
a cura di Cinzia Bearzot, Franca Landucci e Giuseppe Zecchini
Vita e Pensiero
«Scopo di questo volume è quello di evitare l’ennesima ripresa di argomenti già altrove trattati e invece di restringersi ad analizzare una speciale e per tanti aspetti privilegiata categoria di migranti, i cosiddetti “migranti qualificati”, cioè persone non costrette a migrare per sfuggire a situazioni di grave disagio economico o sociale, per sottrarsi a guerre, persecuzioni o catastrofi naturali, ma anzi persone in possesso di abilità e conoscenze specializzate, che sceglievano una mobilità legata alla consapevolezza di poter mettere a frutto queste loro peculiari doti.
Dalla società della Grecia classica alla tarda antichità sono state individuate alcune categorie di “migranti qualificati”’: i logografi, retori e filosofi, maestri di discorsi e ragionamenti, nell’Atene del IV secolo a.C., gli “intellettuali” di corte dalla Macedonia ai regni ellenistici, i medici, i musici, gli astrologi, gli artifices, artisti e/o artigiani del marmo e dei metalli, i publicani, non solo corrotti sfruttatori, ma anche esperti in contabilità e materia fiscale, i giuristi formatisi alla grande scuola di diritto di Berytus in Siria e capaci di ascendere per le loro competenze sino al grado di prefetto del pretorio, di fatto il “numero 2” dell’impero, infine i curiosi, ma preziosissimi aquilegi, che dall’Africa vandalica si spostavano nell’Italia ostrogota per individuare le falde acquifere e far scavare i relativi pozzi e/o acquedotti.
Ovviamente non è una rassegna esauriente: si sono appositamente scartate categorie troppo ampie e troppo banali (i mercenari; i sofisti di età imperiale), mentre avrebbero meritato spazio altre più stimolanti specializzazioni (gli aurighi, veri e propri “divi” dello sport, gli scopritori e venditori di reliquie, i wandering poets dell’Egitto, peraltro già brillantemente studiati da A. Cameron). Tuttavia dal complesso di questi contributi, taluni concentrati su casi singoli, ma esemplari, altri mirati a più ampie sintesi, emerge un quadro assai variegato, ma al tempo stesso unitario: già nel mondo antico, sia nei periodi di pace diffusa e di maggior facilità e sicurezza negli spostamenti, sia nei periodi caratterizzati da tensioni, disordini e caos permanente, una preparazione culturale di buon livello e una qualificazione professionale specifica erano fattori assai ricercati, che permettevano e anzi sollecitavano un tipo di migrazione elitario, regolato dalla legge della domanda e dell’offerta e spesso foriero di guadagni e successi, in cui la superiorità culturale del migrante era il presupposto della sua integrazione o, almeno, della tutela della sua dignità.»