“Memoria viva. La Tradizione per la vita della Chiesa” di Rino Fisichella

Memoria viva. La Tradizione per la vita della Chiesa, Rino FisichellaMemoria viva. La Tradizione per la vita della Chiesa
di Rino Fisichella
Edizioni San Paolo

«In un periodo come il nostro in cui è stato teorizzato il “pensiero debole”, non può certo far meraviglia assistere anche a una debolezza del pensiero teologico. Uno sguardo spassionato alla produzione di questi ultimi anni mostra, salvo alcune rare eccezioni, una deludente ricerca nell’intelligenza della fede e del mistero cristiano. […] Per capire il presente con tutte le sue frastagliate prospettive, sempre più frammentate per il processo culturale cha ha spezzato l’unità del sapere, la soluzione non è quella di ritirarsi sull’Aventino per andare a scoprire, leggere e studiare la grandezza del tempo passato. D’altronde, è proprio un grande maestro come sant’Agostino che insegnava quanto fosse necessario avere sempre dinanzi il presente, per capire il passato e il futuro: «Né propriamente si può dire che i tempi sono tre; passato, presente e futuro; forse, sarebbe meglio dire che i tempi sono: il presente del passato; il presente del presente; il presente del futuro. Ed essi sono nell’anima; altrove non li vedo. Il presente del passato è la memoria, il presente del presente è l’intuito, il presente del futuro è l’attesa» (Confessioni, XI, 20). […]

Questo studio non è un trattato sulla Tradizione. Esso, piuttosto, intende proporre delle linee orientative per comprendere come accostarsi alla Tradizione della Chiesa e come interpretarla. […] A onor del vero, il Magistero recente aveva sostenuto con forza l’importanza della tradizione come forma peculiare di conoscenza. Se ne era fatto carico Giovanni Paolo II quando in Fides et ratio scriveva: «[…] Il richiamo alla tradizione, infatti, non è un mero ricordo del passato; esso costituisce piuttosto il riconoscimento di un patrimonio culturale che appartiene a tutta l’umanità. Si potrebbe, anzi, dire che siamo noi ad appartenere alla tradizione e non possiamo disporre di essa come vogliamo. Proprio questo affondare le radici nella tradizione è ciò che permette a noi, oggi, di poter esprimere un pensiero originale, nuovo e progettuale per il futuro. Questo stesso richiamo vale anche maggiormente per la teologia. Non solo perché essa possiede la Tradizione viva della Chiesa come fonte originaria, ma anche perché, in forza di questo, deve essere capace di recuperare sia la profonda tradizione teologica che ha segnato le epoche precedenti, sia la tradizione perenne di quella filosofia che ha saputo superare per la sua reale saggezza i confini dello spazio e del tempo» (FR 85).

Nonostante queste impegnative dichiarazioni, la letteratura in proposito è davvero scarsa e l’attenzione pressoché esclusiva dedicata alla sacra Scrittura ha di fatto eclissato la Tradizione e la stessa ispirazione della Parola di Dio. Tendenza pericolosa perché l’insistenza sulla sacra Scrittura, privata dell’alveo costitutivo che la sostiene come quello della Tradizione e della sua trasmissione, corre il rischio di rimanere legata alla ermeneutica senza la forza interpretativa propria della vita della Chiesa. […]

Come si nota, tutto è riportato al grande capitolo della Tradizione. In che cosa consiste, come la si interpreta, quali contenuti le appartengono e a quali condizioni si può modificare, se si può. Questi argomenti appartengono alla vita quotidiana della Chiesa dei nostri giorni. La risposta che il teologo è tenuto a offrire non può essere quella che semplicisticamente viene ribadita con argomentazioni diverse: alcuni temi non sono presenti nella sacra Scrittura; alcuni comportamenti oggi non sono più capiti; la Chiesa deve mettersi al passo con i tempi… simili espressioni che contengono qualcosa di vero, tuttavia fanno sorridere perché mostrano quanto poca dimestichezza si abbia con la natura della propria fede, quanto limitata sia la visione che riduce tutta la Chiesa al solo Occidente, e quanta miopia si nasconda nel ritenere che questi tempi siano davvero i migliori. […]

Questa considerazione può essere estremamente utile anche per noi oggi, quando si vive la tentazione di buttare via ogni riflessione che ha segnato il passato perché incapace di rispondere alle varie questioni che emergono nel presente. […] Se si avesse almeno l’umiltà di cogliere il significato che era stato immesso in alcuni segni, allora si potrebbe comprendere il senso che aveva spinto a realizzarli. Probabilmente, questo processo favorirebbe un’intelligenza più profonda e renderebbe più cauti nel classificare tutto troppo velocemente come “tradizioni passate”. […] È quanto meno imprudente ritenere che il passato non abbia nulla da insegnare anche ai nostri improvvisati maestri del presente. Il tempo fugge, ma la storia rimane. […]

Tornano con la loro carica di provocazione le sagge parole di un filosofo: «La Tradizione è la fede vivente dei morti, il tradizionalismo è la fede morta dei vivi. E suppongo che dovrei aggiungere quanto sia il tradizionalismo che conferisce alla tradizione una così brutta nomea» (J. Pelikan, The Vindication of Tradition). […]

Non si può negare che la tendenza dominante del pensiero di questi anni sia quella che porta all’estremo l’individualismo. […] A me sembra che a fondamento di questa tendenza si ponga un imperdonabile errore: il desiderio di rompere con il passato per mostrare quanto originale possa essere il presente. Illusione mortale. […] Dimenticare che si appartiene a una cultura, a una civiltà e a una religione che consente di avere stili di vita consolidati non è prodromo per una nuova cultura e neppure una nuova civiltà. Se ci si vergogna delle proprie origini e tutto quanto appartiene al passato deve essere valutato come irrilevante, temo che i prossimi decenni produrranno uomini e donne capaci solo di relazionarsi gelosamente con il proprio cellulare, privi sempre più di veri sentimenti e determinati solo dall’effimero desiderio del momento. Automi che saranno innocui perché infastiditi dal pensare e porre domande, abituati solo a ricevere le risposte confezionate da altri nel più breve tempo possibile, senza alcun desiderio di conoscere la realtà e gli altri. […]

Le pagine che seguono intendono evidenziare il ruolo fondamentale che la Tradizione riveste nella cultura, nella Chiesa e nella società. Non sono il canto del cigno e neppure l’ululato del lupo. Sono semplicemente una riflessione scaturita dal desiderio di far comprendere quanto il nostro presente debba necessariamente radicarsi nel suo passato se vuole sopravvivere. […]

Tornano alla mente le belle pagine di Roger Scruton, un filosofo libero e per questo profondo, quando facendo da eco al poeta Thomas S. Eliot scrive: «La vera originalità è possibile solo all’interno di una tradizione; quest’ultima, infatti è qualcosa di vivente e il suo significato può cambiare via via che nuove opere si aggiungono a essa solo nella misura in cui ogni scrittore è giudicato sulla base di chi è venuto prima di lui… […] Il tentativo di riscoprire una tradizione a cui appartenere, che dia senso e significato al linguaggio, è il tentativo di trovare una tradizione di pensiero, di azione, di fedeltà storica che dia senso e significato alla comunità… Il nostro compito è riscoprire il mondo che ci ha resi come siamo, vedere noi stessi come parte di qualcosa di più grande, la cui sopravvivenza dipende da noi e che può ancora vivere in noi».

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