
Un noto studioso ha affermato che scrivere una monografia su Galeno di Pergamo, medico e scienziato dell’antichità greco-romana (ca. 128 – ca. 216 d.C.), significa anche scrivere in miniatura una storia della medicina. Dall’età tardo-antica fino alla moderna, segnata dalle scoperte prima dell’anatomista Andreas Vesalius (1514–1564) e poi di William Harvey (1578–1657), giustamente passato alla storia con l’appellativo di circulator, Galeno, collettore organizzatore perfezionatore e trasmettitore del patrimonio di conoscenze medico-scientifiche dei Greci, fu un’autorità per medici e naturalisti a Costantinopoli come nel resto d’Europa. Alcuni esempi ci permettono di apprezzare meglio l’importanza di Galeno per la storia della medicina. In pieno IX secolo, il patriarca di Costantinopoli Fozio recensisce nella Biblioteca lo scritto Sulle scuole di medicina, apprezzandone l’impostazione filosofica e la chiarezza nello stile. Sempre a Costantinopoli, tra XIII e XIV secolo il medico Giovanni Attuario scrive in greco un’opera in sei libri dal titolo Metodo terapeutico. Ciò può significare che a quella data l’omonima opera galenica era ormai un classico per questo genere di letteratura. «Ipocràte, Avicenna e Galïeno» vede Dante tra gli spiriti magni nel nobile castello del Limbo, come molti ben ricordano. D’altro canto, è però proprio uno scriba di un codice del Metodo terapeutico prodotto a Costantinopoli nella prima metà del XIV secolo a scrivere di proprio pugno su una pagina di quel libro: «stai dicendo un cumulo di ciance, Galeno caro!».
Inoltre, a provare l’importanza di Galeno lungo i secoli, nei principali centri culturali del Mediterraneo e dell’Occidente latino sono senz’altro la produzione e circolazione di libri manoscritti contenenti sue opere. Per secoli infatti i manoscritti di Galeno, insieme agli altri ferri del mestiere, costituirono un indispensabile strumento di lavoro per medici, filosofi e scienziati. Lo testimonia anche la storia dell’arte. Per esempio, la miniatura in un manoscritto greco dell’Organo di Aristotele, conservato oggi alla Bodleian Library di Oxford, ritrae l’umanista bizantino Giovanni Argiropulo, maestro di filosofia e medicina a Costantinopoli sul finire della prima metà del Quattrocento, mentre fa lezione con un manoscritto aperto su un leggio ospitante in un ripiano una cassetta degli attrezzi e un’ampolla. L’invenzione della stampa contribuì alla fortuna di Galeno nell’Europa moderna. Fino alle scoperte anatomiche, cui accennavo poco fa, Galeno continuò a esser letto come la fonte del sapere medico. Dopodiché rimase una fonte autorevole per studiare la storia della medicina e della filosofia antiche.
Ci si potrebbe infine domandare come mai una così straordinaria fortuna nei secoli sia toccata tra tutti quanti i medici greci e latini proprio a Galeno. Mi pare di poter dare almeno due risposte. Galeno per primo concepì la propria attività di scrittore di medicina come servizio ai discepoli e ai posteri. Infatti, fu egli stesso a sistemare i propri scritti secondo un preciso piano di studio. Questo favorì senz’altro l’uso di quel patrimonio di conoscenze messe per iscritto nelle scuole di medicina dei secoli successivi. L’altra risposta riguarda l’immagine dell’uomo e del suo corpo, in una parola l’antropologia quale veicolata dagli scritti di Galeno. Non si può, infatti, escludere che alla continuità e tradizione di Galeno nel mondo cristiano-bizantino molto abbiano giovato le risonanze scritturistiche e teologiche di parole riferite al corpo dell’uomo. Ma ora tutto questo ci porterebbe molto lontano dalla Sua domanda.
In che modo, in Galeno, biografia e medicina si congiungono?
Quasi tutto quel che sappiamo di Galeno è egli stesso a raccontarcelo. Biografia e medicina si intersecano molto spesso nei suoi scritti sicché l’esperienza vissuta e biografata diventa parte dell’insegnamento. Per di più, nel narrare di sé, Galeno tende a mantenere coerente questa narrazione con il modello cui ha scelto di aderire, che è poi quello del medico-filosofo.
Due dei possibili esempi tratti dalle pagine dello stesso Metodo terapeutico ci permettono di capire meglio quanto sto dicendo. In un passo dal primo libro Galeno rievoca la vivace discussione sull’idea di salute avuta da studente ad Alessandria d’Egitto con il suo maestro Giuliano. I discorsi del maestro quella volta delusero il discepolo. Galeno infatti ci racconta di averli uditi, ma di essersi allontanato subito dopo piuttosto scosso e addolorato; e nel rievocare l’episodio imita quasi alla lettera Socrate che in un passo della Repubblica di Platone (336d 5-c 1), all’udire certi discorsi del suo interlocutore Trasimaco, dice di esser rimasto scosso. Secondo esempio: in un passo dal secondo libro del Metodo Galeno ha a dire dei suoi rivali, e in particolare dei medici metodici, che i bravi nell’arte dialettica asciugherebbero loro il moccio al naso, riprendendo anche in questo caso una colorita espressione dalla Repubblica (343a 7). Non fosse per la profonda conoscenza che Galeno aveva di Platone (nello scritto auto-bibliografico I miei libri cataloga nove scritti sulla filosofia di Platone, dei quali la tradizione manoscritta ci ha conservato molto poco), verrebbe il sospetto di trovarsi di fronte a un mitomane. In ogni caso, proprio per la loro studiata letterarietà, i due esempi appena ricordati permettono di ricostruire una grammatica dei gesti e delle reazioni nella vita di scolari e professionisti, ieri come oggi.
