazione alle tradizioni politiche e culturali esistenti nei diversi paesi. Per fare soltanto alcuni esempi, la psicoanalisi ha avuto origine nella cultura mittel-europea e solo successivamente si è diffusa anche nei paesi di cultura anglosassone, mentre, al contrario, l’ottica comportamentista (e più recentemente quella cognitivo-razionalista) si è sviluppata in coerenza con lo spirito scientifico della cultura anglosassone, e solo in un secondo momento si è diffusa nel resto d’Europa.

Ogni volta che ci si propone di classificare i modelli psicoterapeutici esistenti, le opinioni tendono a divergere sia sul numero, sia sul tipo. La scelta operata in questo testo è sicuramente discutibile. Il numero di approcci considerati avrebbe potuto essere diverso dai sei illustrati nei capitoli successivi e la soluzione adottata rappresenta indubbiamente un compromesso fra l’esigenza di mantenersi fedeli a un criterio “più stretto” e quella di fornire un maggior ventaglio di prospettive che permettesse di descrivere modelli operativi che, pur derivando da comuni radici teoriche, si sono sviluppati in maniera anche notevolmente difforme rispetto alle loro origini. In particolare questo fenomeno si è verificato a partire dal modello psicoanalitico, quello storicamente più “antico”, che per primo, e fin dall’inizio, si è occupato prevalentemente dei problemi clinici e della loro cura.

L’attuale varietà dei modelli di intervento psicoterapeutico comporta una difficoltà a trovare una definizione univoca di psicoterapia che possa essere condivisa da qualsiasi scuola o da tutti i terapeuti. Tuttavia la maggior parte di questi dovrebbe poter concordare almeno su alcuni aspetti generali: in primo luogo che la psicoterapia rappresenti una modalità di intervento effettuato con mezzi prettamente psicologici che, pur attuati mediante procedure che differiscono fra loro per il diverso orientamento teorico cui si rifanno, sono finalizzati ad aiutare le persone nella soluzione dei propri problemi affettivi, emotivi, comportamentali, interpersonali di vario genere e a incrementare la qualità della vita; quindi che la psicoterapia porti a cambiamenti personali che implicano uno sviluppo del modo di vedere, pensare, sentire, agire.

Parafrasando Frank (1961) si può affermare che qualsiasi tipo di psicoterapia condivide almeno quattro caratteristiche fondamentali:

1. una relazione interpersonale di tipo del tutto particolare fra paziente e terapeuta che comporta un’alleanza a esclusivo beneficio del paziente;

2. un luogo specifico — il setting — all’interno del quale si svolge questa relazione, luogo sicuro nel quale tutto ciò che avviene è confidenziale e distinto dal resto delle normali attività e relazioni interpersonali;

3. l’offerta, da parte del terapeuta, di nuove prospettive, nuovi modi di vedere o fare le cose diversi da quelli abituali e in grado di dare un senso a sensazioni confuse e indefinite;

4. un insieme di procedure o tecniche che specificano il modo di operare del terapeuta. […]

A parte le dimensioni comuni sopra descritte, ogni approccio terapeutico differisce però sensibilmente dagli altri, sotto molti punti di vista. Oltre agli assunti teorico-epistemologici, al modello di uomo e del suo funzionamento psichico — e in conseguenza a questi — troviamo diverse modalità di:

definire gli obiettivi dell’intervento: riduzione dei sintomi mediante una modifica dei comportamenti e/o processi di pensiero e/o emozioni considerati “disadattivi” o “disfunzionali”, integrazione di parti scisse del Sé, comprensione intellettuale e superamento delle resistenze per rendere conscio l’inconscio, esperienze emozionali correttive, comprensione e accettazione dei propri limiti personali che permetta l’acquisizione di maggiore congruenza e padronanza di sé, riattivazione del “movimento” del sistema-persona che consenta un diverso stato di equilibrio rispetto alla propria struttura identitaria, riscrittura della propria storia personale come agente di cambiamento dell’immagine di sé, superamento di blocchi evolutivi che ostacolano la possibilità di differenziare il proprio Sé dalla famiglia di origine ecc.;

articolare il setting con il coinvolgimento di una (terapie individuali) o più persone (terapie familiari e di gruppo) e con una diversa durata (dai 45 minuti alle 2 ore) e frequenza degli incontri (dalle 3-4 sedute settimanali a una frequenza quindicinale o mensile);

impostare il contratto terapeutico con una diversa gestione delle assenze, l’uso o meno di strumenti di audio o video registrazione, durate previste del trattamento (dalle 15-20 sedute per le terapie cosiddette “brevi” che si propongono cambiamenti più “periferici”, ad alcuni anni per le terapie che si propongono cambiamenti più strutturali o nucleari);

effettuare la valutazione clinica delle problematiche presentate dal paziente, in relazione a una diversa concettualizzazione del disagio psicologico e dei relativi criteri diagnostici: maggiore/minore utilizzazione delle categorie nosografiche, diagnosi esplicative, uso prevalente di modalità legate alla “comprensione” dell’altro e della sua modalità di essere-nel-mondo ecc.;

attribuire alla relazione terapeutica un ruolo più o meno centrale ai fini del cambiamento, sottolineandone primariamente la funzione pedagogica, maieutica, strategica, di incontro tra persone e interpretandola come una relazione “reale” o piuttosto attraverso i concetti di transfert e controtransfert;

utilizzare tecniche e procedure per la conduzione del trattamento basate prevalentemente su: interpretazione, prescrizioni, persuasione, richiesta di mettere in atto determinati comportamenti in seduta e/o mediante homeworks, ascolto e comprensione, manovre relazionali, empatia e congruenza ecc. […]

Mentre fino a non molti anni fa le contrapposizioni, o se vogliamo le “guerre di religione”, fra gli psicoterapeuti di diverso orientamento erano così nette e forti da impedire quasi qualsiasi possibilità di dialogo, negli ultimi 20-25 anni questa situazione è gradualmente e sostanzialmente cambiata. I fermenti e gli sviluppi verificatisi all’interno di tutti gli indirizzi esistenti, che hanno portato a una loro progressiva complessificazione e flessibilizzazione, e la presa di atto di una sostanziale efficacia della psicoterapia in sé, hanno portato a un lento e graduale processo di relativo avvicinamento reciproco, a scambi e confronti prima inimmaginabili e a una sostanziale legittimazione reciproca, pur nelle restanti diversità.»

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