Come si sviluppa l’esame e l’esegesi degli scritti ippocratici da parte Galeno?
Galeno fu notoriamente commentatore di Ippocrate e negli anni della maturità compose a Roma una serie di commentari continui ad alcuni degli scritti del padre della medicina occidentale. Ancora oggi questi commentari sono fonte preziosa sulla tradizione del testo, l’esegesi e la pratica di lettura di Ippocrate nelle scuole. Per commentare Ippocrate, Galeno fa uso di criteri storico-linguistici, di coerenza dottrinale e di tradizione manoscritta. Anche altrove, al di fuori dei commentari Galeno si dedica all’esame e alla spiegazione di termini e/o passi specifici da Ippocrate. Per l’esegesi delle parole difficili in Ippocrate scrive infatti un glossario – ma i suoi interessi lessicografici riguardarono anche i poeti della commedia greca antica Eupoli, Cratino e Aristofane. Non è raro poi sentir Galeno dire, rivolto ai lettori, che i propri scritti costituiscono un esercizio propedeutico alla lettura di quelli ippocratici.
L’accesso a Ippocrate è avvenuto per Galeno negli anni di scuola, sotto la guida dei maestri. Anzi, è proprio la mancanza di una siffatta formazione in età scolare che Galeno rileva nelle prime pagine del Metodo contro un autorevole rappresentante della setta metodica. In quelle medesime pagine iniziali, Galeno riprende l’immagine che di Ippocrate dà Platone nel Fedro come quella di un modello non soltanto per la scienza dell’uomo, ma più in generale per la ricerca filosofica. Mi viene così di pensare al celebre affresco nella cripta della cattedrale di Anagni: Ippocrate e Galeno, ritratti rispettivamente come maestro e discepolo, discutono, codici manoscritti alla mano, degli elementi del mondo, cioè di chimica-fisica. La scenetta con i due Sommi ha davvero un che di commovente.
Ma per dare una risposta più precisa alla Sua domanda, provo ancora a pensare a una delle numerose citazioni letterali dallo scritto ippocratico Sulle ferite nell’ultima parte del quarto libro del Metodo. Qui, a differenza che nei commentari, il ricorso all’autorità di Ippocrate non si spiega tanto con gli interessi filologici e, di conseguenza, di storia della medicina, quanto piuttosto con il disegno di presentare la terapia nell’alveo di una collaudata tradizione di sapere.
Quale uso fa Galeno del ragionamento e del metodo dimostrativo?
È Galeno stesso a rispondere a questa domanda quando, in un passo dal primo libro del Metodo, afferma che se la logica guida lo scienziato a scoprire quel che sta ricercando, a convincerlo della bontà della scoperta sono poi il ragionamento e la prova. Naturalmente è sempre possibile procedere sulla via della ricerca in modo del tutto casuale e per così dire all’insegna della serendipità, ma diametralmente opposto a questo modo di fare sta, secondo Galeno, il procedere con metodo, cioè in un ordine temporale ed eziologico e con argomentazioni stringenti, quasi di tipo geometrico.
Alta è nel Metodo la frequenza di parole come “dimostrare”, “dimostrativo”, “dimostrazione” né mancano espliciti riferimenti allo scritto Sulla dimostrazione, opera andata perduta. Inoltre, quando nel già ricordato scritto I miei libri Galeno passa in rassegna le proprie opere utili alle dimostrazioni, egli ricorda pure di aver desiderato di imparare, da studente di filosofia sotto gli stoici e i peripatetici, un metodo sicuro per poter riconoscere i veri discorsi dimostrativi da quelli che, come una moneta falsa, sembrano buoni e in realtà sono sbagliati. E sempre in quel contesto confessa che se fosse stato sprovvisto delle conoscenze di geometria e aritmetica, per sua fortuna impartitegli domesticamente dal padre, con molta probabilità avrebbe fatto la fine dei seguaci di Pirrone e sarebbe diventato uno scettico.
Quale posto occupa, nell’opera del medico greco, l’osservazione empirica della Natura?
Di fatto Galeno fu osservatore della Natura. Nei suoi numerosi viaggi scientifici nel Mediterraneo centro-orientale poté vedere, raccogliere, studiare e ordinare piante, minerali e terre per usi farmacologici. Nella maturità a Roma ebbe tutto l’agio di ammassare in gran quantità farmaci d’ogni genere, semplici e composti, insieme a svariati strumenti di lavoro e a moltissimi libri nei magazzini della Via Sacra. Né perse la serenità quando – racconta nell’opuscolo Del non affliggersi scoperto in un manoscritto di Salonicco una ventina di anni fa circa –, un grosso incendio del colle Palatino nell’anno 192 d.C. causò la rovina di tutta quella sua preziosa collezione. Osservare la Natura significa al tempo stesso scrutare anatomicamente l’interno dei corpi per capire come son fatti e perché funzionano nel modo in cui funzionano.
Osservatore viaggiatore scrutatore: a un certo punto nel terzo libro del Metodo Galeno afferma che la Natura non se ne sta mai inoperosa. Dunque osservazione e prassi terapeutica del medico possono solo assecondare e accelerare il corso degli eventi naturali. Tutto questo riesce sempre a generare stupore, ieri, oggi e auspicabilmente ancora domani. Già Ippocrate, nell’osservare le ferite risanate, ricorrendo a una bella metafora dal regno vegetale parlava di fiorire di nuova carne.
Vito Lorusso insegna Materie Letterarie, Latino e Greco nell’I.I.S.S. “F. De Sanctis” di Sant’Angelo dei Lombardi (AV